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Lunedì 20 GIUGNO 2022
Il PD riscopre la “sostenibilità” per la sanità. Ma non ci spiega come

Personalmente nutro forti dubbi sulla serietà e sulla praticabilità della proposta del PD. Penso che senza una seria strategia di sostenibilità la sostenibilità di cui parla il PD sia un inganno pericoloso. Si rischia, nella situazione finanziaria difficile in cui ci troviamo, di tornare alle restrizioni degli anni ‘90

L’8 giugno, presso la sede nazionale  del PD, si è svolta una agorà sulla sanità con la partecipazione di Letta e di Speranza e di alcuni tra i più importanti rappresentanti delle professioni. Questa agorà ha, per diversi motivi, una certa importanza politica che sarebbe sbagliato ignorare e trascurare.

La sanità è sostenibile
La novità politica è già nel titolo dell’agorà: “La sanità pubblica è sostenibile. Assicurare le risorse, proteggere e valorizzare i professionisti”.

Il significato di questo titolo è molto chiaro: la sanità per il PD è  “a priori” politicamente sostenibile per questo va finanziata, “assicurando”, cioè garantendole, i finanziamenti di cui essa ha bisogno, con risorse aggiuntive.

Va da sé che in sanità sarebbe impensabile che si rifiutasse in via di principio il suo rifinanziamento. Dopo anni di stenti e dopo la pandemia essa ha bisogno indiscutibilmente più che mai di risorse.

Il punto quindi non è “soldi si o soldi no” ma, dato, un contesto, una economia, una certa situazione del paese, la stagflazione,  è “come procurarseli ” in “che modo procurarseli ” e alla fine come spenderli”, cioè il punto vero è come finanziare il finanziamento.

La questione tutta politica è quella della “credibilità dello scopo” partendo dal presupposto che affermare che la sanità è sostenibile senza fornire garanzie di sostenibilità equivale a bufala sicura e certa.

Quindi il problema vero è: bufala o no?

Sostenibilità a priori 
Nell’agorà del PD le garanzie per il “raggiungimento dello scopo”, da quello che ho letto, non sono state chiarite il che vuol dire semplicemente che per il PD la sanità “deve essere” sostenibile anche se non c’è una precisa politica che garantisca che sia tale.

Quindi, e qui siamo al paradosso, il PD in piena stagflazione con la BCE che mette fine al “Quantitative Easing” (QE) con il debito pubblico fuori controllo, propone per la sanità una “sostenibilità senza sostenibilità”. Cioè finanziare la sanità senza chiarire la strategia che dovrebbe rifinanziarla.

Insomma, per il PD, la sanità è sostenibile perché al PD conviene elettoralmente dire che lo sia. Quindi al PD conviene per ragioni elettorali continuare a finanziare il ministro Speranza perché se Speranza non fosse finanziato si direbbe a tutto il mondo che il “re è nudo”. Cioè senza la foglia di fico della pandemia Speranza rischia di apparire per quello che è. Quello che è noto ormai a tutti.

Un film già visto: all’indomani della batosta elettorale del 2018 il PD, dalla mattina alla sera, decise di passare repentinamente dal definanziamento al  rifinanziamento e anche in questo caso senza chiarirne le condizioni di fattibilità. Un passaggio politico che vale la pena di chiarire non implicava nessuna ridiscussione strategica cioè tutte le controriforme quelle neoliberali fatte negli anni ‘90 venivano tutte confermate. Quindi tutto rigorosamente  a neoliberalismo invariante. Su queste capriole del PD ho già scritto e quindi non serve ripetere (QS 2 dicembre 2019).

Un’altra fregatura
Personalmente nutro forti dubbi sulla serietà e sulla praticabilità della proposta del PD. Penso che senza una seria strategia di sostenibilità la sostenibilità di cui parla il PD sia un inganno pericoloso. Si rischia, nella situazione finanziaria difficile in cui ci troviamo, di tornare alle restrizioni degli anni ‘90.

Ma, prendendo per buone, le intenzioni del PD vorrei porre lo stesso interrogativo che ho posto nel mio articolo sul Manifesto del 16 giugno (“La sostenibilità del sistema è uno slogan vuoto”): se la salute è sostenibile tutto quello che avete fatto in nome dell’insostenibilità resta o va sbaraccato?

Vorrei ricordare che in nome della “insostenibilità” il PD ha tradito l’art. 32 riducendo il diritto fondamentale alla salute ad un diritto subordinato alle risorse, ha messo in piedi le aziende che in nome dell’ideologia economicista hanno fatto scempio della buona medicina, è passato dai livelli minimi di assistenza ai livelli essenziali, ma soprattutto ha riammesso in gioco il mercato che, con la legge 833, era stato praticamente marginalizzato. La salute è tornata ad essere una merce, e tante altre cosette.

Che si fa? Tutta questa brutta politica, ora che il PD ammette la sostenibilità, resta o si volta pagina? Il PD dice che la sanità è sostenibile ma tenendo in vita tutto quanto è stato fatto in nome dell’insostenibilità si comporta come se fosse convinto del contrario. E questo non va bene.

Il principio dell’acqua calda
Che l’idea di sostenibilità nell’agorà del PD sia poco credibile lo si è capito subito da diverse cose. Ad esempio all’agorà non sono seguite conclusioni politiche cogenti, quindi l’iniziativa è sembrata null’altro che una chiacchierata e che probabilmente non influirà sulle politiche economiche del governo quelle già definite con il Def (QS 8 aprile 2022).

Lo si è capito anche dalla relazione introduttiva della professoressa “Dirindin”. Curioso atteggiamento quello della Dirindin che da quando ho scritto nel mio libro “La sinistra e la sanità dalla Bindi a Speranza con in mezzo una pandemia” che, la 229 è una controriforma che lede l’art. 32, si sottrae ad ogni confronto perché trova imbarazzante che qualcuno in subiecta materia osi dire la verità.  

E’ incredibile come una economista abbia avuto così tanta fortuna nella sinistra senza mai fare nulla di sinistra anzi al contrario avallando il peggior pensiero aziendalista e neoliberale.

La nostra versatile professoressa Dirindin, nell’agorà del PD cosa fa? Ricorre in pratica al vecchio trucco di chiamare in ballo la “Commission on the Future of Health Care in Canada” lo stesso trucco da lei usato nel 2018 nella commissione istituita al Senato sulla sostenibilità del sistema sanitario pubblico (QS 11 gennaio 2018).

E che fa? Ci spiega come si legge anche in una nota “che non vi è uno standard condiviso su quanto dovrebbe spendere un Paese per la tutela della salute: la scelta dipende dal sistema di valori e dalle priorità dei singoli Paesi”.

Cioè ci propone, ripeto in piena stagflazione, una “non definizione” di sostenibilità. Proprio come quella del Canada e della commissione del Senato sulla sostenibilità.

Come se non bastasse riferendosi alla “correlazione fra risorse complessive disponibili e quota del budget destinate alla sanità” ci fa capire che non bisogna cambiare niente, che tutto resta come prima e che il problema è semplicemente il rapporto spesa/pil.

E finalmente la grande scoperta dell’acqua calda cioè la vera rivelazione dell’agorà...la grande pensata: per rendere sostenibile la sanità basta aumentare l’incidenza della spesa sanitaria in rapporto al pil.

Anzi se proprio vogliamo fare le cose per bene dovremmo fissare una percentuale fissa di spesa sanitaria in rapporto al pil e obbligare il Mef a stanziare ciò che serve e siccome, come sa bene la professoressa Dirindin, queste misure non hanno mai funzionato (vedi quote fisse per prevenzione e salute mentale) bisognerebbe obbligare le regioni (quelle per intenderci che nel frattempo vogliono il regionalismo differenziato) a spendere come vuole Speranza. Ridicolo. 

Cosa vuol dire tutto questo? Per il PD la questione della sostenibilità della sanità si risolve solo in un modo: aumentando semplicemente la spesa pubblica. E se i soldi non ci sono come si fa? Cosa propone la professoressa Dirindin?

L’idiozia quale verità
Al contrario di ciò che pensa la nostra professoressa  io penso che oggi dopo una pandemia tanto costosa, sia incocepibile ritenere di poter aumentare la spesa sanitaria  senza definire una strategia di sostenibilità attraverso la quale finanziarla. Una strategia, dico subito, che non può essere “pilomane” e come ho spiegato di recente al Forum della salute della sinistra (QS 11 giugno 2022) non può che ripartire dalla produzione di salute come ricchezza, cioè non può che andare oltre il paradigma contro-riformatore del PD.

Per me, cara Dirindin,  è ora di smetterla di chiedere al diritto alla salute di adattarsi all’economia. Non è bastata la pandemia per capire che deve essere l’economia a produrre salute come ricchezza e quindi tocca all’economia adattarsi questa volta ai diritti fondamentali delle persone?

La battaglia per la sostenibilità non si vince cara Dirindin negando il problema ma solo con la produzione di salute, con la rimozione di tutte le contraddizioni che da anni minano il sistema e  scommettendo sul capitale professionale e, dimenticavo, mandando a casa i ministri come Speranza e non solo i ministri.

Quella della Dirindin, la teoria della “sostenibilità senza sostenibilità” è un vero e proprio non sense per non dire altro.

Conclusione
Forse la Dirindin ricorda la mia proposta del 2016  di “Quarta riforma”. Come ho già spiegato essa non è null’altro che una riforma dell’idea contro riformatrice di sostenibilità del PD quella sulla quale ha lavorato la Dirindin regalandoci la legge 229 e che ci ha fatto perdere l’art. 32.

La “Quarta riforma” si basa su un pensiero nuovo che sostituisce l’idea di compatibilità del PD con l’idea di compossibilità di Leibniz.  Cioè essa ci spiega cosa dovremmo fare per far coesistere i diritti con l’economia (QS 2 novembre 2016).

La mia proposta è stata snobbata da tutti, sinistra compresa, la stessa che apologeta dell’art. 32 pensa che in sanità non si deve cambiare niente che tutto quello che si doveva fare è stato fatto e che tutto si risolve togliendo ogni limite alla spesa sanitaria. I diritti vanno finanziati. Tutto il resto sono balle.

Ma vedrete, fidatevi, prima o poi la discussione sulla Quarta riforma o qualcosa di simile dovrà essere riaperta, per forza.

La discussione si riaprirà quando, grazie a Speranza, e al suo fallimentare PNRR, grazie al PD, e alle sue agorà senza pensiero, avremo chiaro che la sanità sarà al capo-linea.

Del resto si sa che se prima non c’è il morto il vivo non può essere rimpianto.

Ivan Cavicchi

 

 

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