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Lunedì 18 SETTEMBRE 2023
Creati i primi embrioni umani sintetici con cellule staminali. Il dibattito è aperto

I biologi dello sviluppo sono riusciti ad assemblare in vitro embrioni sintetici con cellule staminali umane senza utilizzare ovuli e spermatozoi. Un ampio dibattito nel mondo scientifico, che coinvolge ricercatori, legislatori, esperti di etica e la comunità in generale, si concentra su questo preciso punto: come procedere in modo responsabile? La chiave risiederà in un dialogo aperto e collaborativo

Non hanno un cuore pulsante o un abbozzo di cervello, ma gli embrioni umani sintetici rivestono un ruolo fondamentale nello studio dello sviluppo embrionale post-impianto, un terreno finora in gran parte inesplorato. Questi embrioni, creati in laboratorio, offrono ai biologi dello sviluppo l’opportunità unica di esaminare la complessità dei processi cellulari e molecolari che avvengono in questa fase cruciale della vita. I clinici hanno ora la possibilità di capire meglio le cause che sono alla base dell’infertilità, i fallimenti di molte gravidanze e di chiarire l’origine di numerose patologie genetiche.

Questo straordinario risultato è stato annunciato il 14 giugno scorso dalla biologa Magdalena Żernicka-Goetz dell'Università di Cambridge e del California Institute of Technology (CALTECH) durante l'incontro annuale dell'International Society for Stem Cell Research (ISSCR) a Boston. Pochi giorni dopo, il 27 giugno, i dettagli della sua ricerca sono stati pubblicati in peer-reviwed su Nature, facendo da apripista ad altri 4 lavori scientifici sullo stesso argomento, prodotti da altrettanti team di ricerca. Il 6 settembre scorso Nature ha pubblicato un ulteriore studio sull’argomento, questa volta ad opera del team di Jacob Hanna, professore presso il Dipartimento di genetica molecolare al Weizmann Institute of Science in Israele, che ha tenuto a precisare: “l'embrione, derivato da cellule staminali, non subisce alcuna manipolazione genetica, è equivalente a un embrione di 14 giorni. E come un embrione vero e proprio, ha mostrato la presenza di cellule primordiali del sacco vitellino, della cavità amniotica, della placenta e delle cellule del corion”.

Questo non significa che si creeranno bambini in laboratorio. Il vero obiettivo di questi studi è decifrare i segreti delle prime fasi dello sviluppo embrionale umano e, in particolare, studiare a fondo le fasi cruciali che seguono al suo impianto nell’utero.

Gli studi precedenti avevano circoscritto il loro interesse ai primi 6-8 giorni successivi alla fecondazione, coincidenti con la fase che precede l’impianto dell’embrione in utero. È la fase in cui avvengono processi cruciali per lo sviluppo umano, come la formazione della blastocisti, a cui segue l’annidamento. Le ultime ricerche invece hanno spostato l’attenzione alla fase immediatamente successiva, vale a dire a quella del post-impianto, che va dal 9° al 14° giorno dopo la fecondazione. È una periodo dello sviluppo embrionale che per molto tempo ha rappresentato la “scatola nera” della riproduzione umana. La maggior parte delle informazioni proveniva da studi su animali (topi, scimmie, zebrafish) e non da cellule umane. Le ragioni? Limitazioni etiche-legali. La cosiddetta “regola dei 14 giorni” impone che gli embrioni possono essere coltivati in vitro solo fino a 14 giorni dal concepimento, giusto prima che si possa rilevare l’andamento della gravidanza con una scansione ecografica.

Per superare questa regola gli scienziati hanno utilizzato Cellule Staminali Umane Pluripotenti indotte (iPSC), senza ricorre a ovuli e spermatozoi. Queste cellule, prelevate da tessuti umani maturi, come la pelle o cellule del sangue, vengono “riprogrammate” grazie alla introduzione di specifici geni attivi in modo da acquisire le caratteristiche delle Cellule Staminali Embrionali (ESC). Le iPSC sono state poi coltivate in laboratorio, seguendo un processo di sviluppo sequenziale che imita quello che avviene naturalmente nel corpo umano. In questo ambiente controllato di laboratorio, le cellule staminali sono state stimolate a differenziarsi in cellule dei tre strati germinativi distinti: ectoderma, mesoderma ed endoderma, che sono le tre linee cellulari essenziali per la corretta formazione degli organi e dei tessuti durante lo sviluppo embrionale. Per ottenere questi risultati, queste strutture organiche pluricellulari simil-embrionali («embrioidi») sono state coltivate fino ad uno stadio leggermente superiore ai tradizionali 14 giorni di sviluppo per un embrione naturale, offrendo così una visione senza precedenti di questo periodo dello sviluppo umano.

La ricerca sugli embrioni sintetici sta sollevando nuove questioni etiche. Se da un lato gli embroidi sono visti da molti scienziati come strumenti fondamentali per lo studio di molti casi d’infertilità, di patologie genetiche e di aborti ricorrenti, altri ritengono, invece, che rappresentino una problematica intersezione tra progresso tecnologico e dignità della vita, anche se creata in laboratorio. Ma la cosa più grave è che tutto questo sta creando un crescente divario tra ambizioni scientifiche ed etica: mentre gli scienziati spingono la ricerca sempre più avanti, l’opinione pubblica appare sempre più sconcertata e osserva con crescente preoccupazione i risultati di questi studi, rischiando una frattura tra ricerca e percezione pubblica.

Visto da questa angolazione la questione diventa anche un problema legislativo. La maggior parte dei Paesi più industrializzati si è posto questo quesito e ha introdotto leggi che regolamentano la ricerca sugli embrioni umani, stabilendo limiti temporali per la coltivazione in laboratorio. Così, la Società Internazionale per la Ricerca sulle Cellule Staminali (ISSCR) ha stabilito linee guida chiare sull’uso degli embrioni umani, vietando il loro impianto indipendentemente dal tipo d’utero, umano o non umano. Inoltre, da decenni, esiste la “regola dei 14 giorni” che delimita il periodo massimo di coltivazione degli embrioni in ambiente di laboratorio.

Ma è applicabile questa regola anche agli embrioni sintetici, essendo essi modelli e non veri e propri embrioni? Per affrontare queste e altre domande, è stato creato un gruppo di lavoro, denominato Governance of Stem Cell-Based Embryo Models (G-SCBEM), che unisce scienziati, giuristi ed esperti di bioetica. L’obiettivo di questo organismo è chiaro: individuare e colmare le lacune nelle attuali regolamentazioni, fornendo indicazioni precise nell'ambito delle ricerche sugli embrioni sintetici.

Attualmente è in corso un ampio dibattito nel mondo scientifico, che coinvolge ricercatori, legislatori, esperti di etica e la comunità in generale, e si concentra su questo preciso punto: come procedere in modo responsabile? La chiave risiederà in un dialogo aperto e collaborativo. Solo attraverso una riflessione condivisa e un approccio equilibrato si potrà garantire che l'innovazione vada di pari passo con l'etica. La strada verso il futuro della medicina richiederà discernimento, collaborazione e, soprattutto, rispetto per la vita in tutte le sue forme.

Carlo Sbiroli
Primario emerito oncologia ginecologica, Istituto nazionale tumori Regina Elena (Ifo) Roma

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