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Martedì 14 MARZO 2023
La salute nelle città come bene comune. Un manifesto per realizzarla
Ad oggi il 37% della popolazione italiana vive in aree Metropolitane. Diventa quindi sempre più importante la riqualificazione e la rigenerazione urbana, nella consapevolezza che la salute è un fattore di crescita e coesione. Oggi al Senato presentata la versione aggiornata del Manifesto per costruire un modello di Health City, realizzato grazie al contribuito di oltre 200 esperti e 36 tra Istituzioni, enti, università, società scientifiche. IL MANIFESTO
Un documento che definisce i punti fondamentali della città come bene comune e che traccia le linee guida per rendere la realtà urbana rispondente all’idea di salute come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale. È il Manifesto “La Salute nelle Città: Bene Comune”, lanciato per la prima volta nel 2016 e di cui è stata presentata oggi in Senato una revisione resasi urgente soprattutto dopo gli eventi dell’emergenza Covid.
“Ad oggi il 37% della popolazione italiana vive nelle aree Metropolitane; diventa sempre più importante la riqualificazione e la rigenerazione urbana considerando la salute come fattore di crescita e coesione che renda le città italiane delle Health City, cioè promotrici della salute, amministrate da politiche chiare per tutelarla e migliorarla”, spiega una nota diramata in occasione della presentazione del nuovo Manifesto, la cui stesura e revisione è stata realizzata grazie al contribuito di oltre 200 esperti e 36 tra Istituzioni, enti, università, società scientifiche, associazioni pubbliche e private tra cui ANCI, Intergruppo Parlamentare Qualità di Vita nelle Città, Sport e Salute, Health City Institute, C14+, Federsanità, Istituto per la competitività I-COM, Fondazione SportCity.
“Urban Health e One Health corrono sullo stesso binario, perché il benessere dei cittadini è incentrato su un approccio olistico che vede salute umana, animale e ambientale strettamente correlate fra loro”, dichiara nella nota il sottosegretario di Stato alla Salute Marcello Gemmato. “La parola chiave è ‘prevenzione’: che significa educazione a corretti stili di vita, attività fisica, conoscenza dei fattori di rischio per la salute, fra cui anche l’inquinamento atmosferico e acustico delle città e la loro ‘fisicità’, ovvero la disponibilità o meno di spazi verdi accessibili, trasposto urbano, servizi educativi e sanitari. La pianificazione urbana può rappresentare, quindi, una forma di ‘prevenzione primaria’ che, attraverso politiche intersettoriali e con il coinvolgimento delle comunità interessate, diventa strategica nel processo di promozione della salute a tutti i livelli”.
“Il Servizio sanitario nazionale – ha aggiunto Gemmato nel corso della conferenza stampa di stamani - non ha bisogno soltanto di dotazioni di carattere economico. Il Governo Meloni porta sul Fondo sanitario nazionale per i prossimi 3 anni 7 miliardi e 50 milioni: 2 miliardi e 150 milioni per il 2023, 2 miliardi e 300 milioni per il 2024 e 2 miliardi e 600 milioni per il 2025. Ma oltre agli investimenti di natura economica, servono nuovi modelli organizzativi, vedi le reti di prossimità, nuove idee e nuovi approcci che facciano finalmente cambiare la prospettiva: la spesa sanitaria non deve essere più considerata una spesa ma diventare un investimento. Rispetto a questo abbiamo avuto e abbiamo un grande nemico, l'instabilità politica”.
“Attualmente – ha proseguito - il Fondo sanitario nazionale è di 128,6 miliardi di euro – ha aggiunto Gemmato – ma anche se lo facessimo arrivare a 150-200 miliardi probabilmente ci ritroveremmo in qualche congresso a parlare di problemi perché, se non ci diamo nuovi modelli organizzativi, se non ci diamo nuove idee prospettiche evidentemente non riusciamo a dispensare salute cosi come recita l'articolo 32 della nostra Costituzione”.
“A me– ha detto il sottosegretario – piace declinare il concetto di salute così come è espresso dall'Oms nel 1948, un benessere fisico, mentale e sociale – quindi non assenza di malattia”. Questo “significa avere un approccio diverso alla malattia, significa avere una idea di prevenzione e di gestione di quelle che possono essere le malattie non trasmissibili che sono la causa della mortalità: penso alla patologie cardiovascolari, alle malattie metaboliche. Il tema è quello dell'approccio, sicuramente Urban Health e One Health”, ha concluso Gemmato.
“Dalla prima stesura del Manifesto ad oggi sono cambiate molte cose a livello urbano e di popolazione, inoltre, la pandemia di COVID-19 e altre crisi, in particolare quelle climatiche e ambientali, hanno messo a fuoco le enormi sfide che dobbiamo affrontare, evidenziato come sia una priorità globale e italiana agire subito assieme e concretamente”, aggiunge Mario Occhiuto, presidente dell’Intergruppo Parlamentare “Qualità di Vita nelle Città” e segretario della VII commissione del Senato. In particolare, per Occhiuto “è necessario promuovere il nuovo concetto di salute come condizione che comprende aspetti psicologici, condizioni naturali, ambientali, climatiche e abitative, la vita lavorativa, economica, sociale e culturale. Dunque, sviluppare un contesto urbano che sia salutogenico e non patogeno risulta ormai non trascurabile”.
Il Manifesto delinea dieci punti chiave che possono guidare le città a studiare ed approfondire i determinanti della salute nei propri contesti e a fare leva su di essi per escogitare strategie per migliorare gli stili di vita e lo stato di salute dei cittadini, ovvero:
1) Ogni cittadino ha diritto a una vita sana ed integrata nel proprio contesto urbano. Bisogna rendere la salute il fulcro di tutte le politiche urbane
2) Assicurare un alto livello di alfabetizzazione e di accessibilità all’informazione sanitaria per tutti i cittadini e inserire l’educazione sanitaria in tutti i programmi scolastici con particolare riferimento ai rischi per la salute nel contesto urbano
3) Incoraggiare stili di vita sani nei luoghi di lavoro, nelle comunità e nei contesti familiari
4) Promuovere una cultura alimentare e la lotta alla povertà alimentare
5) Ampliare e migliorare l’accesso alle pratiche sportive e motorie per tutti i cittadini, favorendo lo sviluppo psicofisico dei giovani e l’invecchiamento attivo
6) Sviluppare politiche locali di trasporto urbano orientate alla sostenibilità ambientale e alla creazione di una vita salutare
7) Creare iniziative locali per promuovere l’adesione dei cittadini ai programmi di prevenzione primaria, con particolare riferimento alle malattie croniche, trasmissibili e non trasmissibili
8) Intervenire per prevenire e contenere l’impatto delle malattie trasmissibili infettive e diffusive, promuovendo e incentivando i piani di vaccinazione, le profilassi e la capacità di reazione delle istituzioni coinvolte con la collaborazione dei cittadini
9) Considerare la salute delle fasce più deboli e a rischio quale priorità per l’inclusione sociale nel contesto urbano
10) Studiare e monitorare a livello urbano i determinanti della salute dei cittadini attraverso una forte alleanza tra Comuni, Università, Aziende Sanitarie, centri di ricerca, industria e professionisti
Particolare rilievo assume, nella revisione del Manifesto, l’ottavo punto, aggiunto come necessario aggiornamento di fronte alla recente esperienza globale della pandemia. “L’emergenza da COVID-19 ha evidenziato le enormi difficoltà del mondo globalizzato nel prevenire le emergenze, rispondere rapidamente alle minacce e mitigarne gli effetti. Già con la Rome Declaration del Global Health Summit nel 2021 era stata sottolineata la necessità di impegni sinergici a tutti i livelli, per far sì che comuni, sindaci e le amministrazioni locali agiscano simultaneamente”, le parole di Roberto Pella, vicepresidente vicario Anci, e presidente dell’Intergruppo parlamentare "Qualità di vita nelle città”. “I comuni hanno un ruolo fondamentale per costruire un mondo più sostenibile e più equo, cui, specie in questa fase storica, stanno contribuendo concretamente con responsabilità e massimo impegno”.
“Oggi più della metà della popolazione mondiale – afferma Antonio Decaro, presidente Anci - vive nelle città e si prevede che tale quota salirà al 60 per cento entro il 2030. Questo ha portato le città e le aree metropolitane a contribuire per il 70 per cento alle emissioni globali di carbonio e per oltre il 60 per cento all'uso delle risorse. Oggi dobbiamo mettere in atto politiche sociali, culturali ed economiche che portino a uno sviluppo urbano consapevole che abbia la salute come obiettivo primario. Politiche come quelle definite dall’OMS quando parla di “Health City”, cioè di una città consapevole dell’importanza della salute come bene collettivo. Questa necessità è chiaramente espressa anche nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU nell’Obiettivo 11, “Rendere le città inclusive, sicure, resilienti”. Sono convinto che abbiamo bisogno di un approccio integrato per affrontare i problemi di salute pubblica”, concludeo Decaro.
“La configurazione attuale delle città e l’inquinamento urbano rappresentano una fonte di rischi per i cittadini, portando spesso allo sviluppo di diverse malattie legate ai polmoni, ictus, demenze, malattie renali o diabete. Includere la salute nello sviluppo urbano è un fattore di crescita e di coesione per il Paese, ma anche un fattore di inclusione sociale che porta un’azione concreta per il clima e l’ambiente”, conclude Andrea Lenzi, presidente di Health City Institute e del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Per Lenzi “ogni cittadino ha diritto a una vita sana e integrata nel proprio contesto urbano, rendere la salute dei cittadini il fulcro delle politiche urbane, incoraggiando stili di vita sani nei luoghi di lavoro, nelle grandi comunità e nelle famiglie e ampliando e migliorando l’accesso alle pratiche sportive e motorie per tutti i cittadini, favorendo così lo sviluppo psicofisico dei giovani e l’invecchiamento attivo significa promuovere un assetto One Health che tiene conto delle connessioni tra salute umana, animale e ambientale considerando tutti i rischi per la salute umana”.
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