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Gentile Direttore, I due sistemi sono oggi, di fatto, estranei l'uno all'altro, scarsamente permeabili, con personale separato da prerogative e compiti differenti, in una condizione che rende teso il rapporto e difficile la collaborazione. Uno dei più rilevanti motivi di contrapposizione è, appunto, costituito dalla progressiva occupazione degli spazi, e delle carriere, ospedalieri, attraverso l’utilizzo della didattica come grimaldello per l’accesso alla direzione delle strutture assistenziali. Malgrado non esista alcuna motivazione di ordine organizzativo, professionale, economico o giuridico, l’identificazione di strutture assistenziali esterne all’Azienda di riferimento “necessarie” allo svolgimento delle attività didattiche viene strumentalmente utilizzata per affidare a personale universitario, a ricompensa di una mancata carriera accademica, posti apicali che la normativa assegna al SSN. Il fenomeno trova linfa nei protocolli di intesa con le Regioni che, invece di garantire la convivenza tra SSN e Facoltà mediche, mostrano difficoltà nella mediazione contrassegnata da ricorsi, latenza nei rinnovi, inapplicabilità nella gestione corrente, risultati costosi e scarsamente produttivi in termini assistenziali. Soprattutto, spicca la assenza di norme, o il loro mancato rispetto, che stabiliscano, in maniera trasparente e cogente, la dotazione strutturale e la articolazione organizzativa necessaria all’esplicazione della funzione didattica e di ricerca. Il che rende indefiniti i confini della presenza universitaria entro le strutture del Servizio sanitario, avvertita dal personale ospedaliero come minacciosa mina vagante all’interno delle Aziende Integrate. Alla vaghezza dei limiti, fissati, e spostati, di volta in volta, in sede di convenzione regionale, ove le richieste del mondo accademico trovano sempre buon ascolto, si deve la frequente immissione nell’assistenza di professori di seconda fascia con attribuzioni primariali, in strutture in cui il personale medico subordinato è in prevalenza ospedaliero, e la creazione, in non pochi casi, di microstrutture complesse in cui l’unica presenza universitaria è costituita dal primario. Anche la previsione normativa di dover rispondere alle esigenze della formazione post-laurea in strutture del SSN è sostanzialmente disattesa, perchè gli specializzandi costituiscono un’importante, ancorchè occulta, risorsa delle strutture universitarie, in grado di assicurare i volumi produttivi che ne giustificano la esistenza. Il processo di “clinicizzazione” oggi sembra non conoscere ostacoli, pronto al superamento delle mura, e del concetto, dell’Ospedale di riferimento, per abbracciare altri ospedali e lo stesso territorio, nella passiva acquiescenza, se non complicità, delle Regioni. È appena il caso di notare che una tale configurazione, organizzativa e giuridica, è consentita dalla legge solo alle regioni a statuto speciale. L’espansione numerica delle Facoltà di medicina, oggi 48, pubbliche e private, distribuite in 84 sedi in tutte le regioni (meno la Val d’Aosta e il Trentino-Alto Adige) le ha costrette a fare a meno del modello dei Policlinici a gestione diretta per utilizzare le strutture e il personale del Servizio sanitario nazionale. In un modello di integrazione fallimentare, perchè l’Università si sente, ed è autorizzata da tutti i governi, regionali e nazionali, di qualunque colore politico, a sentirsi “altro” rispetto all’interesse nazionale, quasi una variabile indipendente. Tenuta al riparo da riorganizzazioni e ristrutturazioni, spending review e tagli di strutture complesse e semplici, oggi viene esonerata anche dalla spesa. In una dissociazione tra potere e responsabilità, pur concorrendo a determinare obiettivi e strategie nella gestione delle risorse, non contribuisce al pareggio di bilancio in proporzione ai fattori di produzione assorbiti ed al rapporto tra Strutture Complesse a direzione ospedaliera ed universitaria. I costi aggiuntivi indotti dalla didattica sull’assistenza sono a carico del FSR, nel trionfo della logica di privatizzare gli utili e socializzare le perdite. Creare dipartimenti universitari in aziende ospedaliere, come previsto dalla legge 517/93, è certo legale ma appare discutibile, anche ai fini della qualità delle cure, il criterio di scelta di chi dirige i reparti. Oggi, la scelta dei direttori di strutture complessa avviene, per quanto concerne i medici che appartengono al mondo universitario, a chiamata diretta, anche senza la specializzazione richiesta per l’accesso al SSN, con il metodo della stretta di mano tra Direttore generale e Rettore, con la benedizione dell’Assessore di turno. Mentre, per chi ha scelto la strada della assistenza pura, per il medico che lavora in ospedale, è prevista una selezione concorsuale con tanto di commissione, colloquio, punteggio e graduatoria. In assenza di una tenuta delle Regioni, le Facoltà di Medicina si espandono senza freni nella area assistenziale dei servizi sanitari. Il che porta a inevitabile collisione con i legittimi diritti dei Medici Ospedalieri, alla subordinazione delle necessità assistenziali a quelle didattiche, vere o presunte, alla cessione di sovranità da parte delle rappresentanze elette alla Università, un’istituzione terza la cui mission è formazione e ricerca. Fermi restando per il SSR tutti gli obblighi connessi al finanziamento. L’Anaao Assomed rifiuta la teoria del "destino manifesto" che condanna i medici ospedalieri a cedere spazi e competenze all’espansionismo universitario per rifugiarsi nella riserva di un SSN povero e per i poveri, lasciando ad altri le magnifiche e progressive sorti della formazione, della didattica e della assistenza nei settori ad alta specializzazione. Tocca alle Regioni intervenire per rendere i rapporti Università-SSN meno conflittuali e più rispettosi dei reciproci fini istituzionali. Anche per costruire il livello di integrazione necessario a superare il vissuto da “separati in casa” che caratterizza la situazione attuale. Pierino Di Silverio
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Lunedì 30 GENNAIO 2023
La “clinicizzazione” delle strutture complesse: ulteriore minaccia per il mondo ospedaliero
camuffata da integrazione tra medicina ospedaliera e medicina universitaria, prosegue senza sosta la strisciante “clinicizzazione” degli ospedali italiani, un fenomeno tipico dei rapporti tra Facoltà di Medicina e Ospedali del SSN, da sempre caratterizzati da frizioni, conflittualità, contenziosi infiniti, concorrenza su molti fronti.
Segretario Nazionale Anaao Assomed
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