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Giovedì 08 DICEMBRE 2022
Sanità privata, come cambierà tutto in “due mosse”

Stiamo parlando di novità importanti, per alcuni versi dimostratrici di una comune ratio legislativa che pretende di mutare le «regole di ingaggio» degli erogatori privati grazie a due provvedimenti, uno legislativo e uno di diritto autonomo di grado secondario. Dobbiamo attenderci non poche modificazioni nella gestione della concorrenza amministrata, posta a baluardo dell’erogazione dei LEA, in un regime di sana competizione tra il pubblico e il privato erogatore

La legge per il mercato e la concorrenza per il 2021 (la seconda con quella del 2017 nonostante la previsione annuale dal 2009) comincia a fare male. Principalmente agli erogatori privati abituati a godere delle maniche larghe della PA sanitaria nel rilascio delle autorizzazioni e degli accreditamenti. Non solo. Nel concludere i contratti di fornitura delle prestazioni essenziali con le aziende sanitarie

E’ quanto scrivevo su Quotidiano Sanità il 27 settembre 2022, all’indomani della approvazione della legge 118/2022.

Le fonti giuridiche in gioco
Il tema è da prima fila. Due le fonti giuridiche esemplificative di una siffatta volontà di cambiamento.

La prima è legislativa: la legge 5 agosto 2022 n. 118, recante la sofferta disciplina per il mercato e la concorrenza 2021. Eh già, perché è sola la seconda, dopo quella del 2017, nonostante la revisione della scadenza annuale prevista nel 2009.

La seconda è un atto di diritto autonomo di grado secondario, ancora in via di perfezionamento: l’ipotesi di decreto approntata dal Ministro della Salute, all’attenzione delle Regioni per la formalizzazione della relativa Intesa, con il quale il dicastero intenderebbe dare applicazione alle modifiche introdotte dalla “legge della concorrenza 2021” al vigente d.lgs. 502/92 (si veda QS del 6 dicembre). Per l’appunto, in materia di accreditamento istituzionale (art. 8 quater, con la sostituzione del comma 7) e di accordi contrattuali (art. 8 quinquies, cui vi ha aggiunto il comma 1 bis).

Entrambi presentano novità importanti, per alcuni versi dimostratrici di una comune ratio legislativa che pretende di mutare le «regole di ingaggio» degli erogatori privati. Tutto questo determinerà non poche modificazioni nella gestione della concorrenza amministrata, posta a baluardo dell’erogazione dei LEA, in un regime di sana competizione tra il pubblico e il privato erogatore.

Vediamo di entrare nel dettaglio delle importanti novità recate dalla cosiddetta legge della concorrenza 2021 e della proposta di DM.

L’accreditamento istituzionale

Interessanti la specificazione e la novità, rispettivamente, introdotte alle lettere a) e b) del comma 1 dell’art. 15 della legge 118/2022, anche se comunque dimostrative di volere portare avanti con le prossime leggi annuali sulla concorrenza (chissà se ce ne saranno!) una ridefinizione definitiva della disciplina dei rapporti dei privati con il SSN.

La prima riguarda la sostituzione del comma 7 dell’art. 8 quater del vigente d.lgs. 502/92, recante i principi fondamentali della regolazione in tema di accreditamento istituzionale. Con esso si rinvia nello specifico, per l’appunto, alle previsioni recate da un decreto ministeriale (salute), da adottare previa intesa da perfezionare in Conferenza Stato-Regioni-Prov.Aut., entro il 25 novembre, che è quello definito in bozza.

Quanto ai principi indicati, gli stessi francamente appaiono essere messi nel corpo legislativo in mo scoordinato, atteso che le specificità avrebbero dovuto riguardare, e in modo ben distinto, le due tipologie di richiedenti: nuove strutture autorizzate ovvero l’avvio di attività in strutture preesistenti, dando per scontato che per queste ultime si intendessero erogatori privati già accreditati per branche, ovviamente diverse da quelle pretese.

Ebbene per entrambi si fa confusamente riferimento a prescrizioni che generano non poche perplessità. Infatti, anziché avere riguardo alla capienza del programmato fabbisogno assistenziale e al relativo ricorso all’accreditamento di erogatori privati, si indica che quest’ultimo «può essere concesso in base alla qualità e ai volumi dei servizi da erogare», una condizione francamente difficile da decifrare sia per le strutture debuttanti che per le altre. Per queste ultime, invece, sembra valere la seconda prescrizione ovverosia basata sui «risultati dell’attività eventualmente già svolta», comprensibile solo parzialmente perché non se ne comprende l’utilità, dal momento che la richiesta è ove mai a valere sulle nuove attività, ove il pregresso inciderebbe ben poco o nulla.

Quanto al resto – ovverosia che nella pratica di istruttoria dovrebbe essere analizzato per entrambe le tipologie di richiedenti, certamente meglio di come si fa oggi, il peso dei requisiti strutturali e tecnologici innovativi anziché soffermarsi all’aspettativa generica di riferirsi a «obiettivi di sicurezza delle prestazioni sanitarie e degli esiti dell’attività di controllo, vigilanza e monitoraggio per la valutazione delle attività erogate in termini di qualità, sicurezza ed appropriatezza» - si ben comprende il desiderato impegno legislativo a volere regolare la materia salvo però perdersi in una confusione letterale tale da rendere quasi incomprensibile il neo disposto. Ciò è accaduto forse per le difficoltà di chiudere in fretta il provvedimento ai fini degli obblighi assunti con l’UE con tanta tensione dietro, soprattutto causata dalla revisione della disciplina regolatrice dell’esercizio dei taxi e dell’assegnazione delle concessioni balneari. Sarà compito, quindi, del nuovo Governo ritornare sul tema, meglio se in modo più coordinato.

A monte di tutto questo, ovviamente, c’è un impegnativo lavoro di rilevazione preventiva del fabbisogno epidemiologico e del rischio epidemico in base ai quali programmare l’offerta assistenziale occorrente per determinare il relativo soddisfacimento. Il tutto, messo in relazione con l’offerta di assistenza pubblica presente sul territorio per determinare, per differenza incrementata di una percentuale (di solito il 10%) occorrente a salvaguardia di intervenute medio tempore cessazioni di attività determinate da rinuncia ovvero revoca, quella complessiva da assicurare alla collettività mediante il rilascio di accreditamento istituzionale ad erogatori privati. Ciò per ogni branca e tipologia di somministrazione delle prestazioni essenziali, sia di tipo ambulatoriale che di ricovero, anche diurno. Un lavoro, questo, disatteso in quasi tutto il Paese con la conseguenza di un assurdo proliferarsi di accreditamenti non propriamente necessari a soddisfare la domanda e a legittimare una concorrenza spesso sleale generatasi anche a causa di cointeressenze, concretizzate attraverso partecipazioni societarie solitamente indirette, di personale pubblico, anche a tempo pieno.

I contratti con gli erogatori privati

Più chiara invece la modifica introdotta a sistema con il comma 1 bis all’art. 8 quinquies del vigente d. lgs. 502/1992, dal titolo Accordi contrattuali. Qui il legislatore è stato più esplicito, rinviando alle Regioni il compito di disciplinare nel dettaglio sulla introduzione di procedura agonistica per la selezione dei soggetti accreditati da contrattualizzare a cura delle aziende sanitarie.

Ha imposto procedure trasparenti, eque e non discriminatorie rimesse alla determinazione di criteri oggettivi da parte delle Regioni, le quali sino ad ora hanno fatto orecchio da mercante. Ciò senza tenere conto che le aziende sanitarie tenute alla stipulazione dei contratti erogativi sono obbligate, prescindendo dalle novità introdotte, a riconoscere in capo all’erogatore privato selezionato per la contrattualizzazione indiscutibili qualità erogative delle prestazioni sociosanitarie da acquistare.

Insomma, con questo vengono introdotte sensate procedure selettive per la individuazione dei soggetti accreditati da contrattualizzare annualmente, caratterizzate da più qualificate procedure di tipo comparativo e di concorso pubblico, garanti della migliore scelta sia economica che di qualità erogativa. Prioritariamente, è la preventiva determinazione dei criteri oggettivi finalizzati a pervenire ad una selezione di soggetti accreditati che valorizzi la qualità delle prestazioni specifiche da rendere esigibili all’utenza. Essi dovranno essere individuati (si suppone che il periodicamente coincida con annualmente, per essere in obiettiva linea con il soddisfacimento attualizzato del fabbisogno salutare) dalle singole Regioni con un apposito avviso pubblico, funzionale a rendere trasparenti le procedure, eque e non affatto discriminatorie. Obiettivi, questi, che dovranno essere espressione concreta della programmazione sanitaria regionale e frutto delle verifiche delle esigenze di razionalizzazione della rete della medicina di prossimità, tenuto conto anche dell’attività svolta negli anni precedenti dai titolari di contratto con le aziende sanitarie di riferimento.

Interpretando la ratio legislativa, ma soprattutto individuando la tipologia dello strumento normativo prescelto che regola, per l’appunto, il mercato e la concorrenza, non è difficile desumere un obiettivo di più vasta portata innovativa sino ad arrivare alla definizione del soggetto accreditato da contrattualizzare ad esito di una procedura di evidenza pubblica.

L’ipotesi regolamentatrice ministeriale al vaglio della Conferenza Stato-Regioni

Esaminando la lettera ministeriale, nel mentre è da apprezzare la puntualità (atteso l’appena insediamento del ministro firmatario, appare quantomeno sottovalutata, rispetto ai principi novellati in materia dalla legge della concorrenza, l’approvazione da parte delle Regioni delle relative leggi di dettaglio, attesa la divenuta obsolescenza di quelle in essere.

Quanto all’ipotesi di decreto ministeriale, avente la chiara funzione di definire un quadro applicativo omogeneo su tutto il territorio nazionale, è appena il caso di rilevare positivamente l’attenzione che riserva alla scansione degli step regionali, al fine di realizzare un trasparente procedimento di rilascio degli accreditamenti istituzionali (allegato A) e una corretta procedura agonistica degli erogatori da contrattualizzare a cura delle aziende sanitarie (allegato B).

Severe verifiche, accurati controlli e un attento monitoraggio sia per i primi che per i secondi, con grande attenzione, rispettivamente, alla programmazione dei fabbisogni epidemiologici relativi e alla copertura o meno della offerta di salute erogata o da erogare sul territorio delle aziende sanitarie di riferimento.

In relazione alla nuova disciplina c’è ancora da sottolineare l’esigenza procedurale demandata ai sistemi regionali di:

Ettore Jorio
Università dela Calabria

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