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Martedì 24 DICEMBRE 2013
Istat. La crisi e la sanità. Nel 2012, l'11% degli italiani non si è curato per motivi economici. Crollano le visite odontoiatriche (- 23%)

Crescono le prestazioni a pagamento per accertamenti (+ 3,9%). Aumentano gli over 65 con difficoltà economiche che dichiarano di star male (+ 1,6%). Gli anziani del Sud sono i più vulnerabili. Il livello di soddisfazione per il Ssn è stabile rispetto al 2005: il voto medio è 6. E' quanto emerso da un'indagine Istat realizzata con il sostegno del Ministero della Salute e delle Regioni. IL RAPPORTO

Forti disuguaglianze sociali in aumento tra gli anziani, maggiore ricorso alle visite mediche e specialistiche, crollo delle visite odontoiatriche, aumenta la quota a pagamento intero per accertamenti specialistici e analisi del sangue. Queste alcune delle stime provvisorie dell’indagine multiscopo “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari”, condotta dall’Istat, e realizzata con il sostegno del Ministero della Salute e delle Regioni nel 2012-2013. Tali stime si basano su dati relativi alle informazioni raccolte nei primi due trimestri, ovvero nei mesi di settembre e dicembre 2012. Il confronto con il 2005 è realizzato rispetto agli stessi mesi di rilevazione per tener conto della stagionalità dei fenomeni. L’indagine è stata condotta dall’Istat a partire da settembre 2012 fino a giugno 2013, con cadenza trimestrale, su un campione complessivo di circa 60 mila famiglie residenti sull’intero territorio nazionale.

Tra le donne prevale la multicronicità, tra gli uomini le malattie croniche gravi
Nel secondo semestre del 2012 oltre i due terzi (66,9%) delle persone di 14 anni e più al quesito “Come va in generale la sua salute?” ha riferito di stare “bene o molto bene”, il 7,7% ha risposto con una valutazione negativa delle proprie condizioni di salute e il 25,4% ha dichiarato di stare né bene né male. La quota di quanti si dichiarano in buona salute decresce sensibilmente all’aumentare dell’età, raggiungendo il 24,3% tra gli ultrasettantacinquenni. Tra le donne, le quote sono sempre più basse rispetto ai coetanei uomini e lo svantaggio nella buona salute peggiora intorno ai 50 anni. Il complementare divario di genere si osserva in relazione alla “cattiva salute percepita”: le donne che dichiarano di stare male o molto male sono complessivamente il 9,4% contro il 5,8% degli uomini, senza differenze rispetto al 2005.
Circa 9 milioni di persone hanno dichiarato di soffrire di almeno una malattia cronica grave (14,8% dell’intera popolazione) e circa 8 milioni e mezzo hanno riferito problemi di multicronicità, indicando la presenza di tre o più malattie croniche indipendentemente dalla gravità (pari al 13,9%). Tra i molto anziani (75 anni e più), quasi una persona su due dichiara di essere affetta da una patologia cronica grave o da tre o più malattie croniche. Le donne presentano per tutte le classi di età, superiori ai 14 anni, tassi di multicronicità più alti degli uomini, ma sono meno colpite da patologie gravi dopo i 50 anni.

Permangono forti diseguaglianze sociali nella salute, in aumento tra gli anziani
I primi dati provvisori delineano un quadro epidemiologico complessivamente stabile rispetto alle principali dimensioni della salute considerate e comunque coerente con il processo di invecchiamento della popolazione registrato dal 2005. Tuttavia, il dato medio complessivo nasconde disuguaglianze territoriali e sociali che penalizzano alcuni gruppi di popolazione.
Persiste un chiaro gradiente sociale nella distribuzione della salute: rispetto al titolo di studio, nel 2012 si conferma l’associazione tra livelli più bassi di scolarità e peggiori condizioni di salute. Complessivamente, tra le persone di 25 anni e più, si rilevano prevalenze intorno al 10% sia per la cronicità grave che per la multicronicità tra quanti hanno conseguito almeno un diploma di scuola superiore, a fronte di circa il 40% tra quanti invece hanno al massimo la licenza di scuola elementare. Anche tenendo sotto controllo l’effetto dell’età, il rischio di presenza di cronicità è quasi il doppio tra quanti hanno un basso titolo di studio.
Anche in relazione al giudizio sulle risorse economiche familiari, sia l’indicatore di salute percepita che gli indicatori di presenza di cronicità si differenziano in maniera significativa. Dichiarano di stare male o molto male l’11,1% delle persone con risorse economiche familiari scarse o insufficienti contro il 5,3% di coloro che giudicano le proprie risorse ottime o adeguate. Più contenuta, ma comunque significativa, è la differenza per chi dichiara almeno una malattia cronica grave (le percentuali sono rispettivamente pari a 16,7% e 13,7%) e per chi è multicronico (16,0% e 12,3%).
Nella popolazione anziana, rispetto al 2005, si accentua il divario tra i più abbienti e i meno abbienti. Gli anziani con risorse economiche ottime o adeguate che dichiarano di stare male o molto male nel 2012 sono il 14,8%, in diminuzione rispetto al 2005 (erano il 16,5%), mentre quelli economicamente svantaggiati sono il doppio (30,2%) e in aumento rispetto al 2005 (erano il 28,6%). Anche per gli anziani multicronici i divari continuano ad aumentare: la quota tra chi ha risorse scarse o insufficienti raggiunge il 49,2% nel 2012 (era il 45,7%), mentre tra chi non riferisce problemi economici è pari al 36,4%.

Lo svantaggio del Sud
Al Sud, la percentuale di popolazione che si dichiara in cattive condizioni di salute, passa dall’8,5% del 2005 al 9,8% del 2012. Gli anziani residenti nel Mezzogiorno rappresentano il gruppo di popolazione più vulnerabile, in particolare se hanno risorse economiche scarse o insufficienti. Al Sud, la popolazione anziana in situazione economica svantaggiata dichiara un cattivo stato di salute nel 35,9% dei casi (31,6% nel 2005).

Aumenta il ricorso a visite mediche, sia generiche che specialistiche
Nelle quattro settimane precedenti l’intervista, nel 2012 sono state effettuate oltre 36,5 milioni di visite mediche, di cui oltre 19 milioni di tipo generico e oltre 17milioni di tipo specialistico. Rispetto al 2005 il numero di visite per 100 persone è aumentato, passando da 51,2 a 60,3. Controllando l’effetto dell’età i tassi sono rispettivamente 53,4 e 60,5. La crescita ha riguardato soprattutto gli ultrasettantacinquenni (+25%) ed è più accentuata nel Nord-Ovest (+19%). L’incremento complessivo delle visite (pari a 6 milioni e 800 mila tra 2005 e 2012) è assorbito per il 52,5% dalle visite generiche e per il 47,5% da quelle specialistiche.
Nel 2012 le visite specialistiche sono circa 17 milioni, ovvero 28,7 ogni 100 persone (28,9 – tasso standardizzato), in aumento rispetto al 2005 sia in valore assoluto (erano 14 milioni) sia in rapporto alla popolazione (25,0 - tasso standardizzato).
Le visite specialistiche aumentano soprattutto tra gli ultrasessantacinquenni (da 36,9 a 46,2 visite per 100 persone di 65 anni e oltre); gli incrementi maggiori si osservano per le visite ortopediche (da 4,5 a 7,0), cardiologiche (da 6,9 a 8,1), oculistiche (da 5,0 a 6,4) e per le altre visite (da 4,8 a 7,9). Sono in aumento anche tra le donne di 35-44 anni (da 25,1 a 31,4), soprattutto le visite ginecologiche (da 4,9 a 9,5).

Diminuisce il ricorso alle visite odontoiatriche
Sono 2,8 milioni le visite odontoiatriche nel 2012, pari a 4,7 ogni 100 persone (4,8 il tasso standardizzato), in sensibile riduzione rispetto al 2005 (erano 3,7 milioni, 6,4 ogni 100 persone – tasso standardizzato). Sul territorio, la propensione ad effettuare visite odontoiatriche si è ridotta, rispetto al 2005, in misura maggiore nell’Italia centrale, dove il ricorso era più elevato, passando da 8,0 a 5,2 visite per 100 persone.
L’odontoiatria è la specializzazione con la quota più elevata di visite a pagamento intero (83,4%). Tuttavia la diminuzione rispetto al 2005 del numero di visite odontoiatriche, si è accompagnata ad una relativa diminuzione della percentuale di visite a pagamento intero (-9% rispetto ai tassi standardizzati). La quota di visite a pagamento intero si è ridotta in tutte le ripartizioni, ma in misura maggiore al Sud (da 90,7% a 79,2%).

Lieve riduzione dei ricoveri ospedalieri
Nel 2012 i ricoveri ospedalieri con pernottamento (nei tre mesi precedenti l’intervista) sono quasi 2 milioni (3,2 ogni 100 persone), inclusi quelli per parto o nascita. Nel 2005 i ricoveri erano 3,7 ogni 100 persone, ma controllando l’effetto dell’età la riduzione è più marcata, infatti il tasso standardizzato diventa 4,0 per 100 persone.

Pur in calo, è alta la quota di visite specialistiche a pagamento intero
Nell’analizzare gli eventuali cambiamenti nei livelli di compartecipazione alla spesa da parte del cittadino riguardo alle visite mediche specialistiche, sono state escluse le visite odontoiatriche che, com’è noto, sono molto spesso a totale carico del cittadino. Pertanto, nell’analisi che segue per “visite specialistiche” si intendono le visite specialistiche escluse quelle odontoiatriche.
Con riferimento all’ultima visita specialistica effettuata nei dodici mesi precedenti la rilevazione, il 35,7% delle persone non ha pagato, il 22,5% ha pagato il ticket ed il restante 41,8% ha pagato interamente (incluso un eventuale rimborso). Il confronto con il 2005 sembrerebbe indicare uno spostamento delle visite verso il Servizio sanitario pubblico: difatti è rimasta stabile la quota di coloro che non ha pagato, è aumentata quella delle persone che hanno pagato il ticket (+27%) ed è diminuita (-11%) la quota di coloro che hanno pagato interamente. Questa tendenza risulta confermata in particolare al Centro e al Sud.

Aumenta la quota a pagamento intero per accertamenti specialistici e analisi del sangue
Per fare accertamenti specialistici il 43,1% delle persone non ha pagato alcunché, il 32,0% ha pagato il ticket ed il restante 24,9% ha pagato interamente (incluso un eventuale rimborso). Per le analisi del sangue è più elevata la quota di coloro che non ha pagato (54,8%) o ha pagato il ticket (31,1%), mentre ha pagato per intero il 14,1%.
Rispetto al 2005, aumenta del 19% la quota di persone che ha pagato interamente gli accertamenti specialistici, l’incremento è molto più consistente per le analisi del sangue (+74%). Contestualmente la quota di persone che ha pagato il ticket si è ridotta del 18% nel caso delle analisi del sangue, mentre è rimasta sostanzialmente stabile per gli accertamenti specialistici.

Più di una persona su dieci rinuncia a prestazioni odontoiatriche per motivi economici
Sono le visite e i trattamenti odontoiatrici le prestazioni a cui si rinuncia più frequentemente: il 14,3% delle persone di 14 anni e più vi ha rinunciato negli ultimi 12 mesi. La rinuncia è dovuta principalmente a motivi economici (85,3%). E’ quanto emerge dalle informazioni rilevate per la prima volta nell’indagine sul fenomeno della rinuncia a prestazioni sanitarie (forgone care).
Nel caso di rinuncia a visite specialistiche (escluse quelle odontoiatriche) la quota si riduce al 7,7%. Ancora più contenuta è la percentuale di chi rinuncia ad un accertamento diagnostico specialistico (4,7%) o a prestazioni di riabilitazione (2,5%); molto esigua è la rinuncia a interventi chirurgici (0,8%). Inoltre è pari al 4,1% la quota di chi rinuncia all’acquisto di farmaci pur avendone bisogno, tra questi oltre il 70% perché avrebbe dovuto pagarli di tasca propria non essendo prescrivibili e il 25% perché il ticket era troppo costoso.
Rispetto a tali rinunce, il 6,2% ha indicato motivi economici, il 4,0% problemi di offerta di tali servizi (liste di attesa troppo lunghe o orari scomodi per l’appuntamento o difficoltà a raggiungere la struttura) e l’1,1% altri motivi, quali impegni di lavoro o familiari o altro.
Sono più spesso le donne a rinunciare (13,2% contro 9,0% negli uomini); tale differenza si accentua nella classe 45-64 anni, in cui rinuncia il 17,9% delle donne contro il 12,7% degli uomini. Nel Mezzogiorno la quota di donne 45-64enni che rinuncia sale al 22,3% nel Sud e al 26,5% nelle Isole.

Soddisfazione per il Servizio Sanitario Pubblico
I soddisfatti aumentano al Nord, diminuiscono nel Mezzogiorno. Complessivamente il giudizio sul Servizio sanitario pubblico resta allineato al 2005 e posizionato su valori che superano la sufficienza: circa il 60% della popolazione maggiorenne attribuisce un punteggio da 6 in su. Il punteggio medio complessivo è pari a 5,8 e il valore mediano è pari a 6, entrambi sostanzialmente invariati rispetto al 2005.

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