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Giovedì 01 DICEMBRE 2022
Le idee del Ministro Schillaci su ospedali e territorio sono ancora confuse... anche perché non sempre viene aiutato



Gentile Direttore,
comincio ad apprezzare il Ministro Schillaci che ce la mette tutta nel suo doppio impegno: farsi una idea di come affrontare la grave crisi del Servizio Sanitario Nazionale e dare una immagine impegnata del Governo sui temi della sanità, visto che il Presidente del Consiglio ha presto rivelato di non avere al riguardo alcuna idea.

In questo suo impegno il Ministro rilascia continuamente dichiarazioni evidente frutto dello studio che sta facendo dei vari dossier, studio che - ha dichiarato - è il suo metodo di lavoro. Le sue dichiarazioni sono quindi utili per ricostruire lo stato di avanzamento delle riflessioni che sta facendo in collaborazione col suo staff.

Nelle sue ultime dichiarazioni riportate puntualmente qui su QS ha toccato prima il tema della riforma del territorio. Lo ha fatto in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università del Molise ai margini della quale ha affermato che: “E' evidente che oggi la sanità pubblica va riorganizzata, perché il Covid ha dimostrato quanto sia fragile la rete dell'assistenza e della cura in molte regioni. Siamo ancora in un sistema sanitario basato fortemente sugli ospedali e bisogna avere delle idee innovative per far sì che il territorio possa farsi carico di tanti problemi che oggi finiscono negli ospedali, causando tanti di servizi”.

In questa dichiarazione ha espresso dunque sia una posizione critica nei confronti dello sbilanciamento tra ospedale e territorio (a netto favore del primo) che l’esigenza di un approccio innovativo alle reti assistenziali, innovazione che per logica dovrebbe riguardare sia il territorio che l’ospedale.

Poi in una successiva più recente occasione, una intervista su Repubblica, apparsa ieri come riportato qui su QS, il Ministro ha parlato sia delle Case della Comunità che delle liste d’attesa. Sulle Case della Comunità ha affermato “Il problema vero è l'integrazione con medici di famiglia e farmacie e la dotazione di personale. Noi vorremmo farne dei centri di riferimento per quei pazienti cronici che non dovrebbero finire in ospedale, come succede ora”.

Ancora una volta c’è il solito grande presente (le farmacie territoriali sempre citate per far contento, immagino, il Sottosegretario Gemmato) e il grande assente (tutti gli altri professionisti a partire dall’infermiere di comunità).

Sulle liste di attesa ha affermato invece che il problema è “più che altro organizzativo, nel senso che comunque gli organici dei medici, al di là di alcune discipline che sono in difficoltà, non sono inferiori a quelli di altri Paesi. Comunque, non è che da un giorno all'altro possiamo trovare più dottori, visto che come tutti sanno ci vuole tempo per formarli. Bisogna così incentivare, economicamente, la presenza in ospedale dei professionisti per più ore. In generale, sarà necessario procedere a una rivalutazione del trattamento economico di tutto il personale medico e sanitario”.

Il messaggio in questo caso è completamente diverso da quello dell’altro intervento: sul territorio è stato espresso un tiepido sostegno alle Case della Comunità e sull’ospedale la risposta sarebbe garantire più presenza di operatori meglio retribuiti. Al che, giustamente, i sindacati medici, sempre su Repubblica, hanno fatto presente che servono rinforzi e non aumenti.

Si vede bene sia che il Ministro abbia voglia di capire, sia che le sue idee siano ancora incerte e confuse. Si vede anche, purtroppo, che non è che gli venga dalle rappresentanze dei medici un grande aiuto né sul versante delle innovazioni sul territorio né sul versante delle innovazioni sulle reti ospedaliere.

Sul territorio è tutto un fiorire di posizioni contro le Case della Comunità. Solo a citare le ultime riportate qui su QS: quella del Sindacato Medici Italiani e quella della Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale, il cui Segretario Generale dott. Scotti ha liquidato il modello delle Case di Comunità ringraziando il ministro Schillaci e il sottosegretario Gemmato “per aver sin da subito improntato l’evoluzione di riforma dell’assistenza territoriale a partire dai professionisti e non da un sistema funzionariale che probamente non ha idea di come si organizza un’assistenza territoriale degna di questo nome in termini di prossimità, fiduciarietà ed efficienza e soprattutto per la reale sopravvivenza del nostro SSN”.

Non è che le cose vadano meglio sul versante ospedaliero, a proposito del quale in un loro comunicato congiunto i sindacati della dirigenza medica e sanitaria hanno di recente affermato che "Anche sulla rete degli ospedali occorre intervenire con urgenza, poiché le logiche del DM 70/2015 che tutt’oggi la governano risultano superate e fallimentari, avendo prodotto, negli anni, razionalizzazioni e ottimizzazioni che altro non sono che tagli tesi a ridurre drasticamente l’offerta sanitaria per i cittadini.”

Quello che sembra emergere da queste autorevolissime posizioni sul fronte medico è, oltre alla sacrosanta richiesta di migliori condizioni di lavoro da tutti i punti di vista, la scelta di cercare un rapporto diretto col Ministro Schillaci e con il Sottosegretario con cui concordare i modelli programmatori e organizzativi dei servizi territoriali e ospedalieri saltando i riferimenti istituzionali e professionali che dovrebbero supportare questo tipo di scelte.

In questo contesto, per i rappresentanti dei medici, le Case della Comunità possono essere liquidate come un “sistema funzionariale” e gli ospedali secondo il DM 70 possono essere liquidati come realtà “superate e fallimentari”.

I rappresentanti dei medici hanno un grande peso in questa fase com’è giusto che sia. L’auspicio è che lo sfruttino al meglio aiutando il Ministro a trovare buone soluzioni per i gravi problemi che affliggono il nostro SSN. Posizioni come quelle che ho riportato forse potrebbero rese più propositive e innovative. Sarebbe il momento buono per farlo.

Claudio Maria Maffei

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