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Gentile Direttore, I medici in formazione, alias specializzandi, dimenticati per lungo tempo dalle istituzioni e dall’opinione pubblica, rappresentano una risorsa Imprescindibile per tutto il sistema delle cure, una risorsa da curare e far crescere professionalmente, una risorsa che con il tempo sta diventando merce inflazionata, da merce rara che era. I numeri sono lì a dimostrarlo: nel periodo 2019-2022 sono stati messi a concorso oltre 56000 contratti di formazione specialistica, azzerando, o quasi, l’imbuto formativo ma creando le premesse per un imbuto lavorativo. Il loro avviamento al lavoro, prossimo e massiccio, però, non può prescindere dal corretto inquadramento giuridico e contrattuale, sul quale occorre essere chiari. Proporre contratti libero professionali, come fa la FIASO, e non solo, a una categoria di medici che svolge il periodo di formazione post laurea priva dei diritti fondamentali di ogni lavoratore (perchè tali sono, e non studenti come si ostina a considerarli l’Università) significa continuare a privilegiare un precariato di lungo corso, senza tutele e senza diritti. Ferie, maternità, malattia, riposo, carriera, sono termini sconosciuti nella legislazione attuale del medico in formazione. Il precariato in sanità è una esperienza già fatta, che qualcuno vorrebbe ripetere per inglobare nelle strutture ospedaliere i medici in formazione, senza fornire loro un dignitoso e regolare contratto di lavoro. L’Anaao da sempre ha manifestato contrarietà ai contratti libero professionali, che riteniamo il cavallo di Troia per diffondere la precarizzazione, sdoganati dal dramma covid e dal conseguente stato di emergenza e domani legittimati come metodo ordinario di reclutamento, sia pure nella veste di soluzione emergenziale e di breve periodo. Ma, si sa, non c’è niente di piu definitivo di quello che nasce come transitorio. Non può e non deve essere cosi per i medici e i dirigenti sanitari dipendenti del ssn. Abbiamo bisogno, oggi più che mai, di lavoro nuovo e stabile, anche ai fini di garantire la continuità assistenziale, nei nostri ospedali, martoriati dall’abbandono dei medici, in crisi organizzativa e strutturale. E la stabilità non può prescindere da corrette regole di ingaggio anche per le nuove generazioni di medici. Tra l’altro, l’ingresso degli specializzandi, i quasi specialisti, in ospedale è già previsto dal Dlgs Calabria che dal prossimo anno potrà contare su una platea di 22000 concorrenti, tra specialisti e specializzandi, reclutabili attraverso concorso (da liberare, certo, dalla lentezza nell’espletamento e da legacci e pastoie burocratiche che oggi ne limitano l’utilizzo dilatando i tempi). Nel 2024 saranno quasi 40000 i medici in possesso dei requisiti richiesti per la partecipazione ai concorsi di reclutamento secondo il decreto Calabria. Si tratta allora di applicare la legge, con opportuni incentivi e vincendo le resistenze della università, ormai sempre più padrona delle strutture ospedaliere. Non è certo il momento di stravolgere quei diritti che cerchiamo di far acquisire agli specializzandi, attraverso una tipologia ed un rapporto giuridico che ci appaiono naturali per un medico ospedaliero. Senza agitare conflitti tra cassette previdenziali, perchè il problema non è l’ente cui versare contributi, ma assicurare eguali diritti a chi lavora nello stesso luogo e con le stesse mansioni. Non commettiamo l’errore del ritorno al passato nella logica del cambiare tutto per non cambiare niente, pensando che solo cosi si possano risolvere problemi ancestrali. Insomma, per trovare soluzione alla carenza di specialisti non è il tipo di inquadramento giuridico da porre in discussione, che non può che essere il contratto di dipendenza all’interno del CCNL della dirigenza, bensì la regolarità con la quale le università accettano di consentire, senza ricatti più o meno velati, ai medici specializzandi di continuare il loro iter formativo nelle strutture del SSN. Senza un atto di responsabilità delle università difficilmente si riuscirà a risolvere i problemi del breve periodo. Irricevibile poi la proposta di reclutare con incarico libero professionale nel sistema ospedaliero i medici laureati, azzerando il capitale formativo che i medici ospedalieri hanno nei confronti degli altri profili professionali, vero baluardo contro la destrutturazione della professione. È ingiustificabile, se non con l’ossessione di pagare il lavoro medico ospedaliero al massimo ribasso, raccontare che un laureato può smaltire le liste di attesa in oculistica o cardiologia. O, perchè no, in cardiochirurgia. Senza contare la competizione con gli specialisti che si preparano a entrare nel mercato del lavoro e il rischio del dumping retributivo di cui, certo, le Aziende non si dispiacerebbero. Comunque sia, i medici in formazione specialistica meritano di essere rispettati, meritano che le generazioni attuali non distruggano il futuro di chi oggi sta contribuendo a mantenere la garanzia del diritto alla salute dei cittadini. Di oggi e di domani. In fondo, il Covid dovrebbe avere insegnato che solo con il lavoro di squadra si possono ottenere grandi risultati, senza guerre tra poveri e pasticci legislativi, utili solo a mantenere qualche piccola posizione o riconoscimento. Pierino Di Silverio
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Mercoledì 14 SETTEMBRE 2022
I medici in formazione specialistica vanno rispettati
la carenza drammatica di medici specialisti (non di laureati in Medicina, per i quali siamo, in rapporto agli abitanti, ai primi posti in Europa, con buona pace di chi grida alla abolizione del numero chiuso) per gli ospedali italiani, aguzza l’ingegno, o la fantasia. In questi giorni, leggiamo di proposte inerenti le modalità per tappare il buco grazie all’uovo di Colombo dell’incarico libero professionale ai medici specializzandi o, addirittura, ai laureati, in maniera straordinaria e temporanea, si capisce. Proposte di varia fonte, e di varia natura, che testimoniano che il futuro, se non il presente dei medici dipendenti, sta diventando argomento di dibattito.
Segretario Nazionale Anaao Assomed
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