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Mercoledì 04 MAGGIO 2022
Per fortuna che l’epidemiologia ha tra i suoi sostenitori Giorgio Parisi 

E sarebbe dargli retta valutando con attenzione la proposta degli epidemiologi di dare evidenza e robustezza alla rete epidemiologica del SSN. Una rete che potrebbe favorire quella unitarietà di approccio alle politiche di tutela della salute che la frammentazione introdotta da alcuni atti e norme rischia invece di ostacolare

Il mondo della epidemiologia italiana vive contemporaneamente con speranza e con ansia questa fase della storia del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

La speranza: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il Piano Nazionale degli Investimenti  Complementari e altri atti di indirizzo fondamentali, come il Piano Nazionale della Prevenzione, il  Piano della Cronicità e il Piano Pandemico Influenzale 2021-2023 , evocano la necessità di avere una rete strutturata di competenze tipiche della funzione epidemiologica.

L’ansia: mentre si declinano organizzativamente sia i servizi territoriali con il cosiddetto DM 71 che quelli  ospedalieri con la revisione del DM 70 del 2015 rimane ancora sfuocata la definizione della organizzazione della funzione di epidemiologia nel SSN.

Di questo doppio stato d’animo è stato di recente testimonianza qui su Quotidiano Sanità un Documento della Associazione di Epidemiologia  in cui si è proposta una articolazione a rete della epidemiologia nel  SSN in grado di far fronte sia alla sua attività di supporto alle attività di prevenzione che a quella di supporto alla programmazione e valutazione dei servizi.

Il Documento segnalava però come alcuni atti o iniziative centrali sembrino andare più verso una frammentazione o una diluizione della funzione epidemiologica che non verso una sua strutturazione definita. In particolare, si segnalava come da una parte il PNRR preveda importanti risorse per l’Health Prevention Hub e ancor più ingenti risorse per una nuova architettura informativa in grado di produrre valutazioni e scenari, ma dall’altra manchino ancora indicazioni sulla riorganizzazione delle funzioni tecniche e sul consolidamento delle competenze professionali che dovrebbero presiedere il disegno generale.

In sostanza, di questo Hub non sono chiari né gli spoke né gli agganci con la funzione epidemiologica di cui non si parla. Il che è anomalo visto che l’Health Prevention Hub entra come voce dell’investimento sulla “Infrastruttura tecnologica del Ministero della Salute e analisi dei dati e modello predittivo per garantire i LEA italiani e la sorveglianza e vigilanza sanitaria” e che il Decreto del 2017 di revisione dei LEA attribuisce in più punti la sorveglianza sanitaria alla epidemiologia.

Un altro segnale potenzialmente negativo è venuto dalla istituzione con decreto del Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici (SNPS) che alla epidemiologia non dedica alcun riferimento. Questo Decreto è stato magistralmente inquadrato ieri nelle sue criticità generali da Filippo Palumbo  qui su QS. Tra queste criticità veniva segnalato il fatto che mentre  l’approccio One Health e Planetary Health implica “che sul piano dei fenomeni e degli elementi da conoscere e monitorare e delle iniziative da promuovere si faccia riferimento a scenari ampi e integrati, a valutazioni multidisciplinari”,  l’impostazione gerarchizzata e chiusa che il decreto-legge prevede per il SNPS rende difficili le collaborazioni che servono per fare quelle valutazioni e per far  nascere i programmi integrati per massimizzare la salute degli individui e delle popolazioni.

Questa critica di Palumbo fa venire in mente come la complessità del tema della salute e dello studio dei suoi numerosi e diversificati determinanti richiami per sua natura la potenziale centralità della funzione epidemiologica, come più che autorevolmente suggerito dal premio Nobel prof. Giorgio Parisi che, in una intervista del 31 ottobre 2020, a proposito della pandemia dichiarava che “La multidisciplinarietà è certamente importante: l’epidemiologia, se vogliamo, è la vera disciplina che si occupa dello studio della curva epidemica, ed è intrinsecamente multidisciplinare perché ha bisogno di avere dei dati e di poterli analizzare su larga scala, e questo è un compito svolto spesso dai fisici e dai matematici che elaborano equazioni che descrivono lo sviluppo dell’epidemia, grazie all’apporto fornito dai clinici e dai virologi.”

A sua volta, l’Istituto dei Sistemi Complessi nel commento al premio Nobel assegnato al prof. Parisi riportato nel suo sito ha ricordato come la missione di questo Istituto sia quella di esplorare la complessità in tutte le sue forme comprese “le  esplosive dinamiche di diffusione che caratterizzano le reti e i fenomeni sociali, di sicura rilevanza ad esempio in epidemiologia, come abbiamo potuto apprezzare tutti in questi ultimi due anni.”

Questi involontari, ma certamente autorevoli, endorsement al ruolo della epidemiologia nello studio dei fenomeni complessi suggeriscono l’opportunità di valutare con attenzione la proposta degli epidemiologi di dare evidenza e robustezza alla rete epidemiologica del SSN. Una rete che potrebbe favorire quella unitarietà di approccio alle politiche di tutela della salute che la frammentazione introdotta da alcuni atti e norme rischia invece di ostacolare.

Lucia Bisceglia, Carla Ancona,  Francesco Forastiere, Claudio Maria Maffei,  Stefania Salmaso, Salvatore Scondotto
Associazione Italiana di Epidemiologia

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