quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Giovedì 26 MAGGIO 2022
La crisi senza uscita della medicina generale in Lombardia



Gentile Direttore,
mi consenta di tornare sullo stato di crisi della medicina generale in Lombardia alla luce degli ultimi fatti. Contestualmente alla pubblicazione delle linee guida per la gestione del SSR nell’anno in corso, peraltro da applicare in poco più di un semestre, sono stati diffusi gli esiti dell’ammissione al Corso di Formazione specifica in MG e dell’assegnazione degli incarichi per la copertura delle zone carenti. I dati sono poco confortanti

Per far fronte ad una situazione cronicamente precaria la Giunta pensa di riproporre a breve il bando assieme ad alcuni provvedimenti che dovrebbero favorire le adesioni: posti riservati ai neodiplomati e ai corsisti con incremento del massimale fino a 1500 scelte, ambulatori pubblici a canone calmierato nelle aree cronicamente scoperte, presenza di MMG nelle Case della Comunità per assistere cittadini rimasti senza medico.

Le ripercussioni del gap tra domanda ed offerta di medici sul territorio lombardo sono segnalate da tempo come dimostrano i dati:

La situazione è destinata ad aggravarsi se si pensa che nel prossimo triennio è prevista la quiescenza di altri 2500 generalisti tra i 67 e 70 anni, cifra che non considera la tendenza all’uscita anticipata. Non hanno giovato alla promozione dell’immagine della categoria e da incentivo vocazionale la campagna mediatica sui medici fannulloni, l’accusa di lavorare solo 15 ore la settimana percependo lauti compensi da libero-professionisti, le incertezze sul futuro assetto dell’ACN e sul surplus orario richiesto nelle Case della Comunità. Ci si poteva aspettare un buon numero di pretendenti per una professione così "attraente": evidentemente coloro che in un primo tempo avevano dato per buona l’immagine stereotipata del libero professionista autonomo, benestante e un po’ irresponsabile si sono ricreduti e hanno disertato il concorso.

In questo contesto la DGR sulle regole di sistema del 2022, pubblicata la scorsa settimana, ripropone in modo rituale e scontato la riforma della PiC prima maniera che a causa Covid-19 si è arenata nel biennio 2020-2021; contestualmente è al lavoro il comitato di indirizzo delle cure primarie con il mandato di predisporre linee guida per la riforma della riforma della PiC.

La domanda è legittima e non retorica: come potranno i MMG lombardi, oberati da 1700-1800 assistiti, compilare da 300 a 400 PAI per ipertesi e/o diabetici quando sono alle prese con strascichi del Covid-19, difficoltà a reperire un sostituto, burocrazia incontenibile e piattaforme regionali a silos che non scambiano dati con i software di studio? Per giunta si sconta l’incertezza per la prevista revisione della procedura di arruolamento e gestione dei pazienti cronici.

Ci troviamo di fronte ad un cronica crisi sistemica destinata ad aggravarsi e a perdurare almeno altri 3 anni, come candidamente ammesso dal ministro quasi che fosse un esito ineluttabile per un destino superiore; difficoltà peraltro annunciate fin dal 2013 dall’ente pensionistico che metteva in guardia dagli effetti di un ricambio generazionale epocale dal 2016 in poi. Le interpretazioni della crisi che girano sui social oscillano tra due posizioni

Quale che sia la spiegazione, da due anni a questa parte il quadro rievoca l’immagine della piccola falla nella diga che si autoalimenta fino a generare un flusso crescente e disastroso per l’intero bacino idrico, anche perché i tentativi di contenere la perdita sono tardivi, inefficaci se non controproducenti. Si riuscirà a tappare per tempo il buco, prima che diventi incontenibile?

Dott. Giuseppe Belleri
MMG in pensione

© RIPRODUZIONE RISERVATA