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“Non possiamo permetterci di sprecare l’occasione di dotare l’Unione europea di una Legislazione farmaceutica aggiornata e che sappia migliorare l’equità di accesso ai farmaci, anche rendendo più snelli i passaggi in fase di approvazione, e promuovere innovazione e scienza, senza però dimenticare le peculiarità della nostra Nazione”. A parlarne è stato il ministro della Salute, Orazio Schillaci, a margine del convegno ‘Prodotti farmaceutici: le proposte italiane sulla nuova governance’, in Senato a Roma. "Ciò che desta perplessità - ha proseguito - non solo da parte nostra in Italia, ma anche in altri Stati europei – penso alla Francia e alla Germania - sono le misure individuate per il raggiungimento di questi obiettivi. Questa platea ben conosce i contenuti del Position paper presentato dal Governo italiano che sintetizza le criticità delle attuali proposte normative che sono state accuratamente analizzate anche dal Parlamento italiano, che ringrazio per l’impegno e l’attenzione dimostrati. D’altronde si tratta di norme che impatteranno sul futuro dell’Italia in termini assistenziali, economici e sociali. Ma oggi voglio soffermarmi su alcune di queste criticità, prima tra tutte quella riguardante la riduzione dei tempi di protezione della proprietà intellettuale da otto e sei anni e i meccanismi che permetterebbero di estendere il periodo di data protection". "Questi meccanismi - ha aggiunto Schillaci - che prevedono un’estensione della protezione aggiuntiva alle aziende nei casi di sviluppo di un nuovo antibiotico o di terapie in risposta a bisogni insoddisfatti, rendono complesso e imprevedibile il sistema regolatorio, generano grande incertezza per gli investitori, con possibili ripercussioni negative sul mercato e sulla disponibilità dei farmaci per i cittadini europei. E senza alcuna certezza di un beneficio in termini di reale sostenibilità economica. Credo che dobbiamo chiederci con grande senso di concretezza se queste misure avranno realmente l’effetto di garantire a tutti i cittadini l’accesso a farmaci innovativi, evitando ogni discriminazione tra Stati Membri o piuttosto non determineranno la fuga delle industrie farmaceutiche dell’Europa verso Stati che già oggi hanno legislazioni più favorevoli, come Stati Uniti e Cina”. "In quest’ottica Aifa, che guida la Joint Action europea sulle carenze, sta cercando di creare un sistema che ottimizzi le azioni in corso e dia supporto agli Stati membri riducendo duplicazioni e inefficienze. Infatti le strutture europee di recente istituzione al momento forniscono informazioni (raccolte peraltro dagli Stati membri stessi) ma non contribuiscono a migliorare le forniture di medicinali. Né la proposta di Regolamento sembra permettere di compiere passi avanti, limitandosi a prevedere obblighi più stringenti per i produttori con possibili aggravi di lavoro per le autorità regolatorie, senza comprenderne i reali benefici. La strategia da utilizzare credo debba essere diversa cioè quella di individuare misure che possano incidere in maniera efficace per diminuire la dipendenza da mercati terzi, aumentando la produzione di farmaci essenziali nell’UE e creando incentivi affinché si investa nel mercato europeo, anche attraverso l’utilizzo delle tecnologie, sviluppando un sistema informatico europeo che consenta di monitorare tempestivamente e notificare eventuali carenze. Un altro aspetto di cui si discute poco e che riteniamo meriti un approfondimento, riguarda la centralizzazione e il rafforzamento di Ema. Se, da un lato, questa proposta può snellire alcuni passaggi in fase di approvazione, dall’altro potrebbe portare ad una riduzione del livello di discussione generale, una perdita di expertise nonché una minore rappresentatività delle autorità nazionali competenti a vantaggio del solo coinvolgimento di esperti esterni, riducendo l’apporto critico degli Stati membri nei processi decisionali”, ha concluso il ministro. Francesco Zaffini, presidente della commissione Sanità del Senato, ha ricordato “alcune complessità evidenziate dalla prima stesura di questa normativa. Martedì consegnerò a Sandra Gallina due risoluzioni approvate delle commissioni Sanità di Camera e Senato, un passaggio parlamentare definitivo di massimo livello. Da questo appuntamento si tirano le somme di quella che sarà l’azione del nostro Paese per recuperare, noi oggi siamo ancora in tempo e in campo per agire, ma credo che il nostro paese in questo passaggio abbia bisogno di arricchire questa prima proposta di alcuni elementi che diano modo alla nostra governance sanitaria di essere più efficace e stringente, per esempio a livello regionale”. Parlando della nuova legislazione europea sul farmaco, l'ex direttore Ema Guido Rasi ha ricordato che “è ancora in fieri, ma nei prossimi 5 anni una percentuale crescente di nuovi farmaci apparterrà a classi attualmente rappresentate in parte minima nell’armamentario terapeutico: terapie cellulari, drug delivery, uso di applicativi, terapie geniche, che attengono a competenze che forse oggi non abbiamo. L’attuale proposta si propone di sanare alcune lentezze del processo autorizzativo, con un occhio puntato alle carenze di farmaci essenziali, cercando incentivare investimenti e innovazione. Un connubio non facile”. Sandra Gallina, Direttore Generale della Direzione Generale Salute e Sicurezza Alimentare (Sante) della Commissione europea, ha evidenziato che “questo è uno dei pochi settori in cui abbiamo un saldo positivo da più di 10 anni, l’Italia è in testa alla produzione europea, ma in questo settore bisogna fare degli investimenti a lunghissimo termine. Ma se il grande elemento dell’innovazione corre veloce, la legislazione è molto lenta. I problemi dell’ecosistema farmaceutico non potranno essere risolti solo con una nuova normativa. Quel che è certo è che l’Europa non svende la proprietà intellettuale. Il brevetto, la proprietà intellettuale sono sacre, non le tocchiamo”. Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, ha fatto notare come, con la proposta di riforma normativa europea sui farmaci “si vada verso un contesto impoverito: negli ultimi 20 anni abbiamo perso il 25% degli investimenti in Europa e attualmente su 10 nuovi farmaci 6 farmaci sono americani e 2,5 cinesi. Se pensiamo di stimolare così gli investimenti, con l’inflazione alle stelle, il risultato sarà affossare un intero continente nel suo sviluppo economico e sociale e nel diritto dei cittadini di accedere a farmaci. Il tema è ampio, complesso ma questa proposta di riforma è un autogol rispetto all’accesso presente e futuro verso l’innovazione. L’obiettivo è molto chiaro ed è ridurre la proprietà intellettuale, con meccanismi frastagliati, cosa che renderà l’Europa non attrattiva rispetto agli altri cluster mondiali dell’innovazione. Il nostro invito al Governo, che ha subito presentato un position paper, è aumentare il fronte della condivisione affinché si possa ampliare la proprietà intellettuale, altrimenti i primi a perdere come cittadini saremo noi”.
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Venerdì 09 FEBBRAIO 2024
Farmaceutica. Schillaci: “Non sprecare l’occasione di dotare l’Ue di un legislazione aggiornata che impatterà sul futuro dell’Italia”
"Ciò che desta perplessità, non solo da parte nostra in Italia, ma anche in altri Stati europei – penso alla Francia e alla Germania - sono le misure individuate per il raggiungimento degli obiettivi fissati. Si tratta di norme che impatteranno sul futuro dell’Italia in termini assistenziali, economici e sociali", ha spiegato il ministro della Salute a margine di un convegno organizzato ieri al Senato.
“Quando parliamo di riforma della legislazione farmaceutica - ha proseguito - dobbiamo tenere presente che la sfida è quella di saper coniugare la tutela del diritto di tutti i cittadini europei ad accedere a farmaci innovativi a prezzi giusti e la protezione del ruolo dell’industria farmaceutica italiana, un settore d’eccellenza che va sostenuto e valorizzato nell’interesse di tutti i cittadini. Sono diverse le finalità – in linea generale condivisibili - della proposta dell’Unione Europea: accesso tempestivo ed equo ai medicinali da parte dei pazienti in tutti gli Stati membri; approvvigionamento dei medicinali anche da parte dei mercati più piccoli; contrasto al fenomeno delle carenze; sviluppo di nuovi antibiotici o di terapie in risposta a bisogni insoddisfatti".
“Nei fatti - ha proseguito il ministro - quest’abbreviazione dei tempi rappresenta un fattore limitante per gli investimenti, rende sempre meno attrattiva l’Europa come sede per gli investimenti in Ricerca e Sviluppo rispetto agli Stati che adottano politiche più incentivanti. In questo scenario, rischiamo di vedere milioni di cittadini attendere l’arrivo di farmaci innovativi da regioni extra europee, di indebolire ulteriormente l’Europa che negli ultimi decenni ha già perso un quarto degli investimenti in ricerca. Anche relativamente alla carenza dei farmaci, che tocca tutti i Paesi UE è un ambito che senza dubbio va disciplinato con norme che permettano agli Stati di intervenire in maniera concreta per gestire al meglio le carenze. Fino ad oggi, infatti, gli strumenti come HERA hanno mostrato limiti significativi e gli Stati hanno dovuto adoperarsi autonomamente per risolvere le carenze in corso. Bisognerebbe cambiare l’approccio che oggi chiede agli Stati membri dati, prese di responsabilità e soluzioni senza fornire risposte soddisfacenti".
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