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Venerdì 01 NOVEMBRE 2013
Il riformista che non c’è. Ripartiamo dal malato



Gentile direttore,
"Il riformista che non c'è", libro fresco di pubblicazione ed ultima fatica della pur corposa opera di Ivan Cavicchi, propone una tematica molto cara all'Autore e da noi profondamente condivisa: la Sanità italiana e la Salute dei cittadini non hanno necessità di riforma delle riforme, ma di uno sguardo panoramico fondato su di un profondo ripensare la medicina e le modalità di tutela della salute. Direi non una terza via (che ricorda periodi storici tumultuosi), ma un percorso che superi l'andazzo della "riforma" per "non riformare" così caro ad "un intero sistema, una intera classe dirigente dentro un gigantesco senso comune non consapevole dei tanti danni collaterali che sta causando per riparare i quali ci vorranno non so quante generazioni" (I.Cavicchi).
 
Una tumultuosa rincorsa al risparmio ed alla revisione della spesa, sempre basata purtroppo su tagli lineari, che colpisce così alla stessa stregua buoni e cattivi, dissipatori e virtuosi evidenzia il concetto che è il sistema pubblico stesso che oggi viene messo in discussione, malgrado parole ed affermazioni rassicuranti. Si colpiscono i cardini del sistema: il lavoro finalizzato alle cure e il diritto alle cure. Al blocco del turnover, della contrattazione e dell'adeguamento stipendiale si aggiunge la burocratizzazione del medico, una retribuzione in massima parte indipendente dai risultati, una responsabilità svincolata dall'autonomia della professione.
 
E il malato? Ahime! Non sembra proprio al centro del sistema! Quale visione olistica del paziente? Il percorso di cura non può prescindere dal "tempo della comunicazione". La relazione medico-malato non è solo anamnesi, diagnostica e terapia, ma anche ascolto, dialogo, condivisione. Il cittadino, come rilevato dalla ricerca della Fondazione Chirurgo e Cittadino (http://www.chirurgocittadino.it/progetti/la-settimana-dellascolto-aprile-2013) auspica e pretende metodo, disponibilità, tempo per una corretta informazione e consapevole coinvolgimento nel percorso di cura. Oggi però disponibilità e tempo sono scomparsi dai carichi di lavoro del medico ospedaliero, e non solo, sostituiti dalla capillare burocrazia gestionale della dirigenza. Per quanto riguarda poi le metodologie per una corretta comunicazione nulla è presente nei nostri percorsi formativi. Il dibattito che ha aperto Cavicchi guarda ad una Sanità non più quella della 833, ad un malato non più "paziente", ad un professionista sanitario non più mansionato, ma "agente". Il nostro auspicio è che chi ha ruolo e dovere istituzionale, possa avere anche "visione" e  determinazione al cambiamento di un Sistema inadeguato al futuro.
 
Rodolfo Vincenti
Presidente della Fondazione Chirurgo e Cittadino
Past-President della Associazione dei Chirurghi Ospedalieri Italiani

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