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Una legge di bilancio per il 2025 che fa i conti con il salvadanaio dello Stato, stando bene attenta anche agli spiccioli, e con i desiderata dall’UE, alla ricerca del suo consenso. Ciò però che meraviglia è la poca attenzione alle esigenze primarie rappresentate dal ministro alla Salute, Orazio Schillaci: promessi 3,7 miliardi, concessi 1,3; , una stretta del turn over fissata al 75% a fronte di una pretesa assunzione di operatori sanitari secondo necessitate Gli attori nella vicenda: Il primo condizionante il secondo con la divisione dei pani utili a nutrire la spesa corrente che assicura i diritti sociali, così come la conduzione dei Comuni, ai quali azzera addirittura il Fondo degli investimenti, cui si rende impossibile attendere all’assistenza sociale. L’inevitabile ratio e cambio di marcia A fronte di tutto questo scenario tutto politico, sono emerse alcune opzioni di cui il ministro Schillaci si sta rendendo protagonista. Due su tutte: la prima di rispetto delle regole; la seconda di merito, segnatamente incidente sulla salute piuttosto che sulla sanità e, di conseguenza, generativa – anche nel medio termine - di risparmi significativi da investire altrove piuttosto che nell’assistenza impegnata sulle patologie evitabili con una buona prevenzione. Le regole. Non è più tollerabile che ci siano Aziende Ospedaliere Universitarie mai riconosciute come tali, nonostante una disciplina apposita vigente dal 1999. Un risultato biasimevole stante l’importanza che un siffatto riconoscimento riveste, possibile a verificarsi solo per l’incuria di 11 ministri, avvicendatisi dopo il d.lgs. 517/1999, disattenti a risanare l’incredibile esistente. Ebbene, l’ex rettore di Tor Vergata ha deciso di cominciare dalla propria azienda ospedaliera, dopo aver commesso una grande leggerezza di non avere iniziato prima la nuova era con AOU “Renato Dulbecco” di Catanzaro lasciata libera di auto definirsi tale, con non poca fantasia e incoscienza degli attori che hanno perfezionato le monstre (si veda qui articolo del 30 giugno 2023). Una autodeterminazione avvenuta a seguito di una intrepida fusione per incorporazione, anche essa vittima a tutt’oggi di inadempimenti civilistici e fiscali, resa possibile a seguito di una richiesta di parere al Ministro, invero fondata su presupposti non veri, il quale ebbe a rispondere per il tramite del responsabile dell’ufficio legislativo in modo palesemente difforme dalla disciplina specifica. Ebbene, questo ministro, forte dell’esperienza rettoriale e dell’attaccamento alla disciplina specifica che l’ordinamento pone per la costituzione delle aziende ospedaliere universitarie, ha sollecitato l’università di Tor Vergata a porre rimedio all’esistente Policlinico, costituendo con atto del Consiglio di amministrazione dell’Università preceduto da una conforme decisione del Senato accademico dell’11 ottobre scorso, l’AOU Policlinico Tor Vergata. Lo fa sottoponendo, così come richiesto dalla legge disciplinante la materia, al rilascio dell’apposito Dpcm costitutivo, dal cui rilascio dipenderà l’esistenza dell’azienda ospedaliera universitaria. Più precisamente, a conclusione dell’anzidetto verbale viene infatti così rappresentato che: «nella seduta del 26 settembre 2024, il Consiglio di amministrazione ha approvato, subordinatamente al parere del Senato accademico ed alla previa intesa con la Regione Lazio, l'emanazione del Decreto rettorale di costituzione dell'Azienda Ospedaliera Universitaria "Policlinico Tor Vergata" ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2, comma 2, lett.a) e dell'art. 2, comma 8, del D. Lgs. n. 517 del 1999 - atto prodromico dell'iter di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 517 del 1999 -, la cui efficacia è da intendersi condizionata all'autorizzazione a mezzo decreto del Ministro dell'Università di concerto con il Ministro della Salute, sentita la Conferenza Stato-Regioni, nonché alla pubblicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al sopra citato art. 8, da intendersi quest'ultima come momento di attivazione della AOU ai sensi del Protocollo d'Intesa». Il merito. Riguarda l’impegno di Orazio Schillaci sulla prevenzione a tutto campo. Lo fa da ministro-medico: che sa che la Costituzione tutela il diritto alla Salute; che occorre attenuare fortemente l’ospedalocentrismo; che occorre rivisitare l’assistenza alla persona; che necessita farlo sul territorio; che occorre dare un serio contenuto erogativo alle Case della salute, a tutt’oggi vittime della più totale incertezza sul qualis erogativo. Una logica di ampio spettro che costituisce l’occasione per conseguire due obiettivi di fondo: l’approntare i Lea specifici e renderli sostenibili con il fededalismo fiscale ovunque, cominciando a lavorare a stretto gomito con il Clep per rivedere le sue conclusioni sul tema dei livelli essenziali di assistenza; intervenire in favore dello star bene, a cominciare dalla alimentazione, dalla salvaguardia degli ambienti di lavoro e di quelli di vita, cosparsi da pericolosi incidenti francamente evitabili. Lo fa da componente responsabile dell’Esecutivo alla ricerca di risorse: che deve darsi da fare per spendere meno e meglio in una sanità comunque da riformare; che occorre individuare e mettere a terra una sorta di spending review che abbia contemporanemente, altresì, una ricaduta positiva sulla qualità dell’assistenza da garantire alla comuntà nazionale. Due esigenze conseguibili con un piano immediato di prevenzione, produttivo di buona salute e di risparmi di qualche miliardo, da destinare a quel territorio altrimenti a secco di risorse. Ettore Jorio
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Lunedì 28 OTTOBRE 2024
La manovra fa i conti con il salvadanaio dello Stato
Ciò però che meraviglia è la poca attenzione alle esigenze primarie rappresentate dal ministro alla Salute, Orazio Schillaci: promessi 3,7 miliardi, concessi 1,3, una stretta del turn over fissata al 75% a fronte di una pretesa assunzione di operatori sanitari secondo necessitate.
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