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Lunedì 29 GENNAIO 2024
Personale sanitario inabile



Gentile Direttore,
è di questi giorni la notizia, riportata su molte testate giornalistiche, della campagna attuata dalla Regione Lazio alla ricerca di medici ed infermieri con riduzioni per inabilità al servizio prestato, alla luce degli oltre 11000 operatori sanitari che ne sono affetti.

Qualcuno ha parlato di vergognose liste di proscrizione, volte ad individuare i colleghi che non possono svolgere turni notturni o fare particolari sforzi fisici non per pigrizia o insolenza, ma perché una specifica Commissione ha così disposto.

La realtà è che, dopo dieci anni di blocco del turnover, il personale sanitario del Lazio è anziano e, a causa della drammatica riduzione di vocazioni - con alcune specialità che non sono riuscite ad assegnare le borse di studio previste - delle continue aggressioni, delle scarse gratificazioni professionali ed economiche, il ricambio generazionale stenta a decollare. E l’età media elevata dei professionisti sanitari porta con sé tutte le inevitabili conseguenze che i lavori particolarmente usuranti possono causare.

Io non so se chi parla e scrive di inidoneità ha mai prestato attività sanitaria o si diletta solo a parlare, ma fare il medico o l’infermiere in un Pronto soccorso o garantire le guardie in h 24, con inversione dei ritmi circadiani, mancanza di tempi di recupero, impossibilità di usufruire delle ferie maturate, assoluta impossibilità di aggiornamento, rischio continuo di aggressioni immotivate (e potrei continuare il lungo e triste elenco che induce alla totale demotivazione) è già sicuramente molto usurante e gravoso. È dunque normale che le naturali patologie caratteristiche della terza età compaiano più precocemente in chi fa sforzi assistenziali fisici continui rispetto magari a chi svolge lavoro solo di scrivania.

Tanto per fare un esempio, il mal di schiena è la causa più rilevante di infermità e di disabilità al di sotto dei 45 anni. Al XXXV Congresso Nazionale della Società di Chirurgia Vertebrale G.I.S. alcuni esperti hanno riferito di almeno 15.000.000 di persone che ne soffrono nel nostro paese, con lombalgie, discopatie, stenosi del canale vertebrale ed ernie del disco.

Secondo uno studio Censis del 2023, il dolore cronico impatta in modo moderato o severo nel sollevare oggetti (60,2%), svolgere attività fisica (59,3%) fino ad arrivare a causare la totale incompatibilità al lavoro (11,1 %).

Se aggiungiamo che, secondo i dati ISTAT, tra il 2002 e il 2019 la popolazione totale degli over 65 anni è passata da 10,662 milioni a 13,693 milioni, ed il rapporto tra persone in età lavorativa (tra i 15 e i 64 anni) e quelle che non lo sono più (over 65)nel 2020 era circa del 40%, non possiamo stupirci dell’impatto delle condizioni di salute dei lavoratori sul mondo del lavoro.

I numeri riportati negli articoli pubblicati vedono 283 medici del S. Camillo che non possono alzare pesi su 3750 dipendenti e costituiscono quindi il 7,5% di inabili; i 231 medici del Policlinico Umberto I che non possono fare turni di notte su 4600 dipendenti costituiscono il 5%; i 127 infermieri che non possono fare sforzi ed i 50 esonerati dal lavoro notturno nella ASL Roma 2 su 3500 infermieri costituiscono rispettivamente il 3,6% e l’1,4% del totale, e così via.

Se queste sono le reali percentuali, risultano ben al di sotto di quelle riportate dai rilievi nazionali riferiti da ISTAT e CENSIS!

Il personale sanitario in realtà è solamente stanco, consumato, insoddisfatto ma soprattutto vecchio, con tutte le conseguenze che l’essere tali comporta. Il blocco del turnover ed i tagli alla spesa sanitaria tra il 2008 ed il 2018 hanno ridotto il personale dedicato di oltre 41000 unità con un progressivo aumento dell’età media ed un peso delle attività che si è concentrato su un numero ridotto di lavoratori, senza considerare il 28% di pensionamenti previsti nel 2027, come riportato sul bollettino Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP) di Agosto 2023.

Va dato atto alla Regione che alcuni concorsi sono stati effettuati, ma il numero degli assunti e degli stabilizzati o rinnovati è ancora abbondantemente insufficiente.

E’ quindi indispensabile individuare il fabbisogno di ogni singola Azienda e di ogni singolo reparto per realizzare una nuova organizzazione del lavoro e dei servizi nella quale si programmi una integrazione del personale inabile con personale a pieno servizio, chiarendo meglio il rapporto tra strutture sanitarie pubbliche e operatori privati, sicuramente meglio del mantenimento in servizio dei medici fino ai 72 anni, molti dei quali già esentati dai turni di guardia e dai lavori gravosi.

Vincenzo Bianco
Segretario regionale Cimo-Fesmed Lazio

Francesco Nardacchione
Presidente regionale Cimo-Fesmed Lazio

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