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Venerdì 09 SETTEMBRE 2022
Verso le elezioni. Partiti a confronto sul riordino delle cure primarie: “Carenza di personale e mancata riforma della medicina generale gli ostacoli”

Cure primarie al centro del confronto promosso da Alleanza per la Riforma delle Cure Primarie in Italia, Cittadinanzattiva e Forum Disuguaglianze Diversità che ha ospitato Andrea Mandelli per il Centro-Destra, Sandra Zampa per il Centro-Sinistra e Maria Domenica Castellone per i Cinque Stelle. Il Dm 77 può costituire una buona base di partenza, ma le criticità non mancano. Per alcuni sono superabili per altri invece le perplessità non mancano

Come far sì che il Dm 77 non diventi un’occasione sprecata e che si compia un reale intervento riformatore per potenziare i Servizi Sanitari Territoriali? È realmente possibile sperare in un riordino delle Cure Primarie, con al centro la Casa della Comunità, quale grande porta di accesso al Ssn collocata in un Distretto Sociale e Sanitario quale cornice istituzionale-organizzativa vincolante e rigorosamente pubblica?

Queste domande hanno risposto i rappresentanti delle forze politiche in vista delle prossime elezioni. E se c’è chi si dice ottimista per il futuro, c’è anche chi al contrario frena gli entusiasmi (la data di scadenza fissata al 2026 non è poi così lontana)

Di certo sulle cure primarie bisogna lavorare ancora molto, sia che il Dm 77 costituisca o meno una buona base di partenza: la mancata riforma della medicina generale e della formazione dei Mmg, e l’importante carenza di personale sono infatti le principali pietre di inciampo sulle quali bisogna intervenire.

Su questi tami si sono confrontati Andrea Mandelli per il Centro-Destra, Sandra Zampa per il Centro-Sinistra e Maria Domenica Castellone per i Cinque Stelle, nel corso del confronto promosso presso la Sede Nazionale Acli a Roma, da Alleanza per la Riforma delle Cure Primarie in Italia, alla quale aderiscono 16 organizzazioni, Cittadinanzattiva e Forum Disuguaglianze Diversità. Un faccia a faccia tra i rappresentanti dei diversi schieramenti - peraltro già sollecitati prima della pausa estiva proprio dall’Alleanza in una Lettera aperta - che hanno risposto alle riflessioni messe nero su bianco nel Libro Azzurro per la riforma delle cure primarie e rappresentate da Elena Rubatto e Fulvio Lonati

Il Distretto deve essere regolamentato a livello unitario su tutto il territorio e deve essere il luogo in cui si integrano tutte le attività interdisciplinari per una presa in carico completa, ha sostenuto Maria Domenica Castellone per i Cinque Stelle. “Il Distretto deve essere un luogo dove si promuove salute a 360 gradi ed è chiaro che i criteri devono essere in uniformi su tutto il territorio nazionale. Ecco perchè credo che pensare ad un’autonomia differenziata sia rischioso, soprattutto per le Regioni in già difficoltà economica” ha detto la senatrice prospettando una nuova visione delle cure sul territorio.

“Con i giovani medici neo specialisti e in formazione – ha affermato – all’inizio della pandemia abbiamo formulato proposte che andavano verso una nuova visione delle cure primarie: riteniamo che la medicina generale non possa essere l’unica erogatrice di cure primarie. Sia perché l’attuale formazione dei Mmg non raggiunge i criteri e gli standard che vanno rispettati per specialisti che si occupano di questi ambiti di cura, sia perché abbiamo già specialisti in medicina di comunità e cure primarie. È una scuola istituita nel ’96 che ha prodotto professionisti con una formazione ad hoc ma che paradossalmente non possono operare in medicina generale nonostante due decreti interministeriali abbiano riconosciuto questa competenza. Servono quindi scelte coraggiose: è un errore lasciare la medicina generale come estranea rispetto all’organizzazione del Ssn e permettere un convenzionamento con il sistema, è un errore pensare che la formazione in Mmg debba essere separata da quella specialistica”.

Su una messa a terra reale delle Case di Comunità Castellone si dice ottimista: “Credo che le Regioni saranno obbligate a costruirle per non perdere la seconda e terza tranche dei fondi europei”. Certo, il rischio che le Case di Comunità diventino, come le Case della salute, dei poliambulatori c’è: “Non deve succedere – ha aggiunto – questo perché non abbiamo avuto i coraggio di trasferire gli ambulatori dei Mmg e dei Pls e anche del 118 nella Casa di Comunità. Purtroppo non si è arrivati a una riforma della medicina generale, ma sono ottimista per il futuro”.

Insomma, per la pentastellata bisogna concentrarsi su: assunzione del personale con fondi importanti dedicati; formazione specialistica per i Mmg sulla scia di quelle in Medicina di comunità e cure primarie e passare da contratto di formazione a un contratto di formazione lavoro; ricerca per “realizzare una raccolta scientifica anche sul territorio”.

È cauto Andrea Mandelli e frena gli entusiasmi. Per l’esponente di Fi c’è il rischio che il Distretto forte rimanga un’entità solo sulla carta. “Penso che il Dm 77 sia sicuramente da leggere come un passo in avanti – ha detto – ma di fatto non soddisfa pienamente nessuno. Non riesce a tracciare una linea certa di quello che sarà il sistema di cure sul territorio. Le debolezze che abbiamo ravvisato in questi anni di pandemia non vengono affrontate, non vengono risolte. Anche sul fronte dello stanziamento per la sanità vedo delle difficoltà: l’idea di considerare la sanità come un investimento e non come una spesa, non si è ancora concretizzata.  Credo che serva quindi più coraggio e più volontà per affrontare il tema alla radice, a partire da quello della medicina generale. Il tema è delicato: mancano i medici. Serve quindi un riordino prospettico, che parta anche dal Dm 77 – conclude – ma ritengo che servano alleanze per risolvere sinergicamente le problematiche. Non sono fiducioso sulla via che abbiamo imboccato, ma di certo non possiamo sprecare la possibilità di rimettere a posto le cose”.

Sulle Case di Comunità non nasconde la sua preoccupazione. “Credo che la realizzazione del modello delle Case di Comunità diffuso omogeneamente su tutto il territorio nazionale entro il 2026 sia molto difficile da realizzare – ha spiegato Mandelli – alcune Regioni sono ancora ai nastri di partenza, e le Case della salute ritengo non abbiano dato in generale la risposta attesa, fatta eccezione per alcuni esempi virtuosi che le hanno animate in maniera virtuosa. Abbiamo quindi un problema temporale per mettere a terra il sistema disegnato, ma non solo.  Se pensiamo ai cronici e consideriamo che una Casa di Comunità assorbe un carico di circa 50mila persone già vediamo un primo grande limite alle possibilità di concepire per i malati cronici questi luoghi come la grande porta di accesso al Ssn: mancano le risorse umane. Una problematica che grava su tutto il comparto sanitario. La situazione non è sotto controllo: pensare di avere luoghi attrezzati senza il personale, non serve.  

Abbiamo poi un problema serio di finanziamento: come sosterremo l’evoluzione di questi luoghi? Ora possiamo contare sui fondi del Pnrr, ma per il futuro il Fondo sanitario nazionale sarà in grado di sostenerle e soprattutto mantenere il livello qualitativo auspicato?”.

Sul piatto c’è poi il tema della formazione dei Mmg le cui competenze devono evolvere. Serve quindi una specializzazione.  Rimane in ogni caso per l’esponente di Centri Destra il nodo del loro rapporto di lavoro: “Come lo contrattualizziamo lo pensiamo come un dipendente o come un libero professionista? Questo è un tema fondamentale per capire quale sarà l’evoluzione delle cure primarie”. Insomma, per l’esponente del Centro-destra il giro di boa atteso non può avvenire se prima non si ha la certezza di avere tutte le persone al posto giusto.  

“Non dobbiamo commettere l’errore di non vedere la grande opportunità che il Dm 77 offre per un vero rilancio dell’assistenza territoriale” ha sostenuto la rappresentante del Centro-Sinistra Sandra Zampa. “Il Pd ha molto chiari alcuni punti, in testa a tutto c’è la sanità pubblica e il Distretto che pensiamo debba diventare una vera agenzia della salute in una cornice a garanzia pubblica e il Dm 77 di certo non apre a scenari diversi. Nel nostro programma - prosegue - sottolineiamo la necessità di  una puntale applicazione del Dm 77 in tutte le sue parti e in tutte le Regioni. In particolare proponiamo di attribuire le molteplici funzioni del territorio nel Distretto sociosanitario: questo è il primo passaggio per superare la frammentazione di competenze, perchè il sociale non può essere disgiunto dal sanitario”.

E in questo contesto la Casa di Comunità, per Zampa, deve essere il luogo dove questa integrazione si compie a tutti gli effetti in maniera strutturale: “Prima di criticarle attiviamole come sono state pensate. Con equipe multidisciplinari, con un punto di accesso unico e un’immediata presa in carico della persona e della sua famiglia. Pensiamo fermamente che la Casa di Comunità possa garantire la natura pubblica del sistema. Luogo unico di accesso, di prossimità delle cure, un luogo che consente ai cittadini di poter partecipare alla vita della Casa di comunità, nella cornice del Distretto. E tutto questo è previsto nel Dm 77, sbagliato demolirlo a priori”.

Zampa si rammarica infine per la mancata riforma della medicina generale: “Non è stato possibile portarla avanti, è arrivata all’ultimo soffio ma poi è caduto il Governo. Ma a ben vedere sia nel nuovo Acn sia nel Dm 77 ci sono indicazioni importanti in grado di produrre atti regionali per scavalcare la mancata riforma”.  Ha poi ricordato come nel programma del Pd ci sia un paragrafo sul Distretto e sulla Case di Comunità: “Ma non ho visto altrettanto negli altri programmi”.

Infine come arrivare alla realizzazione di quanto previsto entro il 2026? Per Zampa è tutta una questione di “volontà politica”: “Cambia le cose e sono convinta che quanto abbiamo scritto nel nostro documento è realizzabile”.

Quanto all’autonomia regionale Zampa non ha dubbi: “La sanità va stralciata del progetto di legge sulla nuova autonomia presentato dalla Gelmini. Ci deve essere invece un grande rafforzamento del ministero della Salute. La sanità pubblica è sostenibile e questa è una scelta politica. Non può continuare a decidere il Mef”.

Ester Maragò

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