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Lunedì 03 APRILE 2023
Policlinico Universitario Messina. Istituita la prima unità operativa siciliana dedicata ai tumori del peritoneo e del retroperitoneo

La Uo riconosciuta, dalla Società Italiana di Chirurgia Oncologica (Sico), come Centro di Riferimento per la Cura dei Tumori Peritoneali, lavora in sinergia con le principali Istituzioni nazionali ed internazionali impegnate nella cura dei tumori addominali.

Istituita presso il Policlinico Universitario di Messina l’Unità Operativa di Chirurgia del Peritoneo e del Retroperitoneo. È la prima, non solo in Sicilia, ma anche da Roma in giù ed una delle pochissime esistenti su tutto il territorio nazionale.

L’Unità Operativa, sotto la direzione di Antonio Macrì, ordinario di Chirurgia Generale e Direttore della Scuola di Specializzazione dell’Università di Messina, svolge prevalentemente la propria attività nel campo dei tumori del peritoneo, sia primitivi (mesotelioma, carcinoma sieroso-papillare), che secondari (carcinosi peritoneale) e del retroperitoneo (sarcomi).

In particolare, nell’ambito delle neoplasie peritoneali, vengono trattati i tumori di origine gastrica, colica, appendicolare (pseudomixoma peritonei), ovarica, distretto bilio-pancreatico ed i GIST, non solo quando sono in fase avanzata, ma anche nelle fasi più precoci con lo scopo di prevenire le successive possibili metastasi.

È stato dimostrato, spiega una nota, infatti che alcune tipologie di tumori, come quelli del colon e dello stomaco, considerati big killer oncologici, potranno sviluppare, nel 40-70% dei casi, una diffusione peritoneale, evitabile, in un numero consistente di casi, mediante l’applicazione di tecniche all’avanguardia.

L’Unità Operativa si avvale infatti delle tecniche più evolute nel campo della chirurgia oncologica addominale, quali la chirurgia citoriduttiva associata alla chemioipertermia intraperitoneale (HIPEC) e la chemioterapia pressurizzata mediante approccio laparoscopico (PIPAC), che consentono sostanziali miglioramenti della sopravvivenza e della qualità di vita dei pazienti. I sarcomi retroperitoneali sono trattati invece mediante chirurgia compartimentale, raramente associata all’HIPEC, che consente, tramite resezioni multiviscerali, un miglioramento prognostico rispetto alla chirurgia tradizionale.

La Uo riconosciuta, dalla Società Italiana di Chirurgia Oncologica (Sico), come Centro di Riferimento per la Cura dei Tumori Peritoneali, lavora in sinergia con le principali Istituzioni nazionali ed internazionali impegnate nella cura dei tumori addominali.

Ciò consente anche di poter inserire i pazienti in studi sperimentali, quale il VEROne, attualmente in corso, effettuato in collaborazione con le Università di Verona, Siena e Perugia, l’Ospedale San Raffele e l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano ed il Policlinico Gemelli di Roma e rivolto al trattamento dei tumori dello stomaco in fase avanzata mediante l’associazione di chemioterapia sistemica, PIPAC e chirurgia.

“È una grande soddisfazione – ha affermato il Prof. Macrì – essere riusciti a far nascere proprio in Sicilia una delle poche Unità Operative esistenti dedicate al trattamento di questi tumori, una volta considerati incurabili ed oggi invece trattabili con metodiche all’avanguardia, che devono essere utilizzate solo in Centri altamente specializzati. La nostra storia inizia nel 2003 e in un lungo percorso abbiamo effettuato oltre 600 interventi per tumori della cavità peritoneale e dello spazio retroperitoneale, tra cui più di 150 citoriduzioni chirurgiche associate alla chemioipertermia peritoneale e più di 50 PIPAC (Pressurized Intraperitoneal Aerosol Chemotherapy). In particolare, - aggiunge – quest’ultima tecnologia che, attualmente, rappresenta la terapia più innovativa in quest’ambito dell’oncologia chirurgica, è entrata nel nostro bagaglio, dopo un lungo periodo di studio e preparazione, a maggio 2020, in piena pandemia, convinti che anche le altre patologie dovessero essere curate e non divenire malattie di serie B”.

La nascita di questa unità operativa, conclude Macrì, “dovrebbe portare alla centralizzazione dei pazienti, evitandone la dispersione in strutture non attrezzate, riducendo così anche l’emigrazione sanitaria verso altre regioni”.

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