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Anche se in calo (-11%), in Italia più di un intervento di chirurgia oncologica su 4 avviene ancora in strutture che non raggiungono i cosiddetti ‘volumi soglia’, cioè in cliniche in cui il bisturi viene utilizzato un numero troppo basso di volte.
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Venerdì 24 FEBBRAIO 2023
Cancro. Il 26% degli interventi si fa ancora in strutture “sotto soglia”. La mappa dei centri migliori in Italia
Il dato è stato evidenziato oggi dalla Rete oncologica pazienti Italia (ROPI) che ha presentao il suo progetto “Dove mi curo?” nato per offrire ai pazienti una fotografia delle strutture sanitarie italiane con una rilevante attività di chirurgia oncologica. Tuttavia la situazione va migliorando con una riduzione dell’11% dei luoghi di cura in cui si eseguono un volume sotto soglia di operazioni chirurgiche contro i tumori in un periodo che va dal 2017 al 2021. Nelle Regioni del Nord si supera la soglia per più patologie oncologiche che al Sud.
Per il tumore della mammella, ad esempio, il valore soglia è di 150 interventi l’anno. Significa che al di sotto il centro non è in grado di offrire le medesime sicurezza e qualità degli esiti dei centri con interventi sopra la soglia prevista.
Lo ha evidenziato oggi la Rete oncologica pazienti Italia (ROPI) in un evento al ministero della Salute cui ha preso parte anche il ministro Schillaci.
Tuttavia un dato positivo c’è: in 5 anni le strutture ‘sopra soglia’ sono passate da 143.469 del 2017 a 148.491 interventi, segnando un aumento del 3,5%.
I dati presentati dalla ROPI sono elaborati partendo dai dati del Programma Nazionale Esiti 2022 di Agenas. L’obiettivo dichiarato del progetto, che si chiama “Dove mi curo?”, è quello di offrire a cittadini e pazienti una modalità semplificata e più consapevole per conoscere i centri a più alto volume di attività chirurgica oncologica nelle Regioni italiane.
“La scelta del luogo di cura – spiega Stefania Gori, Presidente ROPI e di AIGOM (Associazione Italiana Gruppi Oncologici Multidisciplinari) – può fare la differenza nel trattamento dei tumori. I dati della letteratura scientifica confermano una forte associazione tra volumi di attività chirurgica più alti e i migliori esiti delle cure oncologiche”.
“Oggi si lancia un forte segnale di trasparenza e informazione verso i cittadini – ha detto il Ministro della Salute, Orazio Schillaci –. Dalla mappa presentata da ROPI emergono dati positivi, come la crescita delle strutture con volumi di attività chirurgica ‘sopra soglia’, oltre i 150 interventi l’anno, indicatore significativo che la letteratura scientifica associa ai migliori esiti ed emerge, al Sud, un potenziale molto forte di professionalità e competenze, su cui invece è ancora necessario investire, per garantire a ogni cittadino, in qualsiasi parte d’Italia, la stessa facilità di accesso e qualità delle cure, in termini di efficacia, efficienza, appropriatezza. L’effettiva erogazione dei Lea su tutto il territorio nazionale è un impegno prioritario, che passa attraverso tutti gli strumenti di pianificazione e indirizzo che stiamo mettendo in campo, a cominciare dal Piano Oncologico Nazionale, finalizzato a migliorare il percorso complessivo di lotta ai tumori”.
“Come Direttore di AGENAS – ha sottolineato il direttore generale, Domenico Mantoan – non posso che esprimere soddisfazione per l’analisi presentata oggi che ha quale base di riferimento i dati provenienti dal Programma Nazionale Esiti dell’Agenzia, che tra i suoi obiettivi ha proprio quello di agevolare il confronto in un’ottica di miglioramento delle prestazioni da offrire ai pazienti. Inoltre, come ricordato in più di un intervento quest’oggi, presso l’AGENAS è in funzione l’Osservatorio per il Monitoraggio delle Reti Oncologiche Regionali, che ha la finalità di migliorare la qualità delle cure e dell’assistenza in ambito oncologico, attraverso la realizzazione di un sistema permanente di monitoraggio e valutazione oltre che di implementazione delle Reti”.
“Nella nuova versione di “Dove Mi Curo?” – sottolinea Fabrizio Nicolis, consigliere ROPI e coordinatore del progetto – sono stati analizzati i numeri dell’ultimo quinquennio (2017-2021) relativi alle strutture sanitarie italiane che hanno eseguito interventi chirurgici contro 17 tipi di tumore. In generale, l’analisi mostra una riduzione di circa l’11% sia degli interventi di chirurgia oncologica eseguiti nelle strutture sanitarie che non raggiungono i volumi soglia, sia di questi stessi luoghi di cura. Siamo infatti passati da 57.419 interventi in strutture ‘sotto soglia’ (ovvero il 29% degli interventi totali) nel 2017 a 51.380 interventi nel 2021 (ovvero il 26% degli interventi totali). Mentre le strutture ‘sotto soglia’ sono passate da 5.670 nel 2017 a 5.018 nel 2021”.
“Di conseguenza – ha aggiunto Nicolis - la nuova mappa mostra anche una buona notizia: un aumento della percentuale di interventi di chirurgia oncologica eseguiti in strutture sanitarie che superano i volumi soglia: dal 71% nel 2017 al 74% nel 2021”.
“Ricevere e metabolizzare una diagnosi di tumore non è mai facile e su questo non possiamo fare molto – precisa la presidente Gori –. Tuttavia, possiamo supportare i pazienti e i loro cari nella scelta dei luoghi di cura e di assistenza più adeguati rispetto al tipo di malattia che devono affrontare. ‘Dove mi curo?’ offre infatti un'accurata fotografia delle strutture sanitarie ad alto volume di chirurgia oncologica, che rappresenta uno degli indicatori più affidabili oggi in nostro possesso dei luoghi di cura in cui si raggiugono gli esiti migliori. I nostri dati indicano inoltre la necessità di aumentare i centri che rispondono alla soglia minima richiesta per le procedure chirurgiche, un obiettivo che viene costantemente ribadito all’interno delle Reti Oncologiche Regionali”.
Il ‘gap’ regionale
Analizzando i dati relativi al quinquennio (2017-2021) continua a essere evidente il forte gap tra Nord-Sud. È nelle Regioni settentrionali, infatti, che si garantisce il superamento della soglia per tutte, o quasi tutte, le 17 patologie oncologiche considerate.
Al Sud, invece, solo 3 Regioni si avvicinano a coprire tutte le principali patologie nella ‘top ten’ nazionale: Sicilia, Campania e Puglia. Nella mammella si segnala l’Humanitas di Misterbianco, Catania (8° posto con 739 interventi), nel polmone il Monaldi di Napoli (10° posto con 281 interventi), nel colon-retto il Policlinico di Bari e L’Ospedale Panico di Tricase, Lecce (4° e 9° posto con 301 e 179 interventi), nella prostata l’Ospedale Miulli di Acquaviva D.F., Bari (6° posto con 305 interventi). Si segnala, nella classifica relativa alla chirurgia del tumore dello stomaco, l’assenza di strutture del Sud nelle prime 10 posizioni.
“Questo – sottolinea però il dr. Nicolis – non significa affatto che al Sud non ci siano per tutte le patologie centri che operano oltre la soglia prevista. Ma resta un dato indicativo del permanere di una differenza rilevante a livello regionale”.
Il Post-Covid
Nella nuova mappa sono evidenti anche gli effetti dell’emergenza Covid-19. Nel 2020 infatti si segnala un drastico calo degli interventi chirurgici oncologici: dalle 204.380 operazioni nel 2019 si è passati a 186.122 interventi nel 2020. Nel 2021 il numero è in ripresa con 199.871 interventi totali.
L’intervento e il post-intervento, come riorganizzare le strutture
“I dati di AGENAS mostrano in maniera chiara cosa succede nelle strutture chirurgiche italiane e sono uno strumento importantissimo per i professionisti e per le associazioni dei pazienti che sempre di più sono coinvolte nelle valutazioni di appropriatezza – commenta Franco Roviello, presidente della Società Italiana di Chirurgia Oncologica (SICO) -. Attualmente i volumi definiscono il percorso delle neoplasie maligne della mammella che ha determinato un accorpamento dei centri con volumi inferiori e il conseguente miglioramento dello standard di cura. SICO auspica che progressivamente, in accordo con tutte le società scientifiche e con le organizzazioni sanitarie regionali, si arrivi ad una centralizzazione anche delle altre patologie oncologiche il cui trattamento è molto dipendente dall’esperienza e dalla capacita del chirurgo e del centro”.
“Il volume, infatti, è solo un pezzo del grande puzzle della sicurezza chirurgica – continua Massimo Carlini, presidente della Società Italiana di Chirurgia (SIC) –. La diminuzione della mortalità dipende anche dalla qualità delle cure postoperatorie, che è più strettamente correlata ad alcune caratteristiche specifiche dell'ospedale (unità di terapia intensiva specializzata, elevato rapporto infermiere-paziente, ecc.). È probabile che, come negli USA, la soluzione definitiva per l’Italia sarà un equilibrio tra la centralizzazione delle procedure ad alto rischio nei centri ad alto volume, e il miglioramento su tutto il territorio nazionale delle strutture, delle risorse e dei processi di cura nei centri a basso volume per patologie di minore complessità”.
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