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Lunedì 10 OTTOBRE 2022
Salute mentale. Perché serve un’Agenzia nazionale

La rete dei servizi pubblici di salute mentale appare sempre più povera, sempre meno capace di intercettare disagio psichico giovanile che in particolare con la pandemia rappresenta una vera e propria emergenza. Una situazione paradossale a cui serve mettere mano con una urgenza assoluta. E il primo passo è fare il punto e attivare una Agenzia Nazionale per la Salute Mentale che possa rivedere a 360° il settore e che solo un governo politico, con di fronte una nuova legislatura, può programmare

Il prossimo Governo deve avere ben chiaro che se si vuole ‘salvare’ il sistema salute dell’Italia dalle crisi sanitarie, pandemiche e ora anche economiche, questo deve iniziare, prima di ogni altro settore, da un intervento dedicato alla salute mentale.

Siamo già entrati in una fase sociale in cui migliaia di famiglie, di aziende, di imprenditori, di cittadini vedono il proprio lavoro, il proprio futuro a rischio. E le conseguenze di questo saranno psichiche, subito dopo che economiche.

Ogni anno 84 milioni di europei sono colpiti da un problema di salute mentale, circa 80 mila persone muoiono per disturbi mentali e in seguito di suicidio. La pandemia ha peggiorato la salute mentale globale per coloro che già prima erano in evidente difficoltà di accesso alle cure, ora che i disturbi sono molto aumentati sono ancor di più le persone che non ricevono un trattamento tempestivo e adeguato a causa di atteggiamenti negativi verso i servizi di salute mentale, i suoi strumenti di cura con divari ancora molto evidenti tra i vari Paesi dell'Unione Europea. Tutto questo mentre si conferma la stima che entro il 2030 i disturbi depressivi saranno la principale causa di disabilità nei Paesi ad alto reddito.

 Nonostante questi numeri ben noti, in Italia da anni stiamo osservando un progressivo cedimento strutturale di molte delle articolazioni territoriali e ospedaliere della salute mentale: un calo dei dipartimenti da 183 a 141, una riduzione significativa dei posti letto nei reparti ospedalieri attorno al 10% (-400), un aumento di tutte le situazioni residenziali e di non restituzione alla vita normale.

La conferenza Stato-Regioni ha (aveva) fissato al 5% la quota destinata alla salute mentale del fondo sanitario nazionale che per il 2022 è di 122 miliardi di euro. Non solo una percentuale ampiamente insufficiente (in Europa siamo al 10%), ma regolarmente disattesa, una chimera: la media di stanziamento effettiva delle Regioni è infatti di circa il 3% in media.

Gli utenti sono scesi in maniera inesorabile dagli 850.000 del 2017 a meno di 730.000 nel 2020 di cui un’ampia percentuale al di sopra dei 45 anni e questo non è un buon segno in quanto indicatore di una lenta perdita di appeal per le strutture pubbliche con un evidente danno a tutta la salute mentale

A tutto questo si aggiunge la fuga del personale medico e infermieristico da dipartimenti già sotto organico da anni, tanto che nel 2025 mancheranno altri 1000 psichiatri tra pensionamenti e dimissioni come emerge da uno studio recente di Anaao-Assomed e circa 9000 tra infermieri, psicologi, assistenti sociali, terapisti della riabilitazione.

Tali condizioni di impoverimento hanno provocato un rallentamento dell’integrazione sociosanitaria, il supporto all’abitare, l’inclusione lavorativa. Si sono di fatto perse di vista una serie di opportunità di recupero delle persone sofferenti venendo meno quello che dovrebbe essere il perno centrale di una politica sanitaria pubblica.

La rete dei servizi pubblici di salute mentale appare sempre più povera, sempre meno capace di intercettare disagio psichico giovanile che in particolare con la pandemia rappresenta una vera e propria emergenza.

Una situazione paradossale a cui serve mettere mano con una urgenza assoluta. E il primo passo - a 44 anni dalla riforma psichiatrica - è fare il punto e attivare una Agenzia Nazionale per la Salute Mentale che possa rivedere a 360° il settore e che solo un governo politico, con di fronte una nuova legislatura, può programmare. I valori dovranno essere quelli dell’Agenzia Nazionale per la Coesione Territoriale. Il Governo che lo farà sarà il primo a dichiarare la salute mentale un diritto fondamentale delle persone. Un lascito di civiltà alle future generazioni.

Tutto questo dopo aver riconosciuto il bisogno di salute mentale dentro l’attuale PNRR. Perché, per adesso i DM 70 e DM 71 sono solo enunciazioni, e nessuna di queste forme di investimento prevede nuovo personale o finanzia servizi territoriali, fondamenti di una comunità prossima e solidale.

Un’Agenzia Nazionale, dunque, che coordini le attività indispensabili per far fronte ai bisogni di salute mentale del Paese, e le Regioni, perché garantiscano standard di qualità confrontabili per l’assistenza psichiatrica e percorsi di diagnosi, cura e assistenza (PDTA) condivisi, perché vengano garantiti livelli di cura e assistenza di provata efficacia e resi esigibili in tutti i dipartimenti di salute mentale e delle dipendenze con modelli di intervento fondati su evidenze che assicurino concreti risultati di cure. Un'Agenzia Nazionale che promuova la salute mentale, con fondi a favore di progetti di prevenzione ma anche di cultura ed educazione a partire dalle scuole.

Un’Agenzia Nazionale che si preoccupi della salute psichica e fisica della donna in gravidanza, di combattere la povertà materiale e sociale, di garantire assistenza al parto riducendo i rischi connessi, di promuovere screening nelle scuole, a dimostrazione dell’importanza di riconoscimento precoce di traiettorie che possono diventare patologiche sia nell’ambito dei disturbi affettivi (depressione disturbi bipolari) che dei disturbi del neurosviluppo (autismo, ADHD, esordi psicotici).

Infine un’Agenzia Nazionale che sancisca che per difendere il diritto alla salute e garantire la sua esigibilità è indispensabile anche mettere a disposizione risorse di personale.

Non c’è più tempo per tergiversare su questo tema. 

Claudio Mencacci e Matteo Balestrieri
Presidenti Sinfp – Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia

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