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Lunedì 25 MARZO 2013
Cause di morte. Istat: "Ecco come evitare errori nella rilevazione"

Per diversi motivi, nella compilazione delle schede di morte Istat, i documenti ufficiali per la rilevazione della mortalità per causa, possono aver luogo errori. L’ultima pubblicazione dell’Istituto, a disposizione di utilizzatori e organizzazioni interessate, descrive il nuovo processo di controllo e correzione di questi dati. IL VOLUME.

Sapere di “cosa si muore” in un paese non aiuta solo ad avere un quadro epidemiologico preciso, ma serve anche e soprattutto a pianificare interventi sulla salute pubblica. In Italia tali informazioni vengono prodotte dall’Istat attraverso l’Indagine sui decessi e sulle cause di morte. Tuttavia, per diversi motivi, raccogliere i dati statistici di mortalità per causa può non risultare semplice: nella compilazione della scheda di morte Istat – che viene redatta da più istituzioni diverse – ci possono essere errori, che vanno corretti affinché i dati possano essere utilizzati statisticamente. Proprio della descrizione delle peculiarità del nuovo processo di controllo e correzione del dato riguardante i codici di causa iniziale di morte parla l’ultimo libro pubblicato dall’Istat, “Nuovo piano di controllo e correzione dei dati di mortalità per causa e fasi procedurali”, disponibile per la consultazione online sia per chi ha bisogno di utilizzare i dati stessi, sia per le organizzazioni interessate a progettare sistemi di codifica delle patologie.
 
Il volume si propone quindi di descrivere le peculiarità del processo di controllo e correzione del dato riguardante i codici di causa iniziale di morte. In particolare, sono motivate le scelte strategiche, documentate le incompatibilità, i casi di warning e descritta la procedura di correzione scelta.
I documenti ufficiali per la rilevazione della mortalità sono le schede di morte Istat. Queste schede, o modelli, strutturate secondo uno standard internazionale raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Per ciascun decesso avvenuto in Italia la legge prevede che il medico, curante o necroscopo, compili la parte sanitaria della scheda di morte Istat, mentre la parte demosociale deve essere compilata successivamente dagli Ufficiali di stato civile. I modelli vengono forniti ai medici e agli ospedali attraverso una capillare distribuzione sul territorio che annualmente coinvolge i Comuni, gli Uffici regionali Istat e, parzialmente, le Asl. Il modello dopo essere stato compilato dal medico nella parte sanitaria viene inviato al Comune, dove l’Ufficiale di stato civile si occupa della parte demografica.
 
Le statistiche di mortalità per causa si basano sul concetto di causa iniziale di morte così come definito dall’Oms attraverso le varie revisioni della Classificazione internazionale delle malattie e dei problemi sanitari correlati (International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems – Icd). In Italia a partire dai decessi del 2003 viene utilizzata la decima revisione della Icd (Icd-10), organizzata per settori, ognuno dei quali contiene un sistema di categorie e sottocategorie a cui sono assegnate le diverse entità morbose identificate da codici alfanumerici. Essa contiene la definizione della causa iniziale di morte (“la malattia o il traumatismo che avvia il concatenamento degli eventi morbosi che conduce direttamente alla morte” o oppure “l’insieme delle circostanze dell’accidente o della violenza che hanno provocato la lesione traumatica mortale”), le regole per l’individuazione e codifica della causa iniziale o primaria di morte; le indicazioni fondamentali per il controllo dei dati, come le principali compatibilità tra malattie e sesso, tra malattie ed età del deceduto, codici non validi come causa iniziale, ed altro.
 
I dati osservati e registrati, infatti, devono essere sottoposti a elaborazioni volte a individuare (controllo) e rimuovere (correzione) gli errori non campionari che danno luogo a incoerenze di tipo logico, matematico e/o statistico, in modo da rendere i dati completi e coerenti rispetto a prefissati criteri di accuratezza.
Il dato sulle cause di morte è il risultato di un processo di lavorazione complesso e una delle fasi più importanti e delicate è quella della codifica. A partire dalle informazioni in formato alfanumerico presenti sul certificato di morte attraverso un sistema di codifica integrato, automatico e manuale, si ottiene il codice di “causa iniziale di morte”. La complessità della Classificazione di riferimento e delle sue regole abbinata alla variabilità dei processi patologici oggetto di codifica rendono inevitabile l’insorgenza di errori. Le tipologie di errore possono riguardare codici inesistenti attribuiti spesso per errore di digitazione, codici non validi come causa iniziale di morte, codici incompatibili con l’età o con il sesso. O ancora, nel caso di morte per causa esterna la causa del decesso deve essere sintetizzata da una coppia di codici, uno rappresentante la circostanza con la quale è stata causata la lesione (esempio “incidente stradale”) e l’altro la lesione stessa (esempio “frattura cranio”). Per questo tipo di decessi devono essere presenti entrambi i codici e devono essere tra loro compatibili. Allo stesso modo il medico certificatore è tenuto ad indicare anche la modalità della lesione, cioè se si è trattato di un accidente, di un infortunio sul lavoro, di un suicidio o di un omicidio: nei dati finali questa informazione deve essere compatibile con il codice della circostanza della lesione.
 
In generale, la problematica dei dati errati può essere gestita fondamentalmente in cinque modi:
1. Fornire all’utente il dato grezzo: una opzione che permette di accellerare il rilascio del dato, poiché non è necessario definire e applicare piani di check e metodi di correzione, ma che abbassa notevolmente gli altri aspetti qualitativi del dato stesso;
2. Individuare gli errori e rilasciare solo l’insieme incompleto: strategia che comporta la necessità di definire piani di check e obbliga a basare le analisi di interesse sulle sole osservazioni complete;
3. Individuare gli errori e assegnare ai record errati un particolare codice rappresentante l’errore di codifica: rispetto alla strategia precedente ha il vantaggio di permettere l’analisi di tutte le osservazioni ma, in pratica, per il sottoinsieme delle schede con codice errato ci si deve limitare alle sole informazioni corrette;
4. Usare metodi automatici per la correzione dell’errore: approccio comunemente denominato imputazione, consiste nella sostituzione dei valori mancanti con valori prodotti “artificialmente” e consente di riprodurre un insieme di dati completo. Uno degli aspetti più critici di questo approccio è rappresentato tuttavia dal fatto che i valori imputati tendono ad essere considerati come valori effettivamente osservati. La componente della variabilità delle stime associata alla risposta imputata viene in tal modo trascurata, con un conseguente effetto di sottostima degli errori standard;
5. Correzione manuale degli errori.
L’intervento umano è quello che garantisce una più alta qualità del dato e non distorce le stime, ma ha lo svantaggio di richiedere tempi di correzione più lunghi. Questo metodo, che necessità ovviamente di piani di controllo automatici, può essere efficacemente utilizzato solo nel caso di numero ridotto di scarti e di disponibilità di strumenti interattivi efficienti. Inoltre risulta particolarmente utile nel caso si vogliano testare i piani di controllo e valutare se mettere in atto azioni correttive nelle fasi di acquisizione delle informazioni.
 
Nel contesto specifico della produzione delle statistiche di mortalità per causa, i primi quattro approcci per la gestione degli errori hanno comunque  in comune lo svantaggio che produrrebbero distorsioni nelle stime poiché, considerata la particolare natura del dato, i record con codice errato non sono un campione casuale dell’intero insieme di dati.
Sono invece soddisfatti tutti i requisiti che rendono efficiente il ricorso alla correzione manuale degli errori. Infatti, la codifica è ottenuta da procedure automatiche (che producono codici in larghissima misura corretti) e da codifica manuale che utilizza maschere interattive con controlli di congruità, e quindi le schede con codici errati sono effettivamente poche: rimangono le incompatibilità che si è scelto di controllare solo a posteriori e le eventuali incompatibilità causate da correzioni di dati quali il sesso e l’età, effettuate nella parallela fase di check demografico. Inoltre, anche la predisposizione della maschera per la correzione interattiva dei codici non ha richiesto particolare dispendio di risorse in quanto è analoga a quella per la codifica iniziale. Infine, la codifica manuale degli errori ha il valore aggiunto di permettere il monitoraggio di eventuali anomalie. La scelta di questo approccio si è rivelata particolarmente adeguata sia nella fase di cambiamento della Classificazione internazionale delle malattie (dalla Icd-9 alla Icd-10) e sia negli anni successivi a causa dei continui aggiornamenti della Icd-10 e, di conseguenza, della necessità di adeguare gli strumenti per la codifica.
 
“Per ottenere un dato finale di mortalità per causa di elevata qualità – spiegano nelle conclusioni del libro gli esperti che l’hanno redatto – è stato dunque necessario un grande sforzo per la determinazione della validità di ciascuno degli oltre 12 mila codici proposti dalla Icd-10 e della loro compatibilità con le altre informazioni presenti sulla scheda”. Tuttavia, l’accuratezza di questo check consente di produrre dati controllati e pubblicabili rispettando quanto richiesto dall’Organizzazione mondiale della sanità e dall’Eurostat.

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