quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Mercoledì 18 MAGGIO 2022
“Le Case della comunità rischiano di diventare piccoli ospedali. E non è quello che serve per potenziare la medicina del territorio. Più spazio alla farmacia dei servizi”. Le proposte di Cittadinanzattiva

Presentato oggi il rapporto dell’associazione “Salute di Comunità” sulla sanità territoriale. Il documento formula anche alcune proposte per rispondere alle sfide del dopo-pandemia, a partire dalla riorganizzazione della medicina territoriale. L’implementazione effettiva della Farmacia dei servizi e della figura dell’Infermiere di Comunità e la riforma della medicina generale, insieme alla riorganizzazione dei servizi di prossimità sono i temi dai quali partire prioritariamente per garantire una riforma della medicina territoriale rispondente alle esigenze dei cittadini.”. IL DOCUMENTO

“Ancora una volta si predilige la logica dei luoghi a quella dei servizi e si organizza un sistema che mira a curare la malattia e non la persona. Le case della Comunità dovrebbero essere, invece, dei centri logistici/operativi, in grado di organizzare servizi domiciliari, avvicinando le cure alle persone e generando processi di empowerment culturale sulla salute. Concentrare medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, infermieri di famiglia e di comunità oltre che specialisti ambulatoriali e altre figure professionali in un unico luogo replica il modello un modello ospedaliero che poco sembra avere a che fare con una riforma della medicina territoriale che è il vero obiettivo che dobbiamo raggiungere per garantire salute”. È dura la denuncia di Cittadinanzattiva nel suo report “Salute di Comunità”, redatto con la collaborazione di Fnomceo, Fnopi, Federfarma e Fimmg e il contributo non condizionato di Farmindustria – e presentato oggi presso il Ministero della Salute, sulla sanità territoriale in cui analizza ad ampio raggio lo stato del Ssn e le riforme che saranno introdotte dal Dm 71 e la riorganizzazione dei servizi sanitari nei territori, declinata secondo alcuni temi chiave: accesso e prossimità delle cure, aggiornamento e potenziamento del sistema della prevenzione, ridefinizione del rapporto fra ospedale e territorio, implementazione delle nuove tecnologie e digitalizzazione dei sistemi per semplificare l’accesso alle cure e programmare servizi efficaci.

E nel lungo report non è indifferente la grande delusione dell’associazione per come si sta costruendo il modello delle Case della Comunità. “Nel documento licenziato da Agenas, nel settembre 2021 (che poi è la base del Dm 71), le Case della comunità sono individuate quali luoghi di cura primaria. Sebbene il documento sembri restituire l’immagine di un sistema incentrato sulla cura rivolta al cittadino, facendo presagire la realizzazione di una medicina di iniziativa, in grado di fornire formazione e informazione, diventando punto di riferimento per un intero territorio, restano delle perplessità sull’efficacia di un modello che sembra replicare quello della rete ospedaliera”.

“Se da un lato – si evidenzia - la creazione di nuove strutture contribuisce ad aumentare una possibile offerta di servizi, con la promessa di garantire una presa in carico dei pazienti a domicilio, generando un sistema di diagnostica precoce e di primo livello, valorizzando così il ruolo del territorio, dall’altro sembra sacrificarsi la flessibilità dell’intero sistema generando nuovi luoghi da raggiungere e lasciando al cittadino/paziente l’onere della mobilità e dell’attivazione dei servizi stessi. L’ubicazione delle Case di Comunità sembra privilegiare, basandosi sui numeri, i centri urbani densamente popolati, penalizzando ancora una volta le aree interne e periferiche, già oggi carenti di servizi e che vedrebbero, in alcuni casi, la presenza di un’unica struttura a diverse decine di chilometri se non centinaia Sembra quindi riproporsi uno schema già visto e non funzionale rispetto alle esigenze di salute del cittadino”

Per questo secondo Cittadinanzattiva “al modello ospedale-centrico va affiancato un sistema di medicina territoriale efficace, in grado di sviluppare reti di monitoraggio e assistenza, in gradi di filtrare la domanda e di gestirla, ove necessario, direttamente sul territorio, evitando le ospedalizzazioni improprie e capace di contribuire all’emersione di una cultura di prevenzione e di salute diffusa intesa come bene comune, non una semplice tappa intermedia in luoghi comunque distanti dal domicilio e che non tutelano le aree scarsamente popolate, interne o periferiche. Dobbiamo garantire il passaggio dalla continuità delle cure alla rete ospedale-territorio”

Le criticità emerse col Covid
Il Servizio Sanitario Nazionale ha retto alla pandemia da Covid-19 ma, adesso che l’emergenza pare sotto controllo, le analisi effettuate da Associazioni e Istituzioni restituiscono l’immagine di un sistema in pesante affanno, con l’aumento vertiginoso dei tempi di attesa sia per le prestazioni ordinarie che per quelle legate alle esigenze dei malati cronici e della medicina d’urgenza: fino a 720 giorni per una mammografia (fonte Cittadinanzattiva 2022). Rilevato anche l’aumento della mortalità di alcune patologie, come per il tumore del colon retto (+12% nel 2020, Università di Bologna), in un contesto europeo che vede l’Italia agli ultimi posti per qualità della vita dei pazienti con una o più patologie e all’ottavo posto per bisogni insoddisfatti di visite mediche (EUROSTAT 2019). Secondo le rilevazioni OCSE, è in Italia il tasso più alto di pazienti con demenza senile, dato anch’esso in aumento (per il 2050, una persona su 25 sarà affetta da demenza).

“Si tratta di priorità importanti per migliorare il nostro servizio sanitario e renderlo più equo ed accessibile ai cittadini, a cominciare dalla riforma per la riorganizzazione dell’assistenza territoriale. Tuttavia, occorrerà una lettura attenta dei contesti territoriali, per individuare percorsi e non solo luoghi che favoriscano servizi più accessibili e prossimi ai cittadini, e per avere maggiore attenzione alla qualità della vita puntando molto sul domicilio come luogo privilegiato di cura”, dichiara Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva. “La carenza di servizi, la distanza dai luoghi di cura, tipica di alcune aree del paese, come pure la complessità delle aree urbane e metropolitane impongono un’innovazione dei modelli organizzativi sanitari territoriali. In questa ottica ci auguriamo che la messa a terra del DM71, e in particolare la riforma delle Case di comunità previste, siano attuate con il coinvolgimento delle comunità locali, più di quanto sia stata fatto finora”.

“Lo scorso 5 aprile il Ministro della Salute ha firmato il decreto per l’approvazione dello schema di contratto istituzionale di sviluppo (CIS). Su questa base le Regioni hanno presentato una proposta di piano operativo che il Ministero sta vagliando per arrivare, in tempi brevi, alla messa a terra della riforma dell’assistenza territoriale prevista dal DM71 e quindi rendere disponibili servizi sanitari prossimi e su misura dei cittadini”, dichiara Stefano Lorusso, Direttore generale Unità di missione per l'attuazione degli interventi del PNRR Ministero della Salute.

Le proposte di Cittadinanzattiva
Il documento “Salute di Comunità” formula anche alcune proposte per rispondere alle sfide del dopo-pandemia, a partire dalla riorganizzazione della medicina territoriale. L’implementazione effettiva della Farmacia dei servizi e della figura dell’Infermiere di Comunità e la riforma della medicina generale, insieme alla riorganizzazione dei servizi di prossimità sono i temi dai quali partire prioritariamente per garantire una riforma della medicina territoriale rispondente alle esigenze dei cittadini.

Il perfezionamento della medicina territoriale comprende anche l’importante ambito del rapporto fra ospedale e territorio facendo leva su una visione centrata sul percorso di cura e sulla presa in carico che si articolano tra territorio e ospedale in un continuum sinergico ed efficiente tra luoghi di cura e professionisti sanitari. Questo percorso deve prevedere la piena valorizzazione delle figure sanitarie coinvolte nei vari luoghi di cura e il pieno utilizzo della digitalizzazione quale strumento facilitante sia per il sistema sia per il cittadino. Lo sviluppo del Fascicolo Sanitario Elettronico così come la costruzione e la diffusione di piattaforme informatiche in grado di monitorare il percorso di salute dei pazienti, sono elementi imprescindibili per garantire la realizzazione di tale percorso.

Ruolo centrale dovrà essere svolto dai modelli di prevenzione, con l’obiettivo di intercettare il bisogno di salute prima che questo si manifesti, garantendo maggiore benessere ai cittadini e risparmio di risorse economiche preziose per l’intero sistema. Punti cardine di questa prospettiva sono la condivisione delle conoscenze scientifiche e cliniche, la messa in comune delle competenze dei diversi attori sanitari, la riorganizzazione di una medicina di iniziativa grazie all’utilizzo appropriato della digitalizzazione.

In questo quadro, l’Italia e l’Europa possono essere promotrici di un modello di finanziamento della ricerca innovativo e in grado di promuovere la collaborazione tra soggetti pubblici e privati basata su un modello di innovazione del SSN condiviso, ormai indispensabile in una realtà globalizzata come quella attuale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA