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Sabato 22 SETTEMBRE 2012
Disfunzione erettile. Non è più un tabu

Nel 30% dei casi si confidano con le partner e con il medico specialista e nel 20% con altri uomini colpiti dallo stesso disturbo: la disfunzione erettile resta un problema per i maschi e per la coppia, ma oggi viene affrontata come qualsiasi altra malattia, senza più paura. Soprattutto con l’aiuto di urologi e andrologi.

Un tempo era un tabù, un problema fisico o psicologico che nessun uomo voleva discutere: oggi qualcosa è cambiato, e solo il 9,5% dei 3 milioni di uomini che in Italia soffre di disfunzione erettile (DE) la considerano un argomento di cui non parlare; per tutti gli altri, invece, può essere considerata una malattia al pari delle altre e, pertanto, da poter affrontare con visite specialistiche e risolvere con farmaci mirati. Questo ed altro emerge dall’indagine riportata nell’ultimo Libro Bianco “La DE: cambiamenti nell’immaginario e nella realtà”, condotta da Datanalysis in collaborazione con Lilly Italia.
 
Per scovare tutti cambiamenti, gli autori hanno posto a confronto la situazione medico-sociale del 2001 con quella del 2012 attraverso interviste telefoniche rivolte ad un campione di 200 uro-andrologi, 100 cardiologi, 100 diabetologi, 400 medici di medicina generale, 1.000 pazienti e 600 loro partner. Scoprendo che gli uomini oggi parlano di più del problema, nel 32,8% dei casi si confidano con le partner, nel 30,1% dei casi con il medico specialista e, grazie a una maggiore apertura verso questo tema, oggi il 20,1% dei pazienti sente l’esigenza di confrontarsi anche con altri uomini colpiti dallo stesso disturbo (nel 2011 lo faceva solo l’8,7% di loro). “Una volta non ci si confrontava, era un tabù ed era inammissibile parlarne. Oggi si parla di DE, le campagne di informazione hanno avuto un forte impatto e si ha coscienza che la problematica esiste, non si ha paura di confrontarsi e di dichiararla nella maggioranza dei casi e questo è una grande vittoria rispetto al passato”, ha commentato Vincenzo Gentile, Direttore del Dipartimento di Urologia dell’Università La Sapienza di Roma. “Il paziente è più informato e sente l’esigenza di rivolgersi direttamente allo specialista uro-andrologo saltando il passaggio del medico di famiglia. Perché solo il 30% dei medici generici si è messo al passo con le nuove conoscenze sulla malattia, mentre la maggior parte non ha una risposta e una sensibilità adeguata a indirizzare il paziente verso la terapia giusta. Il paziente comincia oggi a capire che la disfunzione erettile può essere legata ad altre malattie sistemiche, come diabete e ipertensione, anche se è ancora restio ad adottare dei cambiamenti nel proprio stile di vita in termini di prevenzione”.
 
Le soluzioni
Tra le soluzioni ricercate, i farmaci non mettono più paura. Seppure un 10,3% di uomini non riscontri alcun miglioramento dalla terapia farmacologica, il restante dei pazienti si ritiene assolutamente soddisfatto e nota risultati visibili. L’insuccesso di una terapia farmacologica è oggi principalmente imputabile alla contemporanea presenza di condizioni patologiche correlate (come diabete, ipertensione) nel 30% e dalla paura di insuccesso nel 16,2%, dato triplicato rispetto al 3,5% nel 2001. “Le casistiche ci dicono che sul totale della popolazione, la percentuale di pazienti con disfunzione erettile trattati con successo grazie ai farmaci orali PDE-5 arriva all’80%, mentre quelli che non ottengono risultati sono il 20%”, ha spiegato Giorgio Piubello, specialista andrologo ed endocrinologo - “Ma è necessario prestare loro particolare attenzione perché possono essere recuperati puntando a due passaggi: il primo anamnestico (ovvero investigando se il paziente assume altri farmaci o anche se assume gli stessi PDE-5 ma in modo non corretto) e in secondo luogo la sua condizione del desiderio sessuale. Infine, è importante trattare le comorbidità, come il diabete. Analizzando la situazione e scegliendo una terapia personalizzata, è possibile arrivare a recuperare una percentuale tra il 30% e il 40% dei pazienti che non hanno inizialmente avuto successo nel curare la disfunzione erettile”.
Anche la psicoterapia si confermacome un valido supporto per il 22,8% dei medici specialisti, che però perde un po’ di assensi rispetto al passato (la consigliava il 25,6% nel 2001).
I medici
Il principale punto di riferimento degli uomini con disfunzione erettile è oggi lo specialista di urologia e andrologia, che ha sostituito la figura del medico di famiglia. Sono gli stessi medici di medicina generale a confermare questa perdita di fiducia: se nel 2001 il 72,8% di loro affermava di avere un ruolo fondamentale nel percorso diagnostico e terapeutico del paziente con problemi erettili, oggi questo solo il 19, 4% ne è convinto. Ben il 34,8% di loro non incontra mai questa categoria di pazienti durante le visite ambulatoriali e il 5,2% di loro ammette di non sapere quanto i problemi erettivi abbiano ripercussioni sulla vita sessuale di coppia, un dato quasi raddoppiato rispetto al passato (3% nel 2001). Seppure siano i meno interpellati dai pazienti, i medici di famiglia sono comunque aggiornati e il 74,8% oggi suggerisce la terapia con farmaci mirati, un dato che rimane pressoché stabile rispetto al passato (70,3% nel 2001).
Il medico di famiglia (MMG) svolge ancora un ruolo da intermediario tra il paziente con DE e gli specialisti di riferimento. L’Andrologo rimane il collega con cui collaborare maggiormente di fronte a un caso di DE, oggi per il 50,7% dei medici di medicina generale, di poco variato dal 46,9% nel 2001. “La collaborazione tra andrologo e medico di medicina generale è di fatto bidirezionale”, ha spiegato Piubello. “Il MMG affida il percorso diagnostico terapeutico allo specialista andrologo e a sua volta l’andrologo affida al MMG la gestione della patologia cronica che spesso emerge con la DE (diabete, arterosclerosi)”.
 
Più diffusa, invece, la collaborazione con lo psicologo consigliato dal 19,8% dei medici di famiglia, il triplo rispetto al passato (6,8% nel 2001) e ritenuto il più adatto ad affrontare stati di ansia e stress che influiscono sulla prestazione sessuale. Si affermano, infine, le figure del Diabetologo per il 5,8% dei colleghi e del Cardiologo per il 2,5% (nel 2001 erano solo 1,3% e 1,1%, rispettivamente), per una più diffusa conoscenza medica delle patologie correlate alla DE come diabete, disturbi cardiovascolari e ipertensione.
 

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