quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Lunedì 26 FEBBRAIO 2024
Il dilagante disagio psichico “detenuto”: Rems, Atsm,suicidi in carcere e l’inesorabile declino delle competenze



Gentile Direttore,

debbo dire che non provo più alcuna meraviglia di fronte alla constatazione che, le considerazioni più o meno teoriche su taluni argomenti, vengano espresse da professionisti i quali, di quegli argomenti, non hanno alcuna esperienza clinica. Cercherò dunque, a partire dalla mia lunga esperienza clinica nel campo, di fare un po’ di chiarezza sulla spinosa questione del disagio psichico “detenuto” e “internato”, vale a dire sull’impressionante percentuale di malati psichici gravi nelle galere, sulle REMS (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza detentive) e sulle ATSM (Articolazioni carcerarie per la Tutela della Salute Mentale).

Le REMS. Nell’ultimo Rapporto del Garante Nazionale, del giugno 2023, si legge che i ricoverati nelle REMS erano 632, mentre le persone in attesa di farvi ingresso erano 675. Di queste ultime 42 erano detenute in carcere: detenute illegittimamente, con sentenze CEDU che condannano tale detenzione. La necessità urgente di rivedere il sistema delle REMS e dell’internamento detentivo è stata indicata con molta chiarezza nella sentenza 22/2022 della Corte Costituzionale[1], la quale non ha potuto dire che la L. 81/2014 era anticostituzionale, perché da una simile pronuncia sarebbe derivata “l’integrale caducazione del sistema delle REMS”, con la conseguenza di “un intollerabile vuoto di tutela di interessi costituzionalmente rilevanti”. Ma la Corte Costituzionale, con la stessa sentenza, ha peraltro “rivolto il monito al legislatore affinché proceda, senza indugio, a una complessiva riforma di sistema, che assicuri assieme: a) un’adeguata base legislativa alla nuova misura di sicurezza; b) la realizzazione e il buon funzionamento, sull’intero territorio nazionale, di un numero di REMS sufficiente a far fronte ai reali fabbisogni […]; c) forme di idoneo coinvolgimento del ministero della Giustizia nell’attività di coordinamento e monitoraggio del funzionamento delle REMS esistenti […]”. Sono passati due anni dalla sentenza, ma nessuno ha fatto niente per rendere davvero costituzionali le norme sull’internamento giudiziario dei prosciolti pericolosi. C’è chi propone, come soluzione, l’ampliamento di circa 40 posti nelle REMS di tutta Italia. Ci sono 675 pazienti pericolosi in lista di attesa per l’ingresso nelle REMS e si pensa che un ampliamento di 40 posti letto possa risolvere il problema.

Molti, poi, vituperano la sentenza 9163/2005 (cd sentenza Raso) delle sezioni penali unite della Corte di Cassazione. Si tratta invece di una bellissima sentenza. Cosa dice tale sentenza? Dice che, all’incirca un terzo dei ricoverati nei SPDC, sono diagnosticati come affetti da gravi Disturbi della Personalità (DP). La competenza psichiatrica nella cura di tali gravi disturbi è dunque innegabile. I DP non comprendono solo il Disturbo Antisociale di Personalità, che ne rappresenta anzi una percentuale minore. La sentenza 9163/2005 ha dunque stabilito che i gravi DP, quando contraggono un legame causale con la commissione del reato, possono essere equiparati alle altre “infermità” che determinano un vizio di mente. A me le conclusioni di tale sentenza appaiono logiche e incontestabili.

Non è poi in alcun modo vero che tale sentenza costituisca una peculiarità della legislazione italiana: in molti paesi europei la “diversion” (il trattamento dei pazienti psichiatrici in ambito specialistico e non nelle carceri comuni) si applica correntemente anche ai pazienti affetti da DP. La “diversion” è non solo perché più efficace, ma anche perché più conveniente da un punto di vista economico. Solo negli USA non esiste il “proscioglimento per vizio di mente” e i pazienti psichiatrici autori di reato, quando abbiano recuperato una sufficiente capacità processuale, vengono condannati come tutte le altre persone. Anche qui in Italia c’è chi sostiene l’abolizione del “doppio binario”.

Consideriamo però che in America il tasso di detenzione è 8 volte superiore a quello italiano e che, su quasi 2,5 milioni di detenuti nelle carceri federali e locali, all’incirca il 20 % (vale a dire 500.000!) sono affetti da patologie psicotiche.

Le percentuali nelle carceri europee non sono molto dissimili. Vorrei davvero sapere se qualcuno dei Colleghi che propongono di effettuare in carcere la cura dei pazienti psichiatrici che manifestano elementi di pericolosità sociale, abbia mai lavorato all’interno di un carcere ordinario. Io vi ho lavorato per decine di anni e so bene che organizzare delle opportunità terapeutiche nelle carceri rappresenta un’impresa molto difficile, quasi “impossibile”. Ho sempre cercato di garantire appena possibile, a questi pazienti sofferenti, possibilità esterne di cura, adottando magari forme di “coazione benigna” non carcerarie. Nel carcere, oramai, anche gli Operatori Sanitari non vogliono più andare a lavorare (alle Vallette diversi medici hanno dato le dimissioni e, nel Lazio, un concorso per Operatori Sanitari penitenziari è andato deserto). Così i suicidi nelle carceri aumentano a dismisura (84 nel 2022, un po’ meno nel 2023 e 20 in questi primi cinquantacinque giorni del 2024: il tasso di suicidalità è dunque circa 20 volte superiore all’esterno). E c’è magari chi pensa che l’impressionante problema della sofferenza mentale reclusa possa essere affrontato dalle ATSM (34 ATSM in Italia, con meno di 300 detenuti in toto)!

Per favore, cerchiamo di trattare questi temi scottanti con competenza e senza avanzare proposte assolutamente inefficaci, come se il gravissimo problema della follia reclusa e internata si risolvesse con 40 posti in più nelle REMS, oppure mandando in carcere i mentally ill offenders socialmente pericolosi.

[1]ttps://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2022:22#:~:text=La%20funzione%20di%20contenimento%20della,32%20Cost.


Mario Iannucci
Psichiatra psicoanalistaEsperto di Salute Mentale applicata al Diritto

© RIPRODUZIONE RISERVATA