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Giovedì 27 APRILE 2023
Sars-CoV-2. Messo a punto sistema computazionale per prevedere la  patogenicità delle varianti. Lo studio italiano

A sviluppare la metodologia che consente anche di determinare un indice di patogenicità tale da permettere una risposta sanitaria immediata e personalizzata è il Cnr-Ibiom con l’Università di Bari e la Statale di Milano e il supporto della piattaforma bioinformatica e genomica di Elixir Italia. Lo studio pubblicato su Nature Communications Biology

Messa a punto un sistema computazionale per l’identificazione delle varianti virali del virus di Sars-CoV-2 più pericolose per la salute pubblica mediante una analisi comparativa di oltre 11 milioni di genomi virali campionati nel corso della pandemia. Un sistema che può essere utilizzato per eventuali nuove pandemie.

A sviluppare la metodologia che consente di classificare tempestivamente le nuove varianti determinando anche un indice di patogenicità tale da permettere una risposta sanitaria immediata e personalizzata è il Cnr-Ibiom insieme all’Università di Bari e all’Università Statale di Milano, con il supporto della piattaforma bioinformatica e genomica di Elixir Italia, messa a disposizione dal nodo italiano dell’Infrastruttura di ricerca europea Elixir per le scienze della vita.

Lo studio, pubblicato su Nature Communications Biology, ha preso in esame il virus della sindrome respiratoria acuta grave coronavirus di tipo 2 (Sars-CoV-2), che dall’inizio della pandemia ha subito una costante evoluzione, assumendo le forme di numerosissime “varianti” classificate in funzione della loro rilevanza epidemica e sanitaria come VOC (variant of concern), VOI (variant of interest) e VUM (variant under monitoring) a seconda del grado di infettività, della capacità di eludere la risposta immunitaria, e della severità della malattia causata.

“Per fronteggiare una crisi pandemica e minimizzarne l’impatto sociale e sanitario – spiega Graziano Pesole del Cnr-Ibiom e dell’Università di Bari – è cruciale la capacità di riconoscere immediatamente le varianti più pericolose (VOC): l’analisi retrospettiva presentata in questo studio dimostra come il tempo intercorso tra la prima osservazione delle varianti critiche (es. alfa, delta, omicron), pari anche a oltre due mesi, si sia rilevato troppo lungo per mettere in atto pratiche di contenimento adeguate. Attraverso questo nuovo studio – ha aggiunto – è stato possibile, mediante un’analisi comparativa di un gran numero di caratteristiche derivate dall’analisi dei genomi virali, elaborare un indice di ‘pericolosità’ che può essere calcolato in pochi secondi non appena la nuova variante viene osservata”.

La metodologia innovativa permette, così, di caratterizzare nuove varianti non appena queste cominciano a moltiplicarsi nella popolazione, valutando il potenziale impatto patogenico ed epidemiologico di eventuali nuove pandemie con tempestività, e migliorando anche l’efficienza della risposta sanitaria. “Lo studio dimostra l’importanza della sorveglianza genomica per campionare in modo omogeneo i genomi virali in diversi intervalli di tempo e a intervalli di tempo regolari”, conclude Pesole.

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