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Martedì 09 APRILE 2013
Malattie del sangue. A Napoli si punta su terapie sempre più personalizzate

Creare una Rete clinica-assistenziale in grado di offrire ai cittadini i migliori percorsi diagnostico-terapeutici e l’accesso omogeneo alle nuove terapie: è l’obiettivo a cui stanno lavorando i tre Centri ematologici di eccellenza di Napoli, in prima linea nella ricerca sui linfomi e le malattie del sangue.

Mettere in rete le competenze per consentire a tutti i pazienti della Campania affetti da malattie del sangue l’accesso agli strumenti diagnostici più sofisticati e alle cure più innovative, efficaci e tollerate. È questo l’obiettivo perseguito dai tre Centri di eccellenza ematologica di Napoli, l’Università Federico II, l’Irccs Pascale e l’Ospedale Cardarelli, che presentano oggi le rispettive attività nell’ambito del progetto itinerante All Around Patients, volto a far conoscere le iniziative delle strutture ospedaliere italiane per mettere i pazienti ematologici al centro di tutti i percorsi diagnostici e terapeutici.
Negli ultimi anni lo scenario in Ematologia è cambiato grazie a nuove terapie “intelligenti” che hanno migliorato le prospettive di sopravvivenza, in particolare per i linfomi, tumori del sistema linfatico che rappresentano la malattia oncoematologica più frequente, tanto da posizionarsi al 5°- 6° posto in termini di incidenza nazionale tra tutte le neoplasie della popolazione adulta: in particolare, i linfomi non Hodgkin sono in costante aumento, anche a causa dell'invecchiamento progressivo della popolazione, con circa 15-19 casi ogni 100.000 abitanti, che in Italia equivalgono a complessivi 11.000-11.500 nuovi casi all’anno. Nel 2012 sono stati diagnosticati circa 6.800 nuovi casi di linfoma non Hodgkin tra gli uomini e 5.900 casi nella popolazione femminile.

"Si tratta di malattie che possono insorgere a ogni età, ma di solito l’età media di insorgenza è attorno ai 60-65 anni; in particolare, i linfomi non Hodgkin aumentano con l’avanzare degli anni mentre i linfomi di Hodgkin sono relativamente più frequenti nella donna e nel giovane adulto", ha affermato Fabrizio Pane, professore ordinario di Ematologia e trapianti di midollo dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Federico II di Napoli e presidente della Società Italiana di ematologia. "I linfomi si distinguono in due grandi gruppi: i linfomi di Hodgkin (LH) e i linfomi non Hodgkin (LNH), anche se la classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità distingue almeno 80 tipi differenti di linfomi caratterizzati da una estrema eterogeneità. La principale differenza sta proprio nella prognosi che varia molto a seconda del tipo di linfoma".
 
Punto di svolta nel trattamento dei linfomi è stato, a metà degli Anni ’90, l’avvento degli anticorpi monoclonali quali rituximab, una molecola che distrugge le cellule maligne legandosi ad un marcatore di membrana cellulare presente sulle cellule B normali e patologiche. Con rituximab, la sopravvivenza dei pazienti colpiti dalla forma aggressiva è passata dal 50% a più del 70%. E oggi i Centri di eccellenza napoletani sono coinvolti in trial clinici che ne valutano la nuova modalità di somministrazione sottocute, certamente meno invasiva per il paziente. "Gli studi clinici dimostrerebbero come i farmaci somministrati per via endovenosa possono essere somministrati efficacemente anche per via sottocutanea – ha sottolineato Antonio Pinto, Direttore del Dipartimento Ematologico e Direttore della Struttura Complessa di Ematologia Oncologica dell’Istituto Nazionale Tumori Irccs  Fondazione Pascale di Napoli – per rituximab, la sperimentazione ha dimostrato che la somministrazione sottocutanea presenta indubbi vantaggi: terapia rapida e meno invasiva per il paziente, risparmio di tempo, ottimizzazione organizzativa e del personale dedicato".
 
La diagnostica però rimane un tassello fondamentale per orientare le strategie terapeutiche e se necessario cambiarle: fondamentale infatti la tipizzazione della neoplasia con l’identificazione dei marker molecolari di membrana e l’indagine genetica. "Oltre all’introduzione di terapie innovative, peraltro disponibili per tutti i pazienti campani, è auspicabile un miglioramento nella diagnostica – ha concluso Felicetto Ferrara, Primario della Divisione di Ematologia con trapianto di cellule staminali emopoietiche dell’Azienda Ospedaliera Antonio Cardarelli di Napoli – non sempre, infatti, sul tessuto tumorale vengono effettuate tutte le indagini ormai indispensabili per una moderna diagnostica che può orientare le decisioni terapeutiche. Altro aspetto da considerare è che solo alcuni Centri sono attivamente coinvolti nella sperimentazione clinica di nuovi farmaci che potrebbero offrire alternative terapeutiche a pazienti refrattari o ad alto rischio".

Una peculiarità dell’Ematologia campana è il grande numero di studi clinici condotti nei tre principali Centri ematologici regionali che consentono ai pazienti arruolati di ricevere il meglio delle terapie disponibili ma, soprattutto, avere a disposizione da subito opzioni terapeutiche innovative.
Le tre eccellenze ematologiche partenopee, l’Università Federico II, l’Ospedale Cardarelli e la Fondazione Pascale, pur con mission diverse, contribuiscono in maniera decisiva a questi avanzamenti con una visione comune: sostenere la centralità del paziente in un circuito virtuoso di innovazione, studi clinici e assistenza globale a vantaggio dei malati e di un accesso omogeneo alla diagnosi e alle terapie farmacologiche più nuove che non può prescindere dalla costituzione di una Rete ancora carente.
 

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