quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Lunedì 22 LUGLIO 2013
Tumore ai polmoni. La "vecchia" chemioterapia meglio delle nuove terapie molecolari

I pazienti con tumore a piccole cellule che non presentano la mutazione del gene EGFR (il 90% di questi tipi di cancro) trattati con erlotinib hanno una sopravvivenza media al trattamento di 5,4 mesi mentre la sopravvivenza dei pazienti trattati con chemioterapia è superiore, pari a 8,2 mesi.

Spesso i nuovi farmaci sul mercato – innovativi ma costosi – promettono risultati migliori di quelli che si ottenevano fino al momento prima con le terapie standard. Ma se non fosse sempre così? Nuovo non vuol dire sempre migliore: è il caso, secondo uno studio italiano pubblicato su The Lancet Oncology, di un nuovo medicinale approvato per l’uso su pazienti affetti da tumore del polmone non a piccole cellule. Il farmaco è erlotinib, e lo studio dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano, dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e dell’Ospedale Niguarda di Milano dimostrerebbe che per il trattamento del 90% di questo tipo di tumori la chemioterapia standard è più efficace rispetto a uno dei nuovi farmaci a bersaglio molecolare, cioè in grado di colpire solo le cellule malate. I pazienti trattati con la chemioterapia avrebbero una sopravvivenza superiore rispetto ai pazienti trattati nello specifico con erlotinib. 
  
 
Il 10% dei tumori del polmone non a piccole cellule è legato a una mutazione del gene EGFR mentre il restante 90% non presenta questa mutazione. Studi precedenti avevano dimostrato l’efficacia del farmaco a bersaglio molecolare erlotinib in pazienti con mutazione EGFR. Ma poiché erlotinib è oggi utilizzato per il trattamento di tutti i casi di tumore del polmone non a piccole cellule, obiettivo dello studio appena pubblicato era proprio verificare l’efficacia sui pazienti senza questa mutazione genetica confrontandola con l’efficacia della chemioterapia tradizionale.
Per dimostrarlo, il campione scelto è stato di 220 pazienti con tumori del polmone non a piccole cellule, cioè oltre l’80% di tutti i casi di tumori del polmone, selezionati a seguito di uno screening genetico di oltre 700 persone.  Lo studio, indipendente, che ha coinvolto 52 ospedali, che si è concluso a gennaio 2013 e che è stato finanziato dall’Agenzia Italiana del farmaco (AIFA), dimostra anche che è possibile evitare terapie poco efficaci, a beneficio dei pazienti e permettendo ingenti risparmi economici al Sistema Sanitario Nazionale. “La ricerca ha dimostrato che il farmaco a bersaglio molecolare erlotinib non è per tutti”, ha spiegato il primo autore dello studio Marina Garassino, oncologa e ricercatrice dell’Istituto Nazionale dei Tumori. “Non tutti i tumori del polmone sono legati al fumo. I pazienti che non hanno mai fumato spesso presentano una mutazione di un particolare gene, EGFR, che rende su di loro particolarmente efficaci alcuni farmaci molecolari come erlotinib e gefitinib, e ora anche afatinib. Viceversa, nei pazienti fumatori o ex fumatori queste mutazioni sono estremamente rare. A distanza di 5-6 anni dall’immissione in commercio dei farmaci a target molecolare non era ancora chiaro se questa tipologia di pazienti beneficiasse veramente di erlotinib. Grazie a questo studio, abbiamo visto che sui pazienti senza le mutazioni di EGFR, più numerosi, la chemioterapia tradizionale ha più effetto. C’è comunque qualche paziente che, pur non avendo tali caratteristiche genetiche, beneficia ugualmente di erlotinib, e la nostra ricerca andrà avanti per identificare anche questi casi”.
“Questo studio – ha poi aggiunto Massimo Broggini, direttore del laboratorio di farmacologia molecolare dell’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” – è uno dei primi al mondo sul tumore del polmone che ha analizzato il DNA di oltre 500 pazienti e dimostra che è indispensabile l’analisi genetica dei tumori per poter arrivare a individuare potenzialmente il miglior farmaco per ogni singolo paziente. Un importante passo in avanti per la personalizzazione delle cure”. 
 
La ricerca ha permesso di osservare che i pazienti con tumore a piccole cellule che non presentano la mutazione del gene EGFR trattati con erlotinib hanno una sopravvivenza media al trattamento di 5,4 mesi mentre la sopravvivenza dei pazienti trattati con chemioterapia è superiore, pari a 8,2 mesi.
È stato dimostrato che la possibilità che il tumore del polmone che non presenta mutazione di EGFR possa regredire è solo del 2%, mentre con la chemioterapia tradizionale tale possibilità sale al 14%.
 “I risultati dimostrano la possibilità di evitare terapie poco efficaci che, in particolare, riguardano fumatori ed ex fumatori, mentre consentirebbero al contempo importanti risparmi economici al Servizio Sanitario Nazionale, alle prese con il contenimento della spesa”, ha commentato Silvio Garattini, direttore dell’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”. Questo ultimo aspetto è stato sottolineato anche da Marco Pierotti, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, che ha dichiarato:  “La valutazione costo-efficacia delle nuove terapie a bersaglio molecolare non potrà più prescindere da studi come questo e più in generale dall’analisi dei profili molecolari dei tumori per ottimizzare efficacia terapeutica e corretta allocazione di risorse economiche”.  
 
 
Il lavoro pubblicato su The Lancet Oncology rende noti i risultati definitivi della sperimentazione i cui dati preliminari erano stati annunciati nel corso della sessione plenaria sui tumori del polmone a Chicago nel 2012 dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), il congresso di Oncologia più prestigioso al mondo. Lo studio, lanciato dal team dell’Oncologia dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano, prima diretto da Alberto Scanni, in seguito da Gabriella Farina, è stato condotto da Marina Garassino, ricercatrice dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, e realizzato in collaborazione con i Dipartimenti di Anatomia patologica del Fatebenefratelli e dell’Ospedale Niguarda di Milano. Due laboratori dell’istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri hanno avuto un ruolo molto importante nello studio: il laboratorio di Farmacologia Molecolare diretto da Massimo Broggini per le analisi genetiche su sangue e su tessuto e gli statistici Valter Torri e Irene Floriani che hanno seguito la raccolta dei dati e l’analisi statistica.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA