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Giovedì 26 SETTEMBRE 2013
La contraddizione dei generi in medicina. Non è tutto "bianco o nero"



Gentile direttore,
abbiamo seguito con attenzione lo speciale su donne e medicina e vorremmo provare a dare il nostro contributo. Come sempre quando si parla di genere si tende a dire molto bene delle donne e piuttosto male degli uomini e questo non mi sembra un gran risultato. Crediamo infatti che l'ingresso delle donne in medicina abbia portato un elemento in più ad una professione che ha molte sfaccettature e può essere declinata in vari aspetti. Non è tutto bianco o tutto nero. E' vero che la professione è stata spesso gestita dagli uomini come un banco di lavoro per trovare soluzioni scientifiche generaliste che non hanno tenuto conto della peculiarità individuale.

I medici uomini delle generazioni che ci hanno preceduto hanno vissuto la professione in maniera totalizzante, ne hanno fatto una ragione di vita per cui hanno lavorato anche 20 ore al giorno spendendosi in una professione che dava loro prestigio e riconoscimenti economici. Hanno affrontato malattie capaci di spazzare via la vita di molte persone in poco tempo e hanno cercato soluzioni scientifiche che potessero adattarsi alla maggior parte dei malati senza occuparsi di una personalizzazione della cura. Ma abbiamo conosciuto anche medici dotati di una grande sensibilità e capaci di instaurare un rapporto di sostegno al paziente difficile da eguagliare.

L'ingresso delle donne in medicina ha svelato dei contrasti e delle carenze nel rapporto medico paziente che la natura femminile delle donne non poteva accettare. Anche noi facciamo parte di quella generazione di donne che sono entrate nella professione negli anni 80 e siamo rimaste umanamente ferite quando il medico metteva il paziente (ma soprattutto le pazienti), in una condizione di inferiorità umana che ci faceva vergognare. Condividiamo con Antonella Monastra la sensazione di disagio provata nei confronti di procedure inutili e a volte violente viste nei reparti di ginecologia.

Tuttavia, a nostre spese, abbiamo capito che non basta la natura femminile a fare di una donna un medico sensibile e attento. Troppo spesso anche le donne hanno continuato a percorrere comportamenti appresi in ambienti maschilisti e poco sensibili. Le donne devono trovare un modo loro di svolgere la professione con autorevolezza, come dice Annarita Frullini, senza diventare autoritarie e che permetta di conciliare la vita professionale con la vita familiare. “Having it all” scrive Glese Verlander in un articolo pubblicato quasi 10 anni fa su Academic Psychiatry (2004), le donne medico vogliono avere tutto professione e famiglia, ma questo richiede una continua rivalutazione delle priorità, una grande energia e pazienza con i propri limiti e imperfezioni. Bisogna essere in salute per distribuire salute e le nostre donne rischiano di restare schiacciate sotto il peso del conflitto famiglia lavoro. Anche se più appagate dalla professione e con un livello economico più elevato, le donne medico soffrono delle stesse difficoltà che hanno tutte le donne che devono conciliare la famiglia con il lavoro.

La mancanza di mentori donne hanno reso più difficile la nostra crescita professionale. I mentori uomini hanno preferito portare avanti allievi maschi perché li sentivano più affini, mentre un’allieva donna rappresentava per loro una incognita. Questo è uno dei possibili motivi che è alla base delle difficoltà delle donne a fare carriera. Spetta alle donne che in medicina hanno raggiunto risultati professionali, impegnarsi per aiutare le giovani dottoresse e prendersi cura della loro crescita professionale nel rispetto della loro peculiarità di genere.
“Un futuro poco solidale sta preparando, non da oggi, Sanità sempre meno sociali” dice Sandra Morano e sono soprattutto le giovani donne ad avere bisogno di essere aiutate anche a capire dove si esercita la diseguaglianza di genere che non riescono, o non vogliono vedere. Realizzare di essere discriminate è doloroso e difficile da accettare.

L’associazionismo è da sempre un punto di forza per gli uomini, il luogo dove condividere il modo di vedere la professione, ma anche dove confrontarsi per nuove strategie di lavoro, ma per le donne l’impegno richiesto dall’associazione rappresenta tempo sottratto a lavoro e famiglia e spesso rinuncia ad un luogo dove il confronto con soggetti che hanno gli stessi problemi potrebbe dare la forza per attuare il cambiamenti.
Anche L’Associazione italiana donne medico (Aidm) si interroga sulla questione dei generi nella professione medica e cerca il confronto con altre Associazioni per trovare nuove strategie di intervento.

Riteniamo infatti di dovere sostenere le differenze di genere nel rispetto di ambedue i sessi, e nel promuovere azioni che permettano alla donna medico e all’uomo medico di essere in sinergia e collaborazione utile solo allo scopo di essere efficaci alla salute del malato.
L’azione deve essere rivolta a risolvere le divergenze e creare anche per la donna medico le condizioni ideali per emergere nel lavoro senza dover rinunciare alla vita familiare.
L'Associazione che noi ci onoriamo di rappresentare si attiva per la realizzazione di tali problematiche da molti anni e continuerà nel suo impegno coinvolgendo partner istituzionali e private che hanno gli stessi scopi. 
 
Antonella Vezzani
Segretaria nazionale Aidm
 
Caterina Ermio
Presidente nazionale Aidm

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