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Lunedì 19 DICEMBRE 2022
Quale confine per il task shifting tra professionisti



Gentile Direttore,
nell’ultimo anno l’argomento task shifting è stato oggetto di dibattito pubblico fino a trovare spazio nell’agenda dei decision maker, soprattutto regionali, come opportunità per risolvere problemi organizzativi per carenza di operatori sociosanitari.

I progetti di task shifting devono però fare i conti con le relazioni non sempre armoniose tra categorie coinvolte nel passaggio di compiti, gelose della propria sfera di attività; i sociologi delle professioni utilizzano un termine mutuato dall’ambito giuridica, la “giurisdizione professionale”, per descrivere il legittimo esercizio di una professione e dei compiti ad essa affidati in modo formale o informale. I contrasti per la delimitazione, la difesa o l’ampliamento della propria giurisdizione si possono verificare sia tra diverse categorie, ad esempio tra medici ed infermieri, sia all’interno della stessa professione, ad esempio tra generalisti e specialisti.

I contrasti circa il passaggio di alcuni compiti da un professionista all’altro possono sfociare in aperto conflitto di giurisdizione per via di uno sconfinamento ritenuto indebito. Di solito la categoria che si ritiene “usurpata” di una propria esclusiva competenza protesta, esercita pressioni sul decisore pubblico o in casi estremi ricorre alle vie legai per affermare l’illegittimità della violazione giurisdizionale. Negli ultimi tempi varie operazioni di task shifting hanno alimentato contenziosi ed escalation legali, come quello emiliano sulle ambulanze medicalizzate, in Veneto sui cosiddetti super OSS e in Umbria sulle Unità di Degenza Infermieristica.

In altri casi interventi di task shifting, espliciti od impliciti, sono state realizzati senza contrasti e con esiti più o meno positivi: ad esempio quello intra professionale correlato alla Presa in Carico della cronicità lombarda, che prevedeva il passaggio dei cronici dal MMG ad un Gestori pubblico o privato, non ha avuto successo. Diverso è quello che ha visto le farmacie territoriali sostituire i medici nella diagnostica del Covid-19 (tamponi nasali rapidi) e nella prevenzione (somministrazione dei vaccini) complice il deficit della filiera medico sanitaria, specie durante l’ondata Omicron.

Al task shifting si ricollega la proposta avanzata nel maggio scorso dall’ex assessora lombardo Letizia Moratti di attribuire maggiori compiti e responsabilità agli Infermieri di Comunità sul territorio, che "avranno un ruolo anche in tema di cure primarie offrendo supporto e supplenza per affrontare la carenza di medici di MG”.

La reazione negativa non si è fatta attendere, con l’opposizione dell’ordine milanese che ha minacciato di adire le vie legali per l’ipotesi di “esercizio abusivo della professione medica”.

Verso una maggiore autonomia della professione infermieristica spingono da tempo le associazioni degli infermieri che rivendicano una “competenza specialistica ed avanzata, connessa all’espansione e completamento del percorso assistenziale infermieristico”, anche con la concessione della facoltà prescrittiva. Il DM77 intercetta tali aspirazioni attribuendo la gestione degli Ospedali di Comunità all’ Iinfermiere di Comunità.

Qual è il confine tra “usurpazione” della giurisdizione e legittimo task shifting tra professionisti? L’evocazione dell’esercizio abusivo della professione ha radicalizzato un dibattito che deve essere ricondotto entro una cornice di redistribuzione di compiti e mansion ben definiti, nell’ambito dell’integrazione professionale; un tasck shifting inserito in un percorso diagnostico-terapeutico concertato è altra cosa rispetto ad una aspecifica e indefinita rivendicazione di autonomia professionale.

E’ il caso della gestione della cronicità, in cui un eventuale task shifting concordato non è riconducibile ad un conflitto per la giurisdizione esclusiva. Ad esempio nel campo dell’educazione sanitaria e terapeutica gli obiettivi generali si possono tradurre in interventi formativi ad personam, delegati a personale infermieristico formato per migliorare l’aderenza alle cure. Le stesse considerazioni si possono estendere al versante clinico: la verifica domiciliare dell’efficacia delle cure, in relazione ai target stabiliti dai percorsi terapeutici, può essere affidata agli infermieri di famiglia, per non parlare della promozione degli stili di vita, dal controllo del peso corporeo all’aderenza a dieta e farmaci, dall’attività motoria alla disassuefazione al fumo.

In particolare nella gestione e nel monitoraggio dei fattori di rischio sfumano i rigidi confini delle giurisdizioni professionali a beneficio di in una distribuzione condivisa di compiti per migliorare efficacia e appropriatezza e valorizzando il contributo di tutte le risorse professionali.

Dott. Giuseppe Belleri
Ex MMG - Brescia

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