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Mercoledì 30 APRILE 2014
Tumore seno. Il  'microchip' che 'rivela' le metastasi

Sviluppato un modello tridimensionale ‘naturale’, che ricrea il microambiente delle ossa e dei vasi,  per riprodurre la formazione di metastasi nel cancro della mammella. Un sistema che potrebbe essere utile “per capire meglio la biologia del tumore e per il vaglio di nuove terapie”. Allo studio internazionale prende parte l’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi, il Politecnico di Milano e il Gruppo Ospedaliero San Donato Foundation

Un modello tridimensionale, ‘microfluidico’ e realizzato in vitro, che serve a comprendere i processi di metastatizzazione e i meccanismi che permettono la diffusione di un tumore maligno in determinati tessuti dell’organismo: si tratta del ‘microchip’ ricostruito dal gruppo del Laboratorio di Ingegneria Cellulare e Tissutale dell’IRCCS Galeazzi (cui hanno preso parte Simone Bersini, Chiara Arrigoni e Matteo Moretti) e del Politecnico di Milano, insieme al gruppo del Massachusetts Institute of Technology di Boston. Lo studio, pubblicato su Biomaterials e ripreso tra l’altro dall’autorevole settimanale internazionale The Economist, è intitolato A microfluidic 3D in vitro model for specificity of breast cancer metastasis to bone.

Il team, che ha visto una collaborazione internazionale tra italiani, statunitensi e coreani, italiani, ha ricostruito in laboratorio, con un modello tridimensionale che utilizza cellule umane, il processo di formazione di metastasi ossee derivanti dal cancro del seno, come spiegano i ricercatori.
“L'innovatività di questo modello risiede nella ricostruzione di un microambiente tridimensionale contenente cellule umane, in grado di riprodurre in modo accurato il processo di metastatizzazione verso il tessuto osseo così come avviene all'interno del corpo umano”, ha dichiarato l’ingegner Simone Bersini, primo autore della ricerca, “aprendo le porte verso lo sviluppo di modelli avanzati che possano limitare la sperimentazione animale e condurre allo sviluppo di farmaci sempre più efficaci e selettivi”.
 
In pratica su questo piccolo microchip tridimensionale, i ricercatori hanno ricreato diversi ‘canali’ contigui, al fine di riprodurre l’ambiente 'naturale' del tessuto osseo a contatto con la parete dei vasi sanguigni. All’interno di questi canali, poi, sono state inserite cellule staminali mesenchimali umane per formare osso e cellule endoteliali per generare dei vasi ‘ingegnerizzati’. Preparata questa struttura, i ricercatori hanno iniettato delle cellule tumorali umane di carcinoma mammario e osservato il processo di extravasazione, cioè il passaggio delle cellule tumorali attraverso la parete del vaso sanguigno all'interno del tessuto osseo.
Come si legge nello studio, l’extravasazione, misurata 24 ore dopo l’iniezione di cellule tumorali, è ,maggiore nel microambiente costituito da cellule ossee rispetto alle matrici di collagene (costituite solo dal gel) e anche la distanza di migrazione è più ampia nel primo caso rispetto al secondo. Arrivati a cinque giorni di tempo dall’iniezione, queste cellule ‘extravasate’ proliferano formando metastasi contenenti da 4 a più di 60 cellule, si legge sempre nello studio.
 
In questa ricerca, in particolare, gli scienziati hanno osservato che CXCL5, una molecola prodotta dalle cellule ossee, è in grado di "attirare" le cellule tumorali interagendo con CXCR2 un recettore caratteristico disposto sulla loro membrana cellulare.
 
Questo modello apre nuove prospettive di studio della diffusione di altri tipi di cancro e per verificare l’azione di di nuovi farmaci anti-metastatici, sottolineano gli autori della ricerca, tra cui l’ingegner Matteo Moretti, Responsabile del Laboratorio di Ingegneria Cellulare e Tissutale dell’IRCCS Galeazzi. Moretti aggiunge che “nella prospettiva di una medicina sempre più attenta al singolo individuo, pone le basi per la creazione di modelli personalizzati che riproducono i tessuti e le condizioni specifiche di un individuo, permettendo la selezione di farmaci e terapie più mirate ed efficaci”.
 
Viola Rita

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