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Venerdì 05 MAGGIO 2023
Ma il rapporto pubblico-pubblico interessa qualcuno a sinistra?

Quello che mi preoccupa non è l’attenzione giustissima e qualificatissima a sinistra sul rapporto col privato, ma la carenza di attenzione (e quindi di studio e riflessione) da quella parte, che sento la mia parte, su quello che ho chiamato rapporto pubblico-pubblico. Ci vedo un po’ la stessa riluttanza che c’è sempre a sinistra a occuparsi della programmazione sbagliata della assistenza ospedaliera.

Mi ha molto colpito il programma delle Giornate residenziali di politica sanitaria che si terranno dal 6 all’8 settembre 2023 a San Domenico di Fiesole, di recente annunciate e descritte su Salute Internazionale. Le Giornate sono a cura del Laboratorio su salute e sanità, con la collaborazione di Salute diritto fondamentale, Salute internazionale e Lunaria. Due sono le cose che in particolare mi hanno colpito: l’autorevolezza e la “familiarità” dei componenti del Comitato promotore e del Comitato Scientifico del Laboratorio che organizza l’iniziativa (che comprende la quasi totalità delle persone, alcune delle quali amiche, che sono per me un costante riferimento culturale da molti anni sui temi della sanità pubblica) e il taglio dato alle Giornate.
Esse saranno, come ben viene riassunto su Salute Internazionale, tre giornate di studio, riflessione e discussione che a partire dall’intersezione delle cause esogene e endogene che hanno prodotto negli ultimi decenni il progressivo ridimensionamento del welfare e il conseguente smantellamento del SSN si focalizzeranno poi su due temi specifici: il rapporto pubblico-privato, comprensivo sia della privatizzazione dei servizi sanitari che dello sviluppo del settore assicurativo privato, e le crescenti diseguaglianze nella salute. Se si legano questi due temi al titolo del programma delle Giornate come riportato su Salute Internazionale, e cioè “Il Servizio sanitario nazionale è in pericolo. Le sfide dell’universalismo”, risulta chiaro che nei lavori si considererà come principale causa della crisi della sanità pubblica italiana la privatizzazione della salute nelle sue diverse forme (erogatori privati, fondi integrativi e assicurazioni). Del resto questo è il taglio dato spesso anche qui su QS agli interventi “da sinistra” sulla crisi del SSN.

Penso anche io che il rapporto pubblico-privato costituisca uno dei fattori di crisi più importanti del nostro SSN, ma non prendere quasi mai in considerazione “da sinistra” il rapporto pubblico-pubblico o considerarlo un fattore minore mi sembra francamente un errore. Col rapporto pubblico-pubblico mi riferisco al modo con cui il sistema sanitario pubblico nella sua componente di governo politico e nella sua componente di gestione tecnico-manageriale opera a tutti i livelli per garantire attraverso le strutture e i servizi a gestione diretta l’erogazione di quelli che gergalmente chiamiamo i LEA, compresa la dimensione della equità.

Il rapporto pubblico-pubblico si esprime ad esempio attraverso la programmazione e regolamentazione dei servizi ospedalieri e territoriali pubblici, la politica del personale, la gestione dei programmi di edilizia sanitaria e di adeguamento tecnologico, la formazione e la scelta della classe dirigente, il monitoraggio delle Regioni e delle Aziende, la definizione degli accordi contrattuali del personale dipendente, la definizione degli accordi contrattuali con il personale convenzionato e tanto altro ancora. Tutti i principali processi che fanno funzionare il SSN dipendono da questo che io chiamo rapporto pubblico-pubblico, definizione da me scelta proprio per sottolineare che nella sanità ci sono almeno due mucche in corridoio (per riprendere la splendida espressione di Pier Luigi Bersani) dal nome simile: una è il rapporto pubblico-privato e una il rapporto pubblico-pubblico.

Premesso che non tutta l’Italia è come la Lombardia, Regione in cui il rapporto col privato assume dimensioni e caratteristiche sempre più sbilanciate a favore di questa componente, proviamo a ragionare in termini epidemiologici (dall’epidemiologia viene peraltro buona parte del mondo che sostiene la iniziativa dal cui commento sono partito) e a chiederci quale sia rispetto alla crisi della attuale sanità pubblica la frazione eziologica del fattore rapporto pubblico-privato e quale quella del rapporto pubblico-pubblico.

Per la definizione di “frazione eziologica” mi rifaccio alla seguente definizione: “il potenziale di riduzione nell'outcome di malattia conseguente all'eliminazione di un fattore di rischio.” Se la malattia è la crisi del SSN, e l’outcome è l’uscita da questa crisi, sono “empiricamente” convinto che nella grande maggioranza delle Regioni l’eliminazione o contenimento del fattore di rischio cattiva gestione del rapporto pubblico-privato nelle sue diverse forme inciderebbe molto meno sull’uscita dalla crisi della eliminazione o contenimento del fattore di rischio cattiva gestione del rapporto pubblico-pubblico. Nelle Marche sarebbe sicuramente così, come scrivo anche troppo spesso su queste pagine.

Quello che mi preoccupa non è l’attenzione giustissima e qualificatissima a sinistra sul rapporto col privato, ma la carenza di attenzione (e quindi di studio e riflessione) da quella parte, che sento la mia parte, su quello che ho chiamato rapporto pubblico-pubblico. Ci vedo un po’ la stessa riluttanza che c’è sempre a sinistra a occuparsi della programmazione sbagliata della assistenza ospedaliera. Si tratta in entrambi i casi di disattenzioni epidemiologicamente inspiegabili dato il peso eziologico che entrambe le questioni esercitano sulla crisi del SSN. Se debbo essere sincero, a volte penso che manchi tra qualcuno dei disattenti una conoscenza adeguata dei meccanismi di funzionamento del SSN nel mondo reale, delle sue regole e della loro concreta applicazione.

Claudio Maria Maffei

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