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Mercoledì 19 GIUGNO 2013
Anaao Giovani. Intervista a Montemurro: “La sanità che vorremmo”
Cancellare i contratti atipici. Rivoluzionare i percorsi formativi dei giovani medici e rivedere le regole per l’accesso alla scuole di specializzazione. Passa da qui la strada per evitare un futuro da “precari stabili”. Ecco idee e strategie dei giovani medici indicate da uno dei coordinatori di Anaao Giovani.
È un percorso in salita quello dei giovani medici. Alla fatica di un lunghissimo ed estenuante percorso per conquistare il titolo di “dottore” si aggiunge quella di una formazione post-lauream spesso frustrante perché non riesce ad offrire un’adeguata offerta formativa. Il tutto poi si complica ancora di più quando davanti agli under 40, tra blocco del turn over, dilagare di contratti atipici, assenza di tutele contrattuali anche minime, si spalanca un futuro da eterni precari.
Cambiare però si può, e i giovani medici dell’Anaao non vogliono lasciare nulla di intentato. Per questo hanno messo sul piatto le loro proposte di cambiamento. Ne abbiamo parlato con Domenico Montemurro, giovane camice bianco della Uoc Medicina per Intensità di cure Ospedale San Bortolo (Vi).
Dottor Montemurro, lo scenario emerso dalla prima conferenza nazionale Anaao Giovani non lascia molti dubbi: la vostra carriera professionale è una corsa ad ostacoli.
Decisamente sì. E quello più difficile da superare lo troviamo davanti subito: per accedere al mondo del lavoro moltissimi di noi, e parlo di medici che vanno dai 25 ai 40 anni e operano nel pubblico, devono passare sotto la gogna dei contratti atipici. In tutte le forme, quindi co.co.co, co.co.pro, contratti libero professionali interinali, a chiamata e via dicendo. Ma ci scontriamo anche con i contratti a tempo determinato, contratti sicuramente più tutelati, ma comunque a scadenza. Il risultato di tutto questo ha solo un nome: precariato. E quindi discriminazione.
Perché discriminazione?
Perché il precariato si traduce in un futuro incerto, in una mancanza di crescita professionale. Questa è discriminazione civile. Inoltre queste forme contrattuali vengono utilizzate soprattutto per le donne. E questo è particolarmente discriminatorio in quanto maternità e flessibilità di orario, elementi fondamentali per una donna, non sono tutelate. Considerando poi che la femminilizzazione della professione è ormai una certezza, si comprende perfettamente come questo assuma una valenza ancora più preoccupante. E ancora di più se pensiamo che queste forme di precariato ormai stanno diventando stabili. Un paradosso.
Quali soluzioni proponete quindi per combattere questo “precariato stabile”?
Regolamentare le forme di precariato garantendo gli stessi istituti contrattuali del tempo indeterminato. Cerchiamo invece di studiare forme di contratto che abbiano al loro interno istituti che garantiscono orario di lavoro, maternità, ferie, flessibilità del lavoro. Che garantiscano una certezza di stipendio, cosa che i contratti atipici, ora come ora, non garantiscono affatto.
Bisogna poi cambiare a monte la formazione pre laurea e quella post-lauream.
Che formazione pre-laurea immaginate?
Innanzitutto una formazione dove i tempi morti sono abbattuti. Per sostenere l’esame di abilitazione perdiamo anche un anno di tempo ritardando l’accesso alle specializzazioni. Un assurdo. Meglio inserire l’esame di abilitazione nei sei anni del corso di laurea. Ed anche un tirocinio professionalizzante strutturato per acquisire la pratica nelle principali specialità della nostra professione. La formazione post laurea invece deve cambiare radicalmente rivisitando, sempre nell’ottica di ridurre i tempi morti, il contratto di formazione dei medici specializzandi.
Quindi proponete una revisione del D.lgs 368/99?
Assolutamente sì. Il contratto di formazione specialistica deve essere trasformato in un contratto di formazione lavoro. Questo consentirebbe agli specializzandi di essere inseriti direttamente nelle strutture ospedaliere territoriali. Ma questo è solo uno dei tasselli della revisione della formazione post laurea. C’è un’altra importante criticità da risolvere: la definizione dei fabbisogni specialistici. Attualmente non abbiamo una “banca centrale” che raccolga i dati del Miur, della Salute, dell’Ordine medici e delle Regioni per capire l’effettivo fabbisogno di specialisti a livello territoriale. Manca totalmente un piano operativo sinergico che tenga conto di tutta una serie di variabili territoriali, come il tasso di natalità, la numerosità delle popolazione regionale, l’età anagrafica, le patologie. Ora abbiamo solo fabbisogni “bislacchi”. Se si facesse una programmazione seria, con cadenza biennale, si risolverebbero anche molti problemi di precariato in quanto si eliminerebbero specialisti non richiesti dal mercato sanitario.
Altre proposte?
Cambiare le modalità di accesso al concorso di formazione specialistica basandosi sui principi di trasparenza nella valutazione dei candidati e universalità del diritto ad accedere alla formazione specialistica. Questo si traduce in molte azioni. Ad esempio far coincidere la data per l’esame di specialità con quella per l’ingresso al corso di medicina generale per spingere i candidati a fare una prima scelta chiara rispetto alla propria carriera professionale. Bisognerebbe accorciare il percorso formativo di specializzazione dai 5-6 anni a 4-5 anni per mantenere pressoché invariato il numero dei contratti nei prossimi anni, recuperando le risorse necessarie dalla non erogazione per il V e VI anno. E soprattutto bisognerebbe creare una graduatoria nazionale, stilata seguendo parametri e criteri ben definiti, per mettere in competizione i candidati rispetto alla loro reale preparazione in termini di competenze e conoscenze, indipendentemente dall’ateneo di provenienza e dalla possibilità di essere coinvolti in pubblicazioni e partecipazione a congressi nella branca medica prescelta. Questo significa non considerare in alcun modo né il curriculum, né il voto di laurea. Accanto a quella nazionale dovrebbe essere poi inserita a scorrimento una graduatoria regionale che consenta alle Regioni di garantire la formazione specialistica dei propri medici, finanziando posti aggiuntivi e favorendo la permanenza dei professionisti così formati nelle strutture e negli enti del Ssr con contratti che garantiscano i principali istituti contrattuali. (E.M.)
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