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04 MAGGIO 2014
Testosterone negli anziani: elisir di giovinezza o minaccia per la salute del cuore?

Dagli Usa, dove è di moda prescrivere il testosterone come rimedio anti-aging, arriva un severo monito dagli esperti: potrebbe aumentare il rischio di infarti, oltre che di cancro della prostata.  Sono necessari studi clinici randomizzati disegnati ad hoc per avere delle risposte conclusive. Nel frattempo, l’invito è alla prudenza

La prescrizione di testosterone negli anziani, che sta vivendo un vero e proprio boom soprattutto oltreoceano, non dispone di sufficienti evidenze scientifiche per essere considerata sicura, né efficace. Lo sostiene in un editoriale su The Lancet Diabetes & EndocrinologyStephanie Page, dellaUniversity of Washington and Harborview Medical Center di Seattle (USA). Ben documentata al contrario è la safety del testosterone, come terapia sostitutiva nei giovani con deficit conclamato e diagnosticato (come nell’ipogonadismo ipogonadotropo centrale classico).

Gli studi condotti finora nell’anziano hanno prodotto risultati molto contrastanti, ma è allarme sulla possibilità di un aumentato rischio cardiovascolare in questa fascia d’età; e la risposta definitiva a questo interrogativo non è a portata di mano, perché anche ipotetico uno studio impostato oggi ad hoc, darebbe il suo verdetto tra non meno di una decina d’anni. “Milioni di uomini utilizzano tutti i giorni il testosterone – osserva la Page - senza sapere se andranno incontro o meno a rischi per la salute; per questo è così importante far partire al più presto uno studio che valuti i possibili benefici e i rischi di questa terapia nella terza età. Gli studi a nostra disposizione e i trial osservazionali in corso non sono in grado di fornire una risposta”. Il testosterone rappresenta un business da miliardi di dollari che negli Usa, dove è in gran parte alimentato dalla pubblicità diretta al consumatore, ma anche da un certo grado di sopraprescrizione.  “I medici, che farebbero bene ad attenersi alle prudenti linee guida di trattamento messe a punto da società scientifiche quali la Endocrine Society – sostiene la Page -  dovrebbero spiegare ai loro pazienti che non si conoscono ancora bene gli eventuali rischi associati alla somministrazione di testosterone negli uomini anziani”.

Il dibattito sul testosterone in ‘andropausa’, ricorda molto quello sulla terapia sostitutiva ormonale in menopausa, prima della pubblicazione degli scioccanti risultati del Women’s Health Initiative. “E la lezione forse più importante del WHI – sottolinea la Page – è che i dati osservazionali non possono sostituire quelli derivanti da un trial clinico randomizzato bene disegnato. Così, nel caso del testosterone nella terza età, gli studi osservazionali dovrebbero servire a stimolare l’impostazione e il finanziamento di un trial clinico ben fatto per valutare rischi e benefici del testosterone”.
Le concentrazioni di testosterone circolante diminuiscono progressivamente con l’invecchiamento e ci sono fondate basi biologiche per ipotizzare che sia il deficit di testosterone, sia la sua supplementazione esogena possano predisporre gli uomini anziani alle malattie cardiovascolari.
La riduzione del testosterone aumenta la resistenza insulinica e la massa grassa, a scapito di quella magra. Anche l’incidenza di diabete di tipo 2 e di malattie cardiovascolari risulta aumentata nei soggetti con testosteronemia ridotta. Dal canto suo, la supplementazione di testosterone può ridurre il colesterolo HDL e questo può contribuire ad accrescere il rischio cardiovascolare.

Gli studi osservazionali di Vigen e di Shores hanno prodotto risultati contrastanti e dunque non conclusivi in merito alla safety e all’efficacia del testosterone a livello del sistema cardiovascolare. Risultati contraddittori, come già quelli inerenti al dibattito sul rischio di cancro della prostata, indotto dalla somministrazione di testosterone.
 
Le uniche informazioni di un qualche valore sono quelle prodotte dagli studi clinici randomizzati, ma nessuno studio condotto finora ha avuto una durata (il più lungo è di 36 mesi), né una potenza statistica tale da poter fornire rassicurazioni in termini di safety. Lo studio TOM, che intendeva investigare l’effetto del testosterone in uomini fragili ultra-65enni, è stato interrotto precocemente per eccesso di eventi cardiovascolari nel gruppo di trattamento. Va detto tuttavia che i dosaggi di testosterone impiegati in questo studio erano molto alti e che la maggior parte degli eventi sono stati registrati proprio in chi raggiungeva le più elevate concentrazioni di testosterone. Uno studio simile, condotto su una popolazione di anziani non fragili, non ha evidenziato tuttavia alcun aumento del rischio cardiovascolare. “Questo potrebbe stare a significare – commenta la Page – che il rapporto rischio-beneficio del testosterone è influenzato da vari fattori: i dosaggi, il tipo di popolazione, la presenza di comorbilità. Insomma non è possibile dire nulla con sicurezza, sulla base di quanto scaturito dagli studi condotti finora. È necessario quindi impostare al più presto ampi studi clinici randomizzati per rispondere a queste domande e costruire così linee guida sul trattamento con testosterone, basate sulle evidenze. E come ha dimostrato in un altro contesto il Women’s Health Initiative – conclude la Page - i risultati potrebbero essere sorprendenti”.

 
Maria Rita Montebelli

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