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Giovedì 29 SETTEMBRE 2022
Distrofia muscolare di Becker. Impiantato per la prima volta in Italia dispositivo CCM

L’intervento per l’impianto del dispositivo di “modulazione contrattilità cardiaca”, andato bene, è stato effettuato in extrema ratio dal team di aritmologia e cardiostimolazione dell’Uo di Cardiologia dell’ospedale San Martino di Oristano. Dettori: “Si auspica che l’impianto del Ccm sul paziente possa potenziare l’azione del farmaco levosimendan per arrivare, magari in un futuro, a poterlo sospendere. L’obiettivo è il miglioramento della qualità di vita del paziente”

L’équipe della Struttura complessa di Cardiologia dell’ospedale San Martino di Oristano ha eseguito un intervento d’eccezione, in extrema ratio, impiantando un dispositivo CCM per la modulazione della contrattilità cardiaca su di un paziente affetto da una malattia rara, la distrofia muscolare di Becker, seguito da tempo dai medici del reparto. Si tratterebbe della prima volta, in Italia, per questo tipo di intervento su un paziente così fragile. Un intervento non menzionato ancora in letteratura scientifica ma che potrebbe portare al sorgere di nuove speranze di cura per migliorare la qualità di vita anche di questi pazienti.

Si è trattato di un intervento particolarmente complesso viste le condizioni critiche del paziente, ed è stato effettuato dal team di aritmologia e cardiostimolazione dell’Unità operativa di Cardiologia diretto dal direttore Francesco Dettori, e coadiuvato dal resto dell’equipe, i medici Giampaolo Sanna e Sara Frascaro e le infermiere Caterina Angioi e Francesca Faedda.

“La distrofia muscolare di Becker – spiega a Quotidiano Sanità il direttore dell’Unità operativa di Cardiologia - è una malattia genetica, legata al cromosoma X, che colpisce circa 2/3 uomini ogni 100.000 abitanti e che ha, tra le conseguenze, la cardiomiopatia dilatativa ed il conseguente scompenso cardiaco. La sua caratteristica è quella di essere refrattario alle comuni terapie e, in questi pazienti, è quasi sempre impossibile anche il trapianto cardiaco. Ciò comporta una elevata mortalità in età giovanile”.

“Il dispositivo CCM – prosegue il cardiologo - è già conosciuto e utilizzato per alcuni casi particolarissimi di scompenso cardiaco. E’ però è la prima volta che si utilizza sperimentalmente in un paziente con la distrofia muscolare di Becker. Il nostro paziente che, tra l’altro, rispondeva in maniera parziale al levosimendan, il farmaco Ca2+-sensitizzante che agisce sui canali del calcio intracellulari, migliorando la contrattilità miocardica attraverso l’aumento della sensibilità della troponina C al Ca2+, senza indurre variazioni dei livelli citoplasmatici del Ca2+ stesso. Un meccanismo che ora il paziente condivide anche con il dispositivo cardiaco”. 

“Finalità del CCM infatti – evidenzia Dettori - è quella di potenziare l’azione del farmaco per arrivare, magari in un futuro, a poterlo sospendere, facendo in modo che il paziente stia soggettivamente meglio e quindi migliorando la sua qualità di vita. Per il momento abbiamo avviato lo studio solo su questo paziente con l’impianto del dispositivo come extrema ratio, per verificare se effettivamente riusciamo a svezzare il paziente da questo farmaco che richiede lunghe infusioni, anche per 24 ore, per una volta al mese. L’auspicio è quello di migliorare quindi la sua qualità della vita in questo senso, e migliorarla anche in termini di sopportazione dello sforzo fisico e dunque di limitazione della dispnea da sforzo e di tutti i sintomi correlati allo scompenso cardiaco”. 

“Il paziente verrà sottoposto ad uno stretto follow up ecografico di II livello – approfondisce il direttore -, in maniera tale da verificare non solo il questionario che forniremo al paziente per la valutazione della qualità della vita, ma anche attraverso i dati oggettivi ecografici, che possono supportare  l’utilizzo di questo dispositivo, se avremo dei risultati accettabili per poter estendere questo tipo di intervento anche in altri pazienti. Da tener presente inoltre che il nostro paziente che ha già un defibrillatore, seguito da noi da tempo, non poteva ricevere l’impianto di una stimolazione biventricolare perché non aveva i criteri. L’unica strada percorribile da tentare è stata appunto quella del CCM, della modulazione della contrattilità cardiaca, che migliora il funzionamento del cuore e rallenta la progressione della patologia”.

“Abbiamo dunque sperimentato in maniera pionieristica l’utilizzo di tecnologie avanzate per indicazioni non usuali – afferma in conclusione Dettori –. Il paziente, che ha superato brillantemente l’intervento, è stato preso in carico dall’ambulatorio dedicato allo scompenso cardiaco e dal laboratorio di ecocardiografia di II livello, che operano presso la stessa struttura grazie ai medici Marina Meloni, Simona Aramu, Laura Sanna, Franca Liggi, Stefania Palmas, Giuseppina Giau. Adesso l’augurio di tutti noi è che possa riprendere  una vita serena”.

Elisabetta Caredda

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