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Mercoledì 11 GENNAIO 2023
I 10 milioni del bonus psicologo e le angurie dei Dodo



Gentile Direttore,
la notizia, puntualmente riportata su Quotidiano sanità, del riparto del fondo per favorire l’accesso ai servizi psicologici alle fasce più deboli della popolazione, induce qualche riflessione. Il fondo prevede il riparto fra le Regioni di €. 10.000.000 per sostenere i bisogni psicologici dei pazienti oncologici e dei bambini ed adolescenti in età scolare.

Il documento di origine di questo stanziamento è il Decreto Legge 25 maggio 2021, n 73, che all’art. 33 segnalava la necessità di assicurare “adeguati” interventi in ambito sanitario e sociosanitario, anche in risposta ai bisogni di salute accentuati dalla epidemia Covid-19. Il tutto si collocava “nelle more di un intervento organico strutturale a regime, al fine di potenziare i servizi territoriali ed ospedalieri di Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza e di garantire la prevenzione e la presa in carico multidisciplinare dei pazienti e delle loro famiglie”.

Di questa parte non c’è traccia nei provvedimenti di questi due anni, a suggerire una adesione del SSN alla filosofia di Eraclito, per cui non c’è nulla di più stabile del provvisorio. La conversione nella Legge 23 luglio 2021 n° 106 aggiungeva la attenzione ai pazienti oncologici.

Se andiamo a vedere qual è la popolazione interessata da questo provvedimento sorgono inevitabilmente alcune domande.

Il documento quantifica infatti la platea dei pazienti oncologici potenzialmente interessati in 1.200.000 persone e quello della popolazione di età 6-18 in 7.177.128 ragazzi, che sono dati decisamente impegnativi tenuto conto di quanto emerge dalla letteratura scientifica. Questa ci dice (ad es. Mitchell et al. The Lancet oncology, 2011) che la prevalenza dei soli disturbi dell’umore fra i pazienti oncologici è del 38%.

Ci dice anche che dai dati Unicef risulta che in Italia nel 2019 il 16,6% dei ragazzi fra 10 e 18 anni aveva problemi diagnosticabili in ambito psicopatologico ed in Jama Pediatrics, Racine et al. (2021) in una metanalisi molto accurata evidenziavano come la prevalenza dei soli disturbi di ansia e depressione durante il Covid in infanzia e adolescenza era aumentata a rispettivamente il 20,5% ed il 25,2%.

Sappiamo che esiste già una rete di supporto (legata alla psicologia ospedaliera e ad associazioni di volontariato) per i pazienti oncologici, così come esiste una rete di servizi di neuropsichiatria infantile. Sappiamo anche però le difficoltà in cui queste si muovevano già in epoca pre- Covid 19. Per quanto riguarda in particolare la Neuropsichiatria Infantile è evidente lo stato di sofferenza dei servizi, poveri di personale e di strutture, anche se di questo può essere data solo testimonianza locale dal momento che non esiste alcun dettagliato report nazionale in merito, e talune regioni si rifiutano di dare i dati (sperando che li abbiano raccolti).

Per non parlare del problema del ricovero dei minori con patologie psichiatriche, che nel 2020-2021 è aumentato ad esempio nel Veneto del 52,6% rispetto agli anni precedenti, in assenza peraltro di adeguati reparti di degenza per neuropsichiatria infantile.

Ci domandiamo allora in che maniera questo stanziamento, ampiamente pubblicizzato come una attenzione particolare al problema, incida effettivamente su una realtà disastrata, che richiederebbe non sporadici provvedimenti marginali, ma una effettiva ri-progettazione che tenga conto delle reali necessità come emergono dai dati, mettendo mano alla riorganizzazione di settori dimenticati da tempo e votati ora ad una stentata sopravvivenza.

Non può non venirmi in mente l’epica scena del film di animazione “L’era glaciale” in cui la popolazione dei Dodo contava per la sopravvivenza su un totale di 3 angurie, con l’ovvio fatale destino conseguente. E non vorrei che questo diventasse il trailer per la salute mentale del SSN.

Andrea Angelozzi
Psichiatra

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