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Giovedì 16 GIUGNO 2022
Pronto soccorso e 118. Smi: “Ridurre il carico di lavoro e riconoscere che è un lavoro usurante”

Il sindacato interviene sulla crisi della medicina di emergenza urgenza in Toscana. Tra le proposte, sostiene, “sarebbe ottimale prevedere che ogni medico giovane potesse essere affiancato da uno più anziano. Questa soluzione gioverebbe ai medici più giovani che sarebbero tutelati e ai più anziani che potrebbero fare un passo indietro rispetto all’impegno massacrante delle prime  linee”.

“I pronto soccorso in Toscana, e in generale in tutta Italia, vivono un momento di enorme criticità, accentuato negli ultimi due anni dall’emergenza pandemica che ha caricato a dismisura un sistema esausto”. “Molti medici convenzionati, che da decenni lavoravano al 118 e in pronto soccorso, sono usciti di scena nell’infinita attesa di una legge nazionale per il passaggio alla dirigenza medica”. Servono, quindi, soluzioni per “ridurre il carico di lavoro” e “incentivare i medici”. A sostenerlo, in una nota, è Giorgio Fabiani, segretario regionale dello SMI Toscana.

“Le ragioni della fuga di massa - secondo Antonella Covelli, responsabile Dirigenza Medica Ospedaliera e Pronto Soccorso dello SMI Toscana - sono da ricercarsi nel carico di lavoro insostenibile dovuto ad un numero di accessi in pronto soccorso e di chiamate al 118  in costante crescita, a causa del  “filtro” territoriale deficitario. A tutto questo deve essere aggiunto che  la popolazione invecchia e di conseguenza aumentano anno dopo anno i pazienti “fragili” (oncologici, polipatologici, residenti nelle RSA), così come aumenta costantemente il numero di famiglie incapaci di gestire al proprio domicilio situazioni sanitarie e sociali complesse. I posti letto negli ospedali sono ridotti all’osso, per cui è sempre più frequente la gestione “impropria” dei pazienti nei Pronto soccorso con i corridoi degli stessi trasformati in reparti di degenza. Numerosi e vani sono stati i tentativi di risolvere almeno parzialmente il problema, tra questi l’assunzione di medici con contratti a tempo determinato, privi di qualsivoglia esperienza nella medicina d’urgenza con la promessa di essere formati “on the job”, l’utilizzo improprio del personale USCA, spesso costituito da medici neolaureati, con la necessità di essere seguiti dai colleghi più esperti, già oberati di lavoro”.

“Il numero dei medici in Italia - aggiunto Irene Cavasini, responsabile Emergenza Territoriale Smi Toscana - è insufficiente in tutte le discipline, ma quello legato alla medicina d’urgenza è drammatico; il motivo è legato a più fattori, in primis quello dello stress, del rischio, del burnout per personale impegnato 365 giorni l’anno, 24 ore su 24, con turni aggiuntivi che ad oggi sono la regola e con turni di riposo inadeguati; a questo si deve aggiungere lo scarso appeal economico: chi lavora in pronto soccorso e al 118 non ha la possibilità di svolgere la libera professione, di conseguenza guadagna meno; non si può dimenticare poi, il rischio medicolegale e anche quello legato all’incolumità fisica.

“Quali potrebbero essere le soluzioni al problema? “Prima fra tutte - spiega lo SMI -, il diversificare i ruoli e ridurre il carico di lavoro dei singoli medici. Sarebbe ottimale prevedere che ogni medico giovane potesse essere affiancato da uno più anziano, un tutor, anziché stare in prima linea, potesse supervisionare l’operato del collega meno esperto; il sistema a cui ci riferiamo esiste già in alcuni paesi anglosassoni e permette di posizionare ogni medico ad un preciso step di crescita in base all’età anagrafica, all’anzianità di servizio e all’esperienza professionale. Questa soluzione  gioverebbe ai medici più giovani che sarebbero tutelati e ai più anziani che potrebbero fare un passo indietro rispetto all’impegno massacrante delle prime linee”.

Per il sindacato è poi “arrivata l’ora di riconoscere il settore della medicina d’urgenza quale lavoro usurante con incentivi per i medici che lavorano in Pronto soccorso e al 118, prevedendo  benefit economici adeguati ai carichi di lavoro e ai rischi corsi. Allo stesso tempo, è quanto mai urgente, garantire una tutela medico-legale adeguata e un sistema che consenta ai medici di lavorare in sicurezza”.

Ma occorre anche “predisporre una formazione sul campo di alta qualità, per migliorare la performance di ogni medico e garantire una risposta sanitaria di livello elevato ed uniforme in ogni presidio ospedaliero. Bisogna impegnarsi - conclude Fabiani -, in un’ottica di una riforma nazionale, come sostiene recentemente un disegno di legge presentato alla Camera dai deputati Mugnai e Bologna con il sostegno dello SMI e della Fimeuc, la Federazione Italiana Medicina di Emergenza-Urgenza e delle Catastrofi”.

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