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Venerdì 27 MAGGIO 2022
Sanità pubblica e servizi in appalto



Gentile Direttore,
mi permetto di proporre all’attenzione sua, dei lettori e delle più frequenti firme di “Quotidiano Sanità” quanto segnalato ieri con un comunicato stampa congiunto, reperibile sui rispettivi siti, da CGIL CISL e UIL Emilia-Romagna, le quali si sono rivolte all’opinione pubblica per esprimere il loro dissenso sui seguenti fatti amministrativi: 
A Modena è stato pubblicato un avviso per la fornitura temporanea in via d’urgenza di servizi ospedalieri di ostetricia e ginecologia dell’Area Nord dell’Azienda USL di Modena ed in particolare per Mirandola. per 5 mesi, rinnovabili per altri 5, per una base d’asta di oltre 500 mila euro!
la stessa Azienda Usl di Modena e quella di Reggio Emilia pubblicano avvisi per la fornitura di servizi medici ospedalieri, ricalcando il percorso già adottato per l’emergenza urgenza di Ferrara, del quale l’assessore regionale aveva dichiarato alle organizzazioni sindacali essere un unicum da non ripetere.

Non entro nel merito delle singole tesi sostenute nel comunicato stampa, alcune delle quali da me non condivisibili.
Segnalo e propongo alla riflessione i fatti in sé e la “significatività” dell’essersi verificati in provincie ed in una regione il cui servizio sanitario pubblico gode nell’immaginario pubblico nazionale di un credito non piccolo.

Qualche considerazione, non certo tutte quelle necessarie ed auspicabili.
Chiunque coglie l’irresponsabilità di politiche che privatizzando l’assistenza sanitaria negli ambiti ospedalieri dell’emergenza urgenza e della maternità introducono nel servizio sanitario pubblico in Emilia-Romagna variabili di direzione clinico-organizzativa ingestibili, per disomogeneità di competenze e di tipologia ed entità delle remunerazioni, con inevitabili ripercussioni negative sulla sicurezza, qualità, gratuità ed universalità delle cure.

Chiunque coglie l’inadeguatezza tecnica ed istituzionale di direzioni aziendali incapaci di lanciare per tempo agli stessi decisori politici che le hanno direttamente scelte, nel caso emiliano-romagnolo il PD di Bonaccini e dei suoi predecessori, segnali di difficoltà a mantenere servizi sanitari pubblici che datano da decenni, di progettare altro che non siano tagli di attività e di organici pubblici, giochetti mistificanti la reale dimensione delle liste di attesa e ricorso ad appalti al privato per qualsiasi cosa.

Chiunque si ricorda dei piccoli ospedali e delle ostetricie depotenziati o chiusi in tutta l’Emilia-Romagna senza la preventiva organizzazione delle strutture e dei percorsi assistenziali alternativi basati sulla relazione clinico organizzativa tra Case della Salute/Comunità e grandi Ospedali poli distrettuali. (La Casa della Salute di Castelfranco Emilia, peraltro in un edificio ormai vetusto come confermano i fermi ascensore di pochi giorni fa, è una pregevole eccezione ed un modello non seguito!)

Chiunque, oggi anche i sindacati confederali, vede che non è sufficiente che il PD in Emilia-Romagna, il suo presidente Bonaccini ed il suo assessore Donini rilascino dichiarazioni come se la responsabilità politica non fosse anche loro e dei loro predecessori, come se non avessero mai appoggiato la politica di tagli della spesa sanitaria nazionale in epoca pre-Covid 19, come se oggi non fosse indispensabile imporre una svolta al governo ed alla maggioranza Draghi sul finanziamento della sanità invece che assecondarlo anche in Emilia-Romagna col taglio di servizi e personale del pubblico e sua privatizzazione con gli appalti! 

Chiunque vede come sia indispensabile togliere il numero chiuso per tutti corsi di laurea (medici, infermieri, altro personale d’assistenza) delle facoltà e dei dipartimenti universitari di medicina e chirurgia e senza attardarsi in espliciti o impliciti pensieri sulla concorrenza sul mercato del lavoro e sulla sua capacità di tutelare stipendi in sanità, tanto neocorporativi e neo-liberali quanto ottusi nelle attuali società della conoscenza e della ricerca.

Chiunque si chiede se sia eticamente accettabile, non solo per la sanità pubblica italiana, ma anche per quella privata, “rubare”, pur se in emergenza e costi quel che costi, personale sanitario ad altri paesi, magari in via di sviluppo e le cui popolazioni hanno gli stessi diritti alla salute della nostra, in una epoca nella quale le competenze professionali per la salute sono vieppiù centrali per la sopravvivenza di intere popolazioni nel villaggio globale, ormai tale non solo per i movimenti di capitale e di merci ma anche delle patologie!
Chiunque si chiede con quali argomentazioni e con quale etica pubblica il Ministro dell’Università ed i Rettori delle Università Italiane si limitano a dire che nella situazione attuale delle università pubbliche italiane è impossibile formare più laureati invece di programmare e richiedere le risorse necessarie a renderlo possibile in Italia, in concorso indispensabile con il SSN, informandone l’opinione pubblica!?). 

Chiunque si chiede dove ci porteranno questo governo Draghi, questo ministro alla Salute Speranza e la loro maggioranza, ormai indistinguibile se non a parole dalla opposizione di centro-destra quanto a politiche di incremento ingiustificato della spesa per armamenti e di privatizzazione dei servizi pubblici, da ultimo anche per la sanità il cosiddetto “DDL Concorrenza”. 
Forse alla Autonomia regionale differenziata per una più efficace e capillare privatizzazione della sanità pubblica, regione per regione, in combinazione con il definanziamento programmato dall’ultima legge di bilancio, versione italiana della rana bollita di Noam Chomsky?

Il titolo del comunicato stampa di CGIL, CISL, UIL Emilia-Romagna vale anche per il resto d’Italia e sia di monito: “Non si appalta la sanità pubblica. Dopo Ferrara, ora anche a Modena e Reggio Emilia. La regione sta scegliendo la via più breve, contrariamente agli impegni presi e ai protocolli siglati con le organizzazioni sindacali”. E con l’opinione pubblica ed i malati, è obbligatorio aggiungere!!!

Gianluigi Trianni
Forum per il Diritto alla salute

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