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Venerdì 06 DICEMBRE 2013
Rapporto Censis 2013. “Oggi più che mai la sanità cammina sulle gambe degli operatori”

E' anche per questo che, a fronte dei tagli, si punta a migliorare il benessere e il clima organizzativo dei professionisti. Ma se nel rapporto con i pazienti i risultati sono evidenti, resta invece alta l'insoddisfazione del personale per la mancata corrispondenza tra impegno, risultato e riconoscimento. L'analisi nel capitolo “Welfare" del 47° Rapporto Censis sulla Situazione sociale del Paese.

I professionisti della sanità “continuano a dare il massimo, nonostante tutte le difficoltà di questa fase spinta di razionalizzazione economica che troppo spesso si traduce in tagli indiscriminati” e “oggi più che mai la sanità sembra camminare sulle gambe degli operatori, di un personale che continua a garantire il proprio impegno professionale con attenzione alla qualità delle prestazioni e ad essere fortemente identificato nella propria mission professionale, che rimane quella della salute dei pazienti”. Ad affermarlo è il Censis, nel 47° Rapporto sulla Situazione sociale del Paese/2013, presentato oggi a Roma.

Secondo il Censis, a dimostrare questa situazione è l’analisi dei più significativi fenomeni della sanità italiana, dalla quale emerge che in tempi di crisi e razionalizzazione del servizio sanitario, sta maturando una nuova attenzione nei confronti di tutti i fattori che, all'interno dei servizi e delle organizzazioni sanitarie, possono impattare positivamente sul benessere e il clima organizzativo. E' dunque “l'empowerment degli operatori – secondo il Censis – che fa la buona sanità”. Ma se i risultati sono evidenti nel rapporto con i pazienti (che soddisfa il 98,5% dei professionisti) e con i loro familiari (93,9%), il clima resta più teso quando ci si relaziona con i colleghi e soprattutto con i superiori emergono le criticità legate alla mancata corrispondenza tra impegno, risultato e riconoscimento. Solo il 62% dei professionisti ritiene che le proprie capacità professionale siano valorizzate. Il 20% non si sente realizzato attraverso il lavoro e il 18% circa se la sentirebbe di investire nuove energie per la propria azienda o unità operativa.

Ma il capitolo del 47° Rapporto Censis dedicato a Welfare e Sanità non si ferma qui. Ecco le altre rilevazioni Censis su Sanità e Welfare.

La spesa farmaceutica nella crisi del Ssn. La progressiva riduzione della spesa farmaceutica territoriale totale, pubblica e privata, ha fatto registrare in Italia nel 2012 un totale di 19.389 milioni di euro, con una riduzione rispetto al 2008 di -1,9% e di -5,6% rispetto all'anno precedente. A fronte della riduzione costante della spesa pubblica, diminuita in termini nominali in un solo anno dell'8%, la spesa privata fa registrare un andamento opposto di crescita costante (dal 2008 al 2012 +12,3%), in particolare la spesa per ticket sui farmaci (aumentata del 117,3% dal 2008 al 2012), che nell'ultimo anno ha raggiunto la quota di 1,4 miliardi di euro. Diminuisce pertanto la quota di spesa coperta dal Ssn, che è passata dal 65,9% del 2008 al 61% del 2012. Non stupisce quindi che a questi dati strutturali corrisponda la sensazione espressa dalla maggioranza dei cittadini che la spesa di tasca propria per l'acquisto dei farmaci, sia essa legata al pagamento dei ticket, che per il pagamento eventuale della differenza di prezzo per i farmaci con marchio, sia per quelli a pagamento intero, sia aumentata.

Finanziare e impiegare meglio le risorse, vera priorità del welfare. La spesa pubblica per la protezione sociale in Italia è pari a quasi il 30% del Prodotto interno lordo e in rapporto al Pil nel periodo di crisi è cresciuta di 3,2 punti percentuali. Il dato poco riflette la limatura progressiva della spesa pubblica per il welfare che sta impattando seriamente sui bilanci delle famiglie. Da un'indagine realizzata dal Censis si evidenzia infatti che il 27% degli intervistati dichiara che gli è capitato di dover pagare un ticket su una prestazione sanitaria superiore al costo che avrebbe sostenuto se avesse acquistato la prestazione nel privato pagando il costo per intero di tasca propria.
 
Cresce quindi il ricorso al privato e all'intramoenia. Le prestazioni svolte più frequentemente in strutture private a pagamento intero riguardano: l'odontoiatria, con quasi il 90% dei cittadini che vi ha svolto estrazioni dentarie semplici, con anestesia; la ginecologia (57%); la riabilitazione motoria in motuleso semplice (36%); le visite ortopediche (34,4%). Il 38% degli italiani ha aumentato negli ultimi anni il ricorso al privato per la riabilitazione motoria, oltre il 35% per la colonscopia, il 34% per le visite ortopediche; per l'intramoenia invece il 23,3% degli intervistati ha aumentato il ricorso per la riabilitazione motoria, oltre il 17% per l'ecografia all'addome completo, il 16,7% per le visite ortopediche. gli italiani giudicano negativamente le manovre di finanza pubblica sulla sanità, non solo perché hanno tagliato i servizi e ridotto la qualità (61%), o perché hanno accentuato le differenze di copertura tra regioni, ceti sociali (73%), ma perché hanno puntato troppo sui tagli e poco sulla ricerca di nuove fonti di finanziamento, dai fondi sanitari alle polizze malattie (67%).

Centralità delle reti di relazioni e rischi di erosione. L'incremento delle persone che vivono sole rischia di scardinare l'organizzazione del sistema di welfare italiano, che tende a internalizzare nelle famiglie, sia pure allargate, le risposte ad una molteplicità di bisogni sociali. Le persone che vivono sole sono oltre 7,5 milioni, pari al 14,5% della popolazione da 15 anni in poi; di queste, quasi 2 milioni hanno tra 15 e 45 anni, pari all'8,2% di questa classe di età (in aumento rispetto al 2002 del 31%), poco più di 2 milioni hanno tra 45 e 64 anni, pari al 12,2% (+71%) e oltre 3,6 milioni sono anziani, pari al 29,5% (+24,8%). Rispetto al 2002 si registra un aumento del 36,6%, pari a quasi 2 milioni di persone in più. Piace vivere da soli a oltre l'83% degli intervistati con età fino a 34 anni, al 69% degli adulti fino a 54 anni, a meno di un quarto tra i 55-64enni e a meno del 16% tra i longevi. Vivere da soli è una condizione che proietta verso l'esterno una domanda di relazionalità e di tutela, e che richiede l'integrazione di una efficace rete di relazioni. Così, le istituzioni non profit nel nostro Paese al 2011 sono 301.191, con un incremento di quasi 66.000 unità, pari a +28% rispetto al 2001; nel complesso vi operano 5,7 milioni di persone, di cui 4.759.000 volontari, quasi 681.000 dipendenti, 270.769 lavoratori esterni (collaboratori a progetto, con contratto occasionale, con contratto occasionale di tipo accessorio) e 5.544 lavoratori temporanei. Rispetto al 2001 si registrano dinamiche di crescita significative: i volontari sono aumentati del 43,5%, i dipendenti del 39,4%, i lavoratori esterni del 169,4% e i temporanei del 48%.

Previdenza complementare e sanità integrativa, queste semisconosciute. Esiste un buco nero informativo e di conoscenza molto ampio per i filoni di welfare che dovrebbero potenzialmente affiancare il pilastro pubblico, dalla sanità integrativa (che oggi conta oltre 11 milioni di assistiti) alla previdenza complementare (con oltre 6 milioni di iscritti). Da un'indagine del Censis emerge che il 33,6% degli intervistati non ha mai sentito parlare di fondi sanitari integrativi e polizze malattia, e un ulteriore 34,9%, pur avendone sentito parlare, non sa esattamente cosa siano. Più del 53% dichiara di non conoscere le differenze tra un fondo sanitario integrativo e una polizza malattia, e oltre il 57% non è a conoscenza del fatto che i fondi sanitari integrativi garantiscono un vantaggio fiscale rispetto alle polizze malattia. Anche per la previdenza complementare, da un'indagine Censis-Covip su un ampio campione nazionale di lavoratori emerge una ridotta conoscenza di aspetti essenziali: il 35% degli intervistati dichiara di non conoscere il rapporto tra i benefici fiscali della previdenza complementare e quelli relativi ad altre forme di investimento; il 33% non è informato sui parametri per la rivalutazione dei contributi versati; oltre il 16% non sa della possibilità o meno di disporre in tutto o in parte del capitale prima del pensionamento. All'esercito degli estranei alla previdenza complementare va aggiunto quello dei lavoratori che hanno conoscenza errata; in totale sono 16 milioni i lavoratori italiani che di fatto non conoscono o conoscono male la previdenza complementare.

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