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Martedì 06 MAGGIO 2014
Diabete tipo 1: nuovo farmaco biotech protegge dalla distruzione le beta-cellule. Il Campus Biomedico tra gli investigator

Il DiaPep277 è un peptide derivante dalla HSP60. Un’iniezione sottocutanea ogni 3 mesi, induce tolleranza e blocca la distruzione delle beta-cellule pancreatiche residue nei soggetti neodiagnosticati. I pazienti hanno bisogno di meno insulina e si potrebbero ridurre le complicanze microangiopatiche a distanza. Ecco come funziona spiegato dal professor Pozzilli del Campus

E’ affidata ad un farmaco biologico israeliano innovativo, la speranza di regalare una migliore qualità di vita ai ragazzi con diabete di tipo 1 del terzo millennio. Lo suggerisce lo studio DIA-AID 1, rivoluzionario nei contenuti e nei numeri (ha coinvolto 457 pazienti con diabete di tipo 1, un numero elevatissimo per studi di questo tipo), appena pubblicato su Diabetes Care ed accompagnato da un editoriale di Jay S. Skyler del Diabetes Research Institute dell’Università di Miami.
 
L’idea alla base di questo trial clinico multicentrico, internazionale di fase 3, era quella di valutare safety ed efficacia del peptide DiaPep277, prodotto dall’israeliana Andromeda Biotech, nel preservare la funzione beta-cellulare in ragazzi e adulti, dai 16 ai 45 anni, con diabete di tipo 1, neo-diagnosticato (entro tre mesi dalla scoperta). I pazienti arruolati nello studio sono stati assegnati in maniera randomizzata al trattamento con iniezioni sottocutanee trimestrali di DiaPep277 (in aggiunta al trattamento insulinico), o a placebo. I principal investigator sono stati: Itamar Raz dell’Hadassah Medical Center di Gerusalemme, Paolo Pozzilli dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, François Bonici del New Groote Schuur Hospital di Cape Town e Thomas Linndell’Universitätsklinikum di Giessen.
 
“DiaPep277 – spiega Paolo Pozzilli, ordinario di Endocrinologia presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma e coordinatore del Centro Studi della Società Italiana di Diabetologia - è un peptide di 24 aminoacidi derivante dalla HSP60 (Heat Shock Protein 60), una delle proteine che viene rilasciata nei tessuti in seguito ad uno stress infiammatorio, come si verifica nel corso della reazione autoimmunitaria che distrugge le beta-cellule. Questa proteina, rilasciata nella sede dell’infiammazione, determina un danno mediato dalle citochine, danneggiando e portando a distruzione le beta-cellule pancreatiche. Somministrando il DiaPep277 sottocute, cerchiamo di indurre tolleranza verso la HSP60, che è un po’ quello succede in tutte le condizioni nelle quali cerchiamo di indurre tolleranza nei confronti di antigeni, ad esempio nelle terapie desensibilizzanti in caso di allergia”.
L’idea di un approccio ‘immunitario’ al diabete di tipo 1 non è nuova e il suo razionale si basa sul fatto che questa malattia è sostenuta appunto dalla distruzione autoimmunitaria delle beta-cellule. Purtroppo tutti i tentativi condotti finora, con anticorpi monoclonali anti-CD3, rituximab, abatacept, micofenolato, anti-interleukina -1 ed altri farmaci non hanno dato i risultati sperati.
 
Anche per questo, i risultati del DIA-AID 1 sono ulteriormente interessanti. Lo studio ha infatti che il DiaPep277, sicuro e ben tollerato dai pazienti, è in grado di preservare una parte delle beta-cellule pancreatiche, proteggendole dalla distruzione che si completa normalmente entro i primi anni dalla diagnosi; in particolare è stata osservato un significativo mantenimento dei livelli di C-peptide (espressione della funzione beta-cellulare) nel gruppo trattato con Dia-Pep277, rispetto al gruppo placebo. Un numero maggiore di soggetti trattati con il peptide mantenevano l’emoglobina glicata a target ed entravano in remissione parziale; i soggetti in trattamento inoltre presentavano un minor rischio di crisi ipoglicemiche. I ricercatori concludono dunque che il DiaPep277 contribuisce in modo sicuro a preservare la funzione beta-cellulare e a migliorare il controllo glicemico nei pazienti con diabete di tipo1.
 
“Il DiaPep277 – spiega Pozzilli - ha indotto tolleranza, favorito la formazione di linfociti T con caratteristiche regolatorie e quindi ha ridotto il danno beta-cellulare, riducendo il carico auto-immunitario. Questi pazienti, mantenendo una riserva di beta-cellule funzionanti, presentavano un ridotto fabbisogno insulinico (erano ben controllati cioè con un minor numero di unità di insulina esogena), un miglior controllo metabolico e un minor numero di episodi di ipoglicemia. Lo studio DCCT (Diabetes Control and Complication Trial) insegna che una preservata funzione beta-pancreatica (cioè la presenza di un C-peptide superiore a 0,5 ng/ml, dopo stimolo) è associata ad una riduzione delle complicanze microangiopatiche (retinopatia, nefropatia, neuropatia) a lungo termine. I pazienti con mantenimento dei livelli di C-peptide quindi, pur dovendo continuare a fare insulina e l’iniezione di DiaPep277 ogni tre mesi, probabilmente presenteranno in futuro meno complicanze. Il follow up dello studio pubblicato è stato di 2 anni; adesso una parte dei pazienti trattati ha sospeso il trattamento, mentre un altro gruppo lo sta proseguendo”.
 
Non siamo certamente al cospetto della ‘cura’ del diabete di tipo 1, ma si tratta comunque un risultato incoraggiante, che andrà opportunamente confermato da un secondo studio di fase 3, identico al primo, il DIA-AID 2, il cui verdetto è atteso a fine 2015. Solo allora l’azienda israeliana deciderà se sottoporre all’approvazione delle autorità regolatorie questo farmaco biotech. Se il progetto andrà in porto, il DiaPep277 sarà il primo farmaco registrato per il trattamento del diabete di tipo 1, dopo l’insulina. Il farmaco è, almeno per il momento, utilizzato solo su pazienti con diabete di tipo 1 neodiagnosticato (entro 3, massimo 6 mesi dalla diagnosi), di età superiore ai 16 anni. In Italia ci sono circa 300 mila persone affette da diabete di tipo 1, alle quali se ne aggiungono altre 2.400 l’anno.
 
Maria Rita Montebelli

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