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Mercoledì 05 APRILE 2023
In Italia l'osteopatia rischia di morire prima di nascere



Gentile Direttore,
mi permetta di definire autolesionista il conto alla rovescia di una rappresentanza di osteopati che vede nel prossimo Decreto leg.vo, ancora in alto mare, la fine dei problemi dei propri associati.
La fretta e l'approssimazione con cui si auspica che questa disciplina venga definita, viceversa, preconizza il rischio di una svendita tutta italiana dell'osteopatia in considerazione dell'ipotesi surreale del suo corso di studi di durata triennale i cui primi due anni siano in comune con i corsi di fisioterapia e solo l'ultimo caratterizzante la specifica professione.
La nostra Associazione tecnico-scientifica rifiuta questo compromesso che non solo nega il senso della legge che nel 2018 identificò come autonoma la nuova professione della salute, ma che contraddice tutte le legislazioni europee e le norme pur condivise e sottoscritte dagli stessi personaggi che oggi considerano questa potenziale Caporetto dell'osteopatia come inverosimile trionfo personale (cfr. Rapporti OMS in materia e Norma CEN 16686).
Con queste considerazioni non pensiamo soltanto agli attuali e futuri studenti dei corsi di osteopatia, ma anche a quei milioni di pazienti che in un malaugurato futuro non potranno più fare riferimento ad osteopati con competenze tradizionali, informati delle evidenze e in grado di esercitare un'assistenza complessa e centrata sul paziente nei termini attualmente noti. In questa pessima prospettiva, a nostro parere, la Sanità potrà avvalersi soltanto di terapeuti dall'autonomia e dalle capacità talmente precarie e omologate, al punto da chiederci a cosa sia servito riconoscere una nuova professione che innovativa e autonoma non potrà affatto essere.
Comprendiamo le ragioni dettate dalla paura di alcuni professionisti che temono la definizione di linee guida rigorose per la verifica delle proprie competenze pedagogiche e di esercizio. Tuttavia, questa non può rappresentare giustificazione per giungere alla definizione di un corso di studi che travisi completamente il ruolo professionale e le riferite pedagogie che fanno riferimento all'osteopatia di tutto il resto del mondo. Si decreterebbe, cioè, la fine di una competenza assistenziale potenzialmente efficacia ancor prima della sua nascita.
Infine, non pare disporre di alcuna dignità intellettuale colui che agiti lo spettro della temporanea precarietà nel sostenere il definitivo fallimento di un progetto che dovrebbe portare nuova linfa assistenziale in ambito preventivo nazionale.
Confidiamo che il nuovo Governo della Repubblica sappia riconoscere ogni tentativo di contraffazione nel riferimento ai fonti esemplari per chiarezza e rigore culturale, premiando il merito e le capacità dei professionisti più qualificati che possano documentare la loro professionalità autonoma, preventiva ed interdisciplinare.

Federico Claudio Franscini
Segretario/Tesoriere ADOE

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