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Martedì 06 DICEMBRE 2022
Ospedali. Quelli del Centro Sud, per la prima volta, primeggiano. Ecco i migliori divisi per specialità. Il nuovo Programma nazionale esiti

Il nuovo rapporto 2021 sulle performance degli ospedali del Ssn mostra una ripresa delle attività in tutti i settori dopo il rallentamento dovuto alla pandemia anche se siamo ancora lontano dai livelli pre pandemici: in numeri, 1 milione e 200 mila ricoveri in meno rispetto al 2019, che sommati al milione e 700 mila ricoveri non effettuati nel 2020 si sono tradotti in ben 2 milioni e 900 mila ricoveri persi. Ma il 2021 è anche l’anno in cui molte realtà del Centro Sud hanno alzato la testa grazie a correttivi apportati nel tempo in alcune aree specialistiche lasciando a volte indietro il virtuoso Nord (imbattibile invece per quanto riguarda la chirurgia oncologica)

Una ripresa del numero dei ricoveri (+501.158 rispetto al 2020), una capacità di dare risposte tempestive alle cure urgenti, nonostante gli stop and go dell‘ondata pandemica, come dimostrano i dati positivi delle angioplastiche coronariche entro i 90 minuti nei casi di infarto più gravi e la riduzione della mortalità a 30 giorni per infarto. E ancora, un recupero in volata di alcuni interventi oncologici, primi tra tutti quelli per il tumore della mammella.

Ha reagito così il sistema di cure pubblico e privato nel 2021, rimasto comunque ancora lontano dai livelli pre pandemici: in numeri, 1 milione e 200 mila ricoveri in meno rispetto al 2019, che sommati al milione e 700 mila ricoveri non effettuati nel 2020 si sono tradotti in ben 2 milioni e 900 mila ricoveri persi.

Un anno caratterizzato inoltre da una grande eterogeneità non solo interregionale ma anche e soprattutto intraregionale, oltre che da un’estrema frammentazione della casistica.

Ma anche l’anno in cui molte realtà del Centro Sud hanno alzato la testa grazie a correttivi apportati nel tempo in alcune aree specialistiche: tante Aziende hanno infatti fatto gol lasciando a volte indietro il virtuoso Nord (imbattibile invece per quanto riguarda la chirurgia oncologica).

Tra le prime 10 strutture che hanno proporzioni più elevate di angioplastica primaria garantita entro i 90 minuti, indice di appropriatezza e tempestività, sette sono nel Centro Sud. Tra le prime dieci strutture con la più bassa mortalità a 30 giorni dopo un intervento per bypass aortocoronarico isolato sono invece cinque. Sono sempre del Centro Sud sei Aziende su dieci con le proporzioni più elevate di pazienti operati entro 48 ore per frattura al femore.

Questa la fotografia del 2021 scattata da Agenas, che ha presentato oggi, alla presenza del Ministro della Salute Orazio Schillaci, i risultati dell’Edizione 2022 del Programma Nazionale Esiti (PNE).

Un Pne che, a dieci anni dal suo debutto ufficiale, alza ulteriormente l’asticella e si presenta con novità sfidanti. Aumenta infatti il numero degli indicatori considerati: dai 184 della precedente edizione si passa a 194 indicatori (erano 177 nel 2020 e 42 nel 2012), di cui: 171 relativi all’assistenza ospedaliera (73 di esito/processo, 83 di volume di attività e 15 di ospedalizzazione); 23 relativi all’assistenza territoriale, valutata indirettamente in termini di ospedalizzazione evitabile (14 indicatori), esiti a lungo termine (5) e accessi impropri in pronto soccorso (4).

Consolida l’attenzione al capitolo delle disuguaglianze nell’assistenza sanitaria, in particolare quelle di genere e quelle relative alla popolazione straniera residente in Italia.
Offre un supporto alle strutture nell’ambito di percorsi integrati di audit, attraverso gli indicatori del treemap che stringono sempre più le maglie delle criticità sugli esiti o dei processi clinico assistenziali consentendo di attivare i giusti correttivi.

Ma quella sicuramente più ghiotta è l’annuncio dell’avvio di un nuovo programma di valutazione delle direzioni strategiche: sotto la lente di Agenas finiranno anche le performance di manager, direttori amministrativi e sanitari e del middle management delle Aziende.

E ancora, quest’anno Agenas, per la prima volta, premia anche le due migliori strutture che hanno raggiunto una qualità alta o molto alta per tutti gli indicatori considerati: l’Aou Ospedali riuniti “Umberto I - G. M. Lancisi” di Ancona e l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano.

“Gli indicatori utilizzati – spiega Enrico Coscioni, Presidente Agenas – sono stati definiti allo scopo di mostrare ai vari stakeholder quali risultati si possono raggiungere e quali sono invece le difficoltà del sistema, attraverso la valutazione comparativa tra le strutture e tra le aree territoriali. Le evidenze scientifiche e i risultati forniti dal PNE confermano come la pubblicazione dei dati di esito sia uno strumento fondamentale di governo del sistema per migliorare la qualità delle cure, intervenendo su criticità assistenziali ed evitando il ripetersi delle problematiche, al fine di valutare appieno il percorso di cura dei pazienti, rendere le misure sempre più puntuali e individuare con miglior precisione le strutture più virtuose, da prendere come benchmark per il miglioramento”.

Il Programma si presenta come uno strumento strategico per impiegare in maniera ottimale le risorse stanziate in attuazione del Pnrr. “Il PNE – dichiara Domenico Mantoan, Direttore Generale di Agenas – ha evidenziato i principali elementi da considerare per sostenere la riorganizzazione del Ssn dopo la pandemia e per contribuire alla diffusione delle buone prassi esistenti e orientare il cambiamento. L’opportunità offerta dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza richiede uno sforzo programmatorio di ampio respiro in cui le Regioni e le singole strutture sono chiamate a svolgere un ruolo concreto. Per impiegare in maniera ottimale le risorse stanziate in attuazione del Pnrr, occorre una riorganizzazione dell’offerta sanitaria in grado di realizzare un sistema che dia risposte puntuali ai bisogni di prevenzione e assistenza della popolazione. Tale strada – aggiunge – può essere percorsa solo attraverso una concreta sinergia tra i vari livelli di governance del sistema”.

Soprattutto diventa sempre più chirurgico. “Da quest’anno – aggiunge Mantoan – il Pne rafforza il supporto concreto offerto alle strutture sanitarie: a partire dagli indicatori del treemap, che permettono di fornire una valutazione sintetica della singola struttura negli ambiti nosologici considerati, verranno segnalate le realtà che presentano delle criticità negli esiti o nei processi clinico-assistenziali. Inoltre, le Regioni e le strutture potranno richiedere un affiancamento fattivo da parte di Agenas, nell’ambito di percorsi integrati di audit, per intervenire direttamente sul campo con la collaborazione di tutti gli stakeholders, al fine di superare le criticità e favorire il miglioramento”.

Qual è il quadro generale emerso? Il Pne 2021 passa al setaccio l’attività assistenziale effettuata nel 2021 da 1.377 ospedali pubblici e privati, oltre a quella dal 2015 al 2021 per la ricostruzione dei trend temporali. E sul solco di quanto tracciato nella precedente edizione, ha cercato di cogliere e valutare in che modo il Covid-19 abbia impattato sul sistema dei servizi e quali cambiamenti abbia prodotto rispetto al periodo prepandemico, nelle specifiche aree cliniche, nonché alle dinamiche pubblico-privato accreditato.

Nel 2021, la macchina si è rimessa in moto, con una lieve ripresa delle ospedalizzazioni (500 mila ricoveri in più rispetto al 2020). Ma il numero di ricoveri urgenti è stato inferiore al valore atteso sulla base dei trend pre pandemici: -10% per l’infarto miocardico acuto (circa 11.300 ricoveri in meno rispetto al 2019) e -6% per la frattura di femore (circa 5.800 ricoveri in meno).

Inoltre la tempestività di accesso ai trattamenti urgenti rimane al di sotto degli standard assistenziali previsti dal Dm 70, in oltre la metà delle strutture italiane. E così non superano la soglia prevista del 60% la proporzione di pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica (PTCA) entro 90 minuti dal ricovero: rimane in media al 50,6%; mentre quella degli anziani con frattura di femore operati entro 48 ore si ferma al 48,6%.

Soprattutto per questi indicatori si registra una grande variabilità intraregionale e interregionale oltre che una significative differenze di genere, con condizioni di svantaggio a carico delle donne per l’angioplastica coronarica e degli uomini per gli interventi su frattura di femore.

Si è leggermente ridotta rispetto al 2020 la mortalità a 30 giorni per infarto (7,7% vs. 8,4%), con riavvicinamento al trend prepandemico (valore atteso pari a 7,3%). La mortalità a 30 giorni dal ricovero per frattura di femore è rimasta stabile rispetto al 2020 (6,4% vs. 6,6%), ma è comunque più elevata rispetto al periodo prepandemico (5,1% nel 2019).

Sono diminuiti gli interventi di bypass aorto-coronarico isolato: -1.900 ricoveri; nel biennio 2020-2021, lo scostamento complessivo rispetto al trend è di circa 5 mila ricoveri. Inoltre i 2/3 degli interventi sono stati effettuati in strutture al di sotto della soglia prevista dal Dm 70 (200 interventi/anno).

L’area muscolo-scheletrica ha invece spinto sull’acceleratore, soprattutto nel privato accreditato. C’è stato un aumento delle attività programmate, rispetto al 2020, di 18 mila interventi di protesi d’anca e 14 mila interventi di protesi di ginocchio. Certo il gap, rispetto ai livelli prepandemici, non è stato ancora colmato: nel biennio 2020-2021, la perdita complessiva rispetto al trend è stimabile in circa 27 mila interventi di protesi d’anca e 39 mila interventi di protesi di ginocchio.

Crollano invece del 31% le attività chirurgiche “a ciclo breve” (come la colecistectomia laparoscopica), rimane particolarmente penalizzata la modalità di ricovero in Day Surgery nonostante la forte ascesa registrata nel periodo 2015-2019.

I tagli cesarei rimangono il tallone d’Achille dell’area materno-infantile. Permane una marcata inappropriatezza: nel 2021, solo il 14,1% delle maternità con meno di 1.000 parti/anno e il 69,7% di quelle con volumi superiori a mille hanno fatto registrare proporzioni di tagli cesarei in linea con il DM 70. Si mantengono, inoltre, basse proporzioni di parti vaginali dopo pregresso cesareo, con valore mediano a livello nazionale pari a 6,7% e un marcato gradiente Nord-Sud.

Non mancano buone notizie, come quelle in ambito oncologico: l’attività ha fatto registrare nel 2021 importanti segnali di ripresa. Ad esempio, le ospedalizzazioni per tumore maligno della mammella, che nel 2020 si erano ridotte dell’11% (circa 6 mila interventi in meno rispetto all’atteso), sono tornate ai livelli prepandemici. Inoltre il 74% degli interventi è stato effettuato in unità operative che hanno rispettato la soglia prevista dal DM 70/2015 (in aumento rispetto al 67% del 2020). Se si considera il volume per operatore, la quota di interventi effettuati da operatori esperti (≥50 interventi/anno) è pari al 70%.

Vediamo quali sono i dati più rappresentativi delle performance degli ospedali

Area cardio e cerebro-vascolare

Infarto miocardico acuto (Ima): crescono di poco i ricoveri, scende la mortalità a 30 giorni
Nel 2021, si è registrato un lieve aumento dei ricoveri (circa 900 in più rispetto al 2020), ma con una riduzione rispetto al valore atteso in base al trend prepandemico di -11.300 ricoveri. Nel biennio 2020-2021, la diminuzione complessiva rispetto al trend è stimabile in -26 mila ricoveri. Una riduzione correlabile, come già ipotizzato lo scorso anno, ad una minore esposizione a fattori trigger quali l’inquinamento atmosferico e l’attività frenetica, ridotti durante il lockdown ma anche ad un minore accesso in ospedale dei quadri clinici meno gravi.

Quest’ultima ipotesi troverebbe riscontro nel dato di mortalità a 30 giorni, che lo scorso anno aveva fatto registrare un aumento probabilmente per effetto della selezione della casistica verso quadri di maggiore gravità, mentre il 2021 tende alla normalizzazione con una riduzione rispetto al 2020 (7,7% vs. 8,4%) e un riallineamento al trend (valore atteso pari a 7,3%).

Inoltre nel caso dell’infarto, rilevano gli analisti di Agenas, l’utilizzo di nuove variabili cliniche aggiuntive ha consentito di modificare significativamente il ranking delle strutture nella metà delle 357 valutate per questo indicatore. Insomma quest’anno, se qualcuno è migliorato, al contrario chi pensava di aver fatto bene ha dovuto rivedere i suoi risultati. E così il 48% delle strutture cambia ranking di almeno 25 posizioni, in particolare, si registra un miglioramento per 73 strutture e un peggioramento per 100 strutture.

Ima, stabile la tempestività di accesso (entro 90’) all’angioplastica coronarica
Per quanto riguarda la tempestività di accesso all’angioplastica coronarica (PTCA) nei casi di infarto Stemi, la proporzione di interventi effettuata entro 90’ è rimasta complessivamente costante nel biennio, passando da un valore medio di 49,9% nel 2020 a 50,6% nel 2021, anche se al di sotto del 60%, standard previsto dal Dm 70. Emerge una spiccata eterogeneità tra le strutture, con una variabilità intraregionale superiore a quella interregionale.
Considerando le strutture con almeno 100 infarti che necessitano di PTCA tempestiva, 60 strutture su 148 raggiungono la soglia del 60%.

Le 10 strutture che hanno proporzioni più elevate di angioplastica primaria garantita entro 90 minuti sono:
  1. Presidio Ospedaliero “Ospedale del Mare” di Napoli,
  2. Azienda Ospedaliera Universitaria “Policlinico Tor Vergata” di Roma,
  3. Ospedale “Fabrizio Spaziani” di Frosinone,
  4. Polo Ospedaliero “Giovanni Paolo II” di Sciacca,
  5. Ospedale “Maria Vittoria” di Torino,
  6. P.O.”S. Antonio Abate” di Erice,
  7. Ospedale Centrale di Bolzano,
  8. Aou ”Mater Domini” di Catanzaro,
  9. P.O. “Maria Santissima Addo-lorata” di Eboli,
  10. Ospedale “Infermi di Rimini”.


Bypass aorto-coronarico isolato (BAC): in recupero i ricoveri, mortalità a 30 giorni in leggero aumento. Permane una frammentazione della casistica
Parziale recupero del gap degli interventi di bypass rispetto al 2020, anche se rimane uno scostamento dal trend del -14% (circa 1.900 ricoveri in meno). Complessivamente nel biennio 2020-2021, sono stati 5 mila i ricoveri persi.

Relativamente alla soglia dei 200 interventi/anno indicata dal Dm 70, si registra un lieve aumento delle strutture che superano la soglia (15 rispetto alle 10 del 2020), a fronte di un numero di cardiochirurgie lievemente ridotto (108 nel 2019 vs. 101 nel 2021).

Il valore corrispondente di casistica nelle strutture sopra soglia è stato nel 2021 pari al 33% del volume complessivo: i 2/3 degli interventi, dunque, sono stati realizzati in strutture al di sotto della soglia prevista.

Le strutture che hanno effettuato 200 o più interventi di BAC sono:
  1. Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” di Roma,
  2. Policlinico Universitario “Campus Biomedico” di Roma,
  3. Villa Maria Cecilia Hospital di Cotignola (RA),
  4. Aoor “San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona” di Salerno,
  5. Ospedale “Del Cuore G. Pasquinucci” di Pisa,
  6. P.O. “SS. Annunziata” di Chieti,
  7. Ospedale di Treviso,
  8. Ospedale di Vicenza,
  9. Ospedale Civile di Legnano (MI),
  10. Casa di Cura Montevergine di Mercogliano (Avellino),
  11. Stabilimento “Umberto I - G. M. Lancisi” di Ancona,
  12. Hesperia Hospital SRL di Modena,
  13. AOU Mater Domini di Catanzaro,
  14. AOU Careggi di Firenze,
  15. PO “Santa Maria della Misericordia” sede di Udine,
  16. AO “San Camillo Forlanini” di Roma.


Sulla mortalità a 30 giorni da un intervento per bypass aortocoronarico isolato, nel 2021 c’è stato un lieve aumento (2,3%) rispetto al 2020 (2,0%), con valori medi al di sotto della soglia del 4% indicata dal Dm 70/2025. Inoltre è emersa una variabilità inter e intra-regionale, con strutture che nel 2021 hanno superato il 5% di mortalità in Piemonte, Lombardia, Veneto, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Infine, con l’inserimento delle nuove variabili cliniche (“creatinina sierica” e “frazione di eiezione”), nel modello di aggiustamento, il 54% delle strutture cambia il ranking di almeno 5 posizioni.

Le strutture con la minore mortalità a 30 gg sono:

  1. Stabilimento Umberto I - G. M. Lancisi di Ancona,
  2. Presidio Ospedaliero Smm di Udine,
  3. Casa Di Cura Montevergine Mercogliano (Avellino),
  4. Ospedale Del Cuore G. Pasquinucci a Pisa,
  5. Hesperia Hospital Modena Srl,
  6. Ao S. Giovanni Di Dio e Ruggi D’Aragona di Salerno,
  7. Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma,
  8. Po Ss. Annunziata di Chieti,
  9. Aou Mater Domini di Catanzaro,
  10. Ospedale di Treviso,
  11. Ospedale di Vicenza,
  12. Aou Careggi di Firenze,
  13. Ao San Camillo-Forlanini di Roma
  14. Policlinico universitario Campus Bio Medico di Roma

Ictus ischemico: numero dei ricoveri stabile rispetto al 2020 e leggero calo della mortalità a 30 giorni
A fronte di una progressiva riduzione nel periodo 2015-2019 del numero di ricoveri per ictus ischemico, nel 2021 si conferma la forte contrazione registrata nel 2020 rispetto all’atteso, stimabile intorno a 7 mila ricoveri in meno.
Si è registrata una leggera riduzione della mortalità a 30 giorni dal ricovero per ictus ischemico (10,8% vs. 11,2% nel 2020), ma ancora lontana da un riallineamento al trend (9,2%).

Frattura del collo del femore: ricoveri in lieve aumento rispetto al 2020 (+2.600)
Se nel 2020 il numero di ospedalizzazioni per frattura del collo del femore si era ridoto, nel 2021 si recupera con un leggero aumento pari a circa 2.600 ricoveri e un parziale riavvicinamento al trend prepandemico (5.800 ricoveri in meno rispetto all’atteso). Ma a conti fatti nel biennio 2020-2021, mancano circa 13 mila ricoveri.

Nel 2021, il 60% delle strutture ha raggiunto la soglia indicata dal DM 70 (pari a 75 interventi/anno per frattura del collo del femore per anno), strutture che hanno coperto il 95,2% dell’attività chirurgica complessiva effettuata su pazienti con frattura del collo del femore, rispetto al 94% nel 2020 e al 96% nel 2019.

Le prime 10 strutture sono distribuite su 9 regioni del Centro-Nord: Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna, Veneto, Umbria, Piemonte, Lazio, Friuli Venezia-Giulia, Liguria.


1) Istituto ortopedico Galeazzi Spa Milano
2) Aou Careggi di Firenze
3) Asst G. Pini/CTO Milano
4) Opedale Maggiore Pizzardi di Bologna
5) Aou di Padova
6) Ao di Perugia
7) Ospedale CTO di Torino
8) Ao San Giovanni Addolorata di Roma
9) Po Cattinara Maggiore di Trieste
10) Irccs Policlinico San Martino di Genova


Frattura del collo del femore: stabile la proporzione di pazienti ultrasessantacinquenni operati entro 48 ore
Sul versante delle performance ospedaliere, l’indicatore maggiormente utilizzato per misurare la qualità del processo assistenziale in ambito traumatologico è la porzione di pazienti anziani con frattura del collo operati entro i primi due giorni da ricovero. La percentuale di pazienti ultrasessantacinquenni operati entro 48 ore è rimasta sostanzialmente stabile negli ultimi 2 anni, passando dal 50,3 del 2020 al 48,6 del 2021, ma ben al di sotto della soglia del 60% indicata dal Dm 70.

Solo 1/3 degli interventi, infatti, è stato effettuato in strutture che raggiungono la soglia prevista. Emerge inoltre una marcata variabilità tra regioni e all’interno delle regioni stesse. La variabilità intraregionale maggiore si osserva soprattutto in Lombardia, Veneto, Toscana, Marche, Lazio, Campania e Sicilia.

Le strutture che in Italia nel 2021 hanno trattato più di 100 casi di frattura del collo del femore nell’anziano sono 327, di queste, 108 hanno garantito un intervento tempestivo in più del 60% dei casi. Le strutture che superano l’80%, 5 sono in Sicilia e nel Lazio, 3 nel Veneto, 2 in Lombardia.

Le 10 strutture con proporzioni più elevate di pazienti operati entro 48 ore sono:
  1. PO “Umberto I” di Siracusa
  2. Ospedale “Sandro Pertini” di Roma
  3. Policlinico Universitario “Campus Biomedico” di Roma,
  4. P.O. “S. Giovanni di Dio” di Agrigento,
  5. Ospedale di San Donà di Piave (VE),
  6. Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI),
  7. Ospedale “Guzzardi” di Vittoria (RG),
  8. AO “San Camillo Forlanini” di Roma,
  9. Stabilimento di Jesi
  10. Istituto Ortopedico “Villa Salus I. Galatioto” di Melilli (SR).

In forte ripresa gli interventi di protesi d’anca: vince il privato accreditato
Nei cinque anni precedenti la pandemia gli interventi di protesi d’anca avevano fatto registrare un trend in aumento dell’11%, passando da 104.425 nel 2015 a 115.989 nel 2019. Nel 2020, si era verificata una marcata contrazione con 19.167 ricoveri in meno rispetto al 2019, un 18% in meno se si considera il trend prepandemico. Nel 2021, si è registrata una ripresa consistente (115.097), con un aumento di 18 mila interventi sull’anno precedente e un riavvicinamento al trend (-5%), quantificabile in circa 6 mila ricoveri in meno rispetto all’atteso.

Nel 2020, la riduzione degli interventi rispetto al 2019 era stata più marcata nel settore pubblico (-20,7%) che in quello privato accreditato (-11,3%). Una riduzione, sottolineano gli analisti di Agenas, “messa in relazione allo sviluppo di dinamiche cooperative per il recupero delle prestazioni elettive non effettuate durante il lockdown, ad esempio forme di delocalizzazione dei pazienti e delle équipe chirurgiche”.

Nel 2021, il fenomeno si è ulteriormente consolidato, portando il settore privato a livelli di attività superiori rispetto al 2019 (+13,5%); per contro, il settore pubblico ha visto ridursi il gap sul 2019 (da -20,7% nel 2020 a -12,2% nel 2021). Tutto ciò ha portato a un aumento del peso relativo del privato accreditato nell’ambito della chirurgia protesica dell’anca, peraltro già in crescita anche prima della pandemia, dal 44,7% nel 2019 al 51,1% nel 2021.

Area perinatale

Punti nascita, un terzo dei punti è sotto il limite dei 500 parti l’anno
Nel 2021 si sono registrati 398.506 ricoveri per parto. L’inverno demografico ha portato ad una contrazione costante delle nascite e si è anche leggermente ridotto il numero di punti nascita passati da 475 nel 2019 a 442 nel 2021.

Tuttavia, la distribuzione dei ricoveri rimane ancora particolarmente frammentata: nel 2021, infatti, 137 punti nascita (31%) non hanno superato la soglia dei 500 parti l’anno, mentre solo 142 si sono posizionati oltre il parametro standard dei mille parti indicato dal Dm 70 (coprendo il 63,3% del volume totale su base nazionale).

Calano i tagli cesarei, ma sono ancora al di sopra della soglia Oms del 10-15%
La proporzione di tagli cesarei (TC) primari si è leggermente ridotta negli ultimi anni, passando da una media del 25% nel 2015 al 22,4% nel 2021, senza che la pandemia abbia influenzato in modo significativo il ricorso a questa pratica chirurgica. Certo di passi in avanti ne sono stati fatti tanti se pensiamo che nei primi anni del duemila i valori si attestavano su una soglia del 40%, tuttavia siamo ancora al di sopra della soglia del 10-15% che, secondo quanto indicato dall’Oms nel 1995, garantisce il massimo beneficio complessivo per la madre e per il bambino.

Emerge inoltre una marcata eterogeneità interregionale nel ricorso al taglio cesareo, con uno spiccato gradiente Nord-Sud, nonché una variabilità intraregionale.

Ancora bassa anche la proporzione di parti vaginali in donne con pregresso taglio cesareo: la media nel 2021 è pari al 10,7%. Emerge inoltre una spiccata variabilità inter e intraregionale con un marcato gradiente Nord-Sud e valori al di sotto del 10% in molte regioni dell’Italia Centro-meridionale.

Tra le recenti new entry in area perinatale ci sono le episiotomie che passano dal 24,4% nel 2015 al 12,3% nel 2021, ma con una marcata disomogeneità sul territorio - si va dall’1,8% della Valle d’Aosta al 29,2% della Sicilia - e con valori tendenzialmente più elevati nell’Italia meridionale.

Altri interventi

Colecistectomia laparoscopica: parziale recupero rispetto al trend prepandemico, drastico il ridimensionamento dei ricoveri in Day Surgery
Rispetto agli interventi di colecistectomia laparoscopica, nel 2021 si osserva un parziale recupero rispetto al trend (-14,5%), con 13.378 ricoveri in più rispetto all’anno precedente. Nel biennio 2020-2021, la riduzione complessiva al netto del trend è stimabile in circa -42 mila ricoveri.

Per quanto riguarda la quota di ricoveri in Day surgery, nel 2021 si è registrato un lieve recupero (+27,5% rispetto al 2020, ma -31,2% rispetto al trend), che è risultato comunque modesto se confrontato con quello relativo ai volumi totali (-14,5% rispetto al trend).

Chirurgia oncologica

Tumore della mammella: riallineamento degli interventi al trend prepandemici grazie alla ripresa degli screening
Nel 2020, si era verificata una significativa riduzione delle ospedalizzazioni per tumore maligno della mammella, quantificabile in circa -6.300 ricoveri rispetto al 2019. Nel 2021, si assiste a un’importante ripresa, con un aumento di 6.700 interventi rispetto all’anno precedente e un riallineamento al trend, quantificabile in circa -800 ricoveri rispetto all’atteso.

I 3/4 degli interventi effettuati in reparti oltre la soglia del dm 70/2015. Nel 2021, il numero di reparti con volume di attività oltre la soglia dei 150 interventi/anno prevista dal Dm 70 è risultato pari al 16%. Il valore corrispondente di casistica trattata in tali reparti è pari al 73,6% del totale degli interventi effettuati a livello nazionale (in aumento rispetto al 66,6% del 2020).

Le 10 unità operative che hanno registrato maggiori volumi di attività sono:

1. Istituto Europeo di Oncologia di Milano,
2. Policlinico Universitario “A. Gemelli” di Roma,
3. Aou “Careggi” di Firenze,
4. Fondazione Irccs “Istituto Nazionale Tumori” di Milano,
5. Ospedale di Bellaria (BO),
6. IOV di Padova,
7. Humanitas istituto Clinico Catanese di Misterbianco (CT),
8. Istituto in tecnologie avanzate di Reggio Emilia,
9. AOU Pisana di Pisa,
10. Azienda Ospedaliera Universitaria di Modena.

Il 36,3% delle strutture che effettuano interventi chirurgici per tumori della mammella ha operatori esperti (che hanno realizzato più di 50 interventi nella struttura); una quota che passa al 52,1% se si considerano anche gli interventi effettuati dallo stesso operatore in strutture diverse da quella di afferenza, con maggiore presenza di operatori esperti nel Centro-Nord rispetto al Sud.

Il treemap come strumento per le attività di audit
Per descrivere sinteticamente la qualità delle cure delle strutture ospedaliere, il Pne utilizza il treemap quale rappresentazione grafica sintetica basata su indicatori relativi a 7 diverse aree cliniche valutate.

La maggior parte delle strutture è valutata solo per una o due aree cliniche. Delle 22 strutture valutate per almeno 6 aree cliniche solo 2 hanno valutazione di qualità alta o molto alta per tutti gli indicatori considerati.

Nella stragrande maggioranza delle strutture ospedaliere convivono aree di qualità buona con aree di qualità meno buona.
La proporzione di strutture con livello di qualità alto o molto alto per almeno il 50% dell’attività svolta è aumentata rispetto al 2020 (dal 17% al 20% nel 2021).

Disuguaglianze nell’assistenza sanitaria
Nell’area cardiovascolare è emersa una minore tempestività di accesso all’angioplastica coronarica nelle donne con STEMI (41,9%) rispetto agli uomini (53,8%). Lo svantaggio determinato dall’accesso non tempestivo alla PTCA non si traduce però in un aumento della mortalità a 30 giorni da un episodio di IMA, né in una maggiore proporzione di decessi o complicanze gravi a un anno.

Si registra una più elevata mortalità per le donne dopo un intervento di bypass aorto-coronarico Nel 2021, l’eccesso di rischio è stato riscontrato quasi ovunque, con una spiccata variabilità intraregionale soprattutto in Piemonte, Lombardia e Sicilia.

Per quanto riguarda la frattura del collo del femore, la proporzione di interventi chirurgici eseguiti entro 48 ore è tendenzialmente più bassa per gli uomini (44,2%) rispetto alle donne (50,0%) in quasi tutte le regioni italiane, seppur con differenti livelli di variabilità intraregionale. Alla minore tempestività di accesso al trattamento chirurgico si associa un maggior rischio di morte a 1 anno per gli uomini (28,9% vs. 17,8%).

Le donne straniere fanno meno parti cesarei, ma sono ad alto rischio di riospedalizzazione.

I risultati mostrano un ricorso al TC primario significativamente minore per le donne straniere provenienti da Paesi a forte pressione migratoria (PFPM); una differenza non dipende dalla tipologia di struttura (pubblica o privata). Al contrario emerge un rischio di riammissione durante il puerperio (a 42 giorni dal parto) molto più elevato per le donne immigrate che siano state previamente sottoposte a un TC, rispetto alle italiane.

Infine per quanto riguarda la ospedalizzazioni evitabili nella popolazione straniera, emergono tassi superiori per le infezioni del tratto urinario, complicanze del diabete e ipertensione arteriosa.

Ester Maragò

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