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Martedì 26 MARZO 2013
Svelate le "tre dimensioni" delle emozioni

Una presta attenzione agli stati affettivi, una seconda li categorizza in parole e una terza ne riporta l’intensità. Ognuna di queste è controllata da tre differenti sistemi neuronali. Su Biological Psychiatry lo studio che può aprire nuove vie per lo studio della depressione e di altri disturbi mentali.

Quando si parla di 3D ci si potrebbe riferire non solo alla tecnologia più in voga nei cinema, ma anche allo studio del cervello: le tre dimensioni non sono più quelle spaziali, ma tre diversi sistemi neuronali che caratterizzano gli stati affettivi (“io sento”), che categorizzano questi stati in parole (bene, male, ecc.) e che ne riportano l’intensità (male o terribilmente?). A dirlo uno studio della Columbia University, pubblicato su Biological Psychiatry.
 
Sia che ci sentiamo felici, tristi, spaventati o arrabbiati, ci è chiesto spesso di identificare e comunicare questi stati d’animo: succede quando un amico ci chiede come stiamo, quando parliamo di relazioni professionali o personali, quando riflettiamo, e così via.  Le emozioni sono dunque centrali nell’esperienza umana, tanto che l’abitudine e la facilità di comunicare come ci sentiamo possono portare a sottovalutare l’importanza di queste espressioni, e come l’indebolimento di questa capacità può portare gli individui con disturbi clinici a oscillare da grave depressione alla schizofrenia ai disordini autistici.
 
Il progresso in neurologia ha costantemente chiarito i circuiti e i processi che sottintendono agli stati emotivi. In questo nuovo studio, Kevin Ochsner, direttore del laboratorio delle neuroscienze cognitive sociali alla Columbia University, e il suo team si sono prefissi di studiare i processi coinvolti nella costruzione dell’identificazione delle emozioni, piuttosto che gli effetti che questa presa di coscienza ha sugli stessi stati emotivi, dove c’è già molta ricerca.
Per raggiungere l’obiettivo, hanno selezionato dei partecipanti in perfetta salute che si sono sottoposti a scanner celebrali, durante un’attività sperimentale che generava un auto-report delle emozioni. Questo test ha permesso ai ricercatori di esaminare l’architettura neuronale che sottintende all’espressione delle emozioni. “Abbiamo scoperto che un’abilità apparentemente semplice è in realtà possibile grazie a tre differenti sistemi neuronali: principalmente le regioni subcorticali che innescano una iniziale risposta affettiva, alcune parti della corteccia prefrontale mediale che focalizzano la nostra consapevolezza della reazione e aiutano a generare i modi possibili di descrivere quelle che stiamo provano, e una parte della corteccia prefrontale laterale che aiuta a scegliere le parole migliori per descrivere i sentimenti”, ha spiegato.
 
“Queste scoperte suggeriscono che la presa di consapevolezza delle emozioni – mentre sembra semplice – è supportata da una rete di regioni del cervello che insieme ci portano da un evento affettivo alle parole che ci fanno esprimere i nostri sentimenti a noi stessi e agli altri”, aggiunge. “Perciò  questi risultati hanno importanti implicazioni per capire sia la natura della vita emotiva di tutti i giorni, e come l’abilità di comprendere e parlare delle nostre emozioni può collassare nelle popolazioni cliniche”.
 
John Krystal, editor di Biological Psychiatry, ha poi commentato: “È essenziale comprendere i meccanismi che sottostanno all’assimilazione, la valenza e le intensità delle emozioni. Nel breve periodo, apprezzare i distinti circuiti che mediano queste dimensioni delle esperienze emozionali aiuta a capire come lesioni cerebrali, ictus e tumori producono differenti tipi di cambi d’umore. Nel lungo periodo può aiutare a trattare in maniera più efficace i disordini d’umore”.

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