quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Giovedì 06 MARZO 2014
Terapia anti-HIV/AIDS: le novità della ricerca presentate al CROI di Boston

Gli inibitori dell’integrasi si rivelano non solo più efficaci, ma molto più tollerabili degli inibitori delle proteasi. Raltegravir è dunque pronto per il prime time del trattamento. Tra le novità anche un inibitore non nucleosidico della transcrittasi inversa e l’associazione degli inibitori di NS3A e di NS5A per il trattamento dei pazienti con coinfezione da HIV e HCV

Si chiama raltegravir ed è un fiore all’occhiello della ricerca made in Italy nel mondo. L’ultima conferma arriva da Boston, dove è in corso il 21° congresso sui Retrovirus e le Infezioni Opportunistiche (CROI 2014). Il raltegravir, first in class della categoria degli inibitori dell’integrasi, si è dimostrato superiore a atazanavir e darunavir, tanto in termini di efficacia che di tollerabilità, in uno studio indipendente appena presentato al congresso americano. Si tratta del primo confronto diretto tra raltregavir e le terapie a base di inibitori delle proteasi, due diverse filosofie di trattamento.
 
Lo studio ACTG 5257, condotto dall’Aids Clinical Trial Group (ACTG), un gruppo di ricerca indipendente nel campo dell’infezione da HIV/AIDS, ha interessato 1.809 pazienti, randomizzati al trattamento con raltegravir (400 mg due volte al giorno) o all’associazione atazanavir (300 mg) - ritonavir (100 mg una volta al giorno), oppure all’associazione darunavir (800 mg) - ritonavir (100 mg una volta al giorno). Tutti i pazienti ricevevano inoltre il trattamento con emtricitabina/tenofovir disoproxil fumarato (FTC/ TDF) 200/300 mg una volta al giorno. A distanza di 96 settimane, raltegravir ha determinato un controllo virologico superiore a quello ottenuto con gli inibitori delle proteasi, dimostrando inoltre di essere meglio tollerato. In particolare, il 94% dei pazienti trattati con raltegravir mostravano alla 96° settimana una replicazione virale ≤ 50 copie per mL, contro l’88% di atazanavir e l’89% di darunavir.
 
Per quanto riguarda l’endpoint composito di tempo al primo fallimento virologico (definito come il tempo dall’inizio dello studio e il rilievo di una carica virale superiore a 1.000 copie/mL, dopo la 16° settimana e prima della 24; oppure superiore a 200 copie/mL dopo la 24° settimana) e tollerabilità, raltegravir è risultato superiore del 15 per cento ad atazanavir e del 7,5 per cento a darunavir. I risultati di questo confronto head-to-head tra raltegravir e gli inibitori delle proteasi suggeriscono dunque che raltegravir,nell’obiettivo combinato che considera insieme i due parametri di efficacia e tossicità - afferma Carlo Federico Perno, Professore di Virologia e Direttore dell’Unità di Virologia Molecolare, Università ‘Tor Vergata’ di Roma -  è superiore ai due inibitori della proteasi, farmaci importantissimi per la terapia antivirale".
 
I pazienti arruolati in questo studio presentano caratteristiche tipiche del contesto real life e per questo è ritenuto dagli esperti di particolare interesse. I risultati ottenuti supportano dunque la possibilità di iniziare un trattamento su pazienti naive ai farmaci, direttamente con raltegravir, senza passare prima per gli inibitori delle proteasi.
Raltegravir è il primo e, al momento, unico inibitore delle integrasi presente nel mercato italiano dal 2008. Il suo target è rappresentato dal’integrasi, un enzima fondamentale per la replicazione e la diffusione del virus HIV-1 e al suo sviluppo hanno dato un apporto determinante alcuni centri di ricerca italiani.
 
“Il meccanismo d’azione di questo farmaco – spiega Giovanni Di Perri Professore ordinario di Malattie Infettive dell’Università degli Studi di Torino-  ha aperto una nuova strada nel trattamento dell’HIV. La sua efficacia, l’ottimo profilo di tollerabilità, un parametro essenziale trattandosi di terapie che questi pazienti devono assumere per tutta la vita, e la sua compatibilità con altri farmaci, ne fanno l’antiretrovirale migliore attualmente a disposizione. Lo studio ACGT 5257 ci ha fornito la conferma definitiva della capacità che ha questo farmaco di inibire il virus già dalle prime settimane di trattamento, della durabilità di questo effetto e della sua grande tollerabilità, che facilita la compliance al trattamento”.
MSD, l’azienda produttrice di raltegravir, oltre a vantare un glorioso passato nell’ambito della terapia antiretrovirale (sempre di sua paternità sono indinavir, capostipite degli inibitori della proteasi ed efavirenz, first in class degli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa), è anche ben proiettata nel futuro con una ricca pipeline. A questo riguardo, al CROI di Boston verranno presentati i risultati di uno studio di fase 2 sul MK-1439 (inibitore non nucleosidico della transcrittasi inversa) e quelli di uno studio sull’associazione di due nuovi farmaci anti-HCV, MK-5172 e MK-8742 (rispettivamente un inibitore di NS3A e un inibitore di NS5A) per il trattamento di pazienti con coinfezione da HIV e HCV.
 
Maria Rita Montebelli

© RIPRODUZIONE RISERVATA