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Martedì 29 MARZO 2022
Il DM 71, l’analisi deve anticipare il progetto



Gentile Direttore,
prendo atto delle dichiarazioni del sottosegretario Costa sul Dm 71 laddove sottolineano che “gli standard di cui al DM 71 dovranno essere attuati con progressività in relazione alla disponibilità di risorse finanziarie”.
 
Il DM 71 è una questione maledettamente seria e una opportunità da non perdere, sia per una vera riorganizzazione dei servizi territoriali, sia per un adeguamento del sistema ospedaliero alle nuove esigenze del sistema e delle strutture (evoluzioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche) ed ai nuovi bisogni della popolazione.
 
Il punto di partenza potrebbe essere quello di una seria ricognizione delle situazioni ospedaliere in essere, rispetto al DM 70/2015, al fine di evidenziare le non conformità rispetto al dettato normativo (eccedenze presenti in maniera molto significativa) e per riscontrare gli eventuali “artifizi” usati da diverse regioni per aggirare gli standard del DM 70/2015 (deliberazione degli “ospedali unici”, accorpando due o più ospedali).
 
Questa prima raccolta di dati e analisi dei volumi di attività è di sicura utilità per verificare le eventuali eccedenze e per ripensare/riorientare i servizi alla popolazione, anche nel sistema dei servizi territoriali, superando arcaiche logiche di “salvaguardia di orti e campanili”, a favore di una migliore risposta ai bisogni della popolazione.
 
Tornando al DM 71 si pongono tre tipi di problemi:
1. verificare cosa già c’è (non è possibile pensare al nuovo senza modificare il vecchio)
2. definire le necessità per le nuove strutture (certamente prendendo a riferimento gli standard proposti, con una forte attenzione ai volumi di attività ed alla distribuzione dei servizi nel territorio)
3. la governance delle strutture e del sistema (definendo chiaramente i ruoli e le responsabilità, privilegiando i livelli disciplinari prevalenti, con la massima attenzione all’integrazione professionale e multi-professionale).
 
La determinazione delle risorse necessarie per il funzionamento delle strutture potrebbe essere un facile compito in caso di nuove strutture. Molto più difficile se si tratta di riorganizzazioni ed implementazioni dell’esistente, peraltro con una strutturazione ed una distribuzione molto variegata sul territorio nazionale.
 
Pertanto, per ogni servizio e per ogni figura professionale è necessario portare a comparazione le necessità individuate con le situazione in essere e con l’analisi dei volumi di attività delle singole strutture (e/o della garanzia dei servizi necessari), per le conseguenti decisioni.
 
Secondo calcoli spannometrici le necessità di personale infermieristico da impiegare nelle nuove strutture sono più o meno le seguenti: in tutto circa 38mila Infermieri ma molti servizi sono operativi e vanno solo riorganizzati per cui il numero effettivo scenderebbe a 25/28mila infermieri in più.
 
Nonostante quanto dichiarato sempre dal sottosegretario Costa relativamente al numero di assunzioni realizzate (da capire se si tratta di nuove assunzioni o di stabilizzazioni) e all’aumento dei posti al corso di laurea in infermieristica (poca cosa rispetto alle reali necessità del SSN e del privato convenzionato) il superamento del grave problema di carenza infermieristica appare molto improbabile.
 
Nella realtà (dati MEF di riferimento) il numero dei laureati infermieri annuali consente l’equilibrio della copertura del turnover … null’altro! Rimangono fuori sia le determinazioni del DL 34/2020 ((Terapia Intensiva/Semintensiva e Infermiere di Famiglia e Comunità), sia gli adeguamenti collegati al PNRR.
 
Non sono possibili ulteriori “rimandi” ed è giunto il momento che il Ministero della Salute e la Conferenza Stato Regioni affrontino rapidamente le questioni poste (molto più critiche di quanto in troppi pensano), in particolare:
• il rigoroso controllo relativamente al rispetto dei principi fissati dal DM 70/2015;
• la definizione di criteri uniformi sul territorio nazionale per la determinazione delle risorse necessarie per il funzionamento delle strutture del SSN;
• la definizione di nuovi paradigmi e nuovi staffing e skill-mix per adeguare i livelli assistenziali alle nuove esigenze degli utenti e delle strutture, nonchè per una migliore sostenibilità del sistema (tenuto conto anche delle evoluzioni formative e normative che hanno interessato le professioni sanitarie);
• la valorizzazione della direzione delle professioni infermieristiche / sanitarie (a livello ospedaliero e a livello territoriale, tenuto conto delle articolazioni organizzative previste dal vigente CCNL … peraltro ancora una volta penalizzati dal mancato riconoscimento dell’indennità di esclusività, diversamente da quanto di interesse delle altre dirigenze sanitarie);
• la valorizzazione (vera) dei Direttori dei Corsi di Laurea e dei docenti disciplinari (non strutturati e spesso non remunerati)
• la valorizzazione delle figure professionali specialistiche;
• la revisione del percorso formativo e del profilo professionale dell’OSS.
 
In ultimo la governance del sistema e una chiara definizione delle reali necessità (ricordando che si parte dai bisogni delle persone e si finisce con la determinazione delle risorse necessarie, e non viceversa), dei ruoli e delle responsabilità dei professionisti, tenuto conto delle caratterizzazioni e specificità dei servizi territoriali, della disciplina e dei saperi prevalenti, dell’articolazione professionale definita da norme, dei vigenti CCNL dell’Area del Comparto e dell’Area della Dirigenza Sanitaria.
 
A titolo puramente esemplificativo, colpisce il fatto che nell'ultima bozza del DM 71 siano intervenute delle “manine” che hanno operato interventi correttivi in “dirittura di arrivo” … come la previsione nelle COT di un “coordinatore preferibilmente infermieristico (dove “preferibilmente” nella prima versione non c’era!). Come dire che “il Direttore di una UOC di Neurochirurgia deve essere un medico chirurgo, preferibilmente specialista in neurochirurgia!”
C’è davvero tanto da fare!
 
Marcello Bozzi
Segretario ANDPROSAN – Associata COSMED

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