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Mercoledì 14 MAGGIO 2014
Ssn. Il dibattito all'Istituto Luigi Sturzo. "Sostenere l'innovazione tecnologica per migliorare prestazioni e ridurre costi"

Nel corso della presentazione del numero di primavera della rivista ‘L’arco di Giano’ si sono confrontati politici, studiosi e imprenditori che hanno condiviso la necessità di un convinto sostegno alle tecnologie medicali per ottenere un salto di qualità sia in termini economici che sociali.

L’innovazione tecnologica in sanità genera benefici economici e sociali, poiché garantisce l’erogazione di prestazioni di alta qualità a costi sempre convenienti. E’ per questo che va sostenuta con convinzione, affinché diventi asse portante del nostro sistema. E’ l’assunto emerso nel corso della presentazione del numero di primavera della rivista ‘L’arco di Giano’ intitolata ‘Tecnologie in sanità: innovazione e sviluppo’, svoltasi l’Istituto Luigi Sturzo di Roma.

“Temi come innovazione e cronicità, assai legati tra loro, sono stati i grandi assenti degli Stati generali della Salute – ha osservato Maria Pia Garavaglia, direttore della rivista L’Arco di Giano – Il settore biomedicale rappresenta invece un pilastro essenziale per il servizio sanitario. E’ proprio per questo che sarebbe auspicabile l’attivazione di un fondo a rotazione per sostenere l’importante platea di macchinari biomedicali del nostro Paese. Anche perché, alla luce del progressivo invecchiamento della popolazione, la spesa in sanità è destinata a crescere inesorabilmente”.

Il concetto di tecnologia “è inscindibilmente legato alla domanda di cura e di assistenza – ha sottolineato Paola Binetti, deputato dell’Udc – Ci sono necessità che implicano una risposta tecnologica ed è proprio per questo che abbiamo il dovere di supportare e incentivare discipline come l’ingegneria biomedica”. Il tema dell’innovazione deve quindi essere inserito “all’interno di un contesto multidimensionale, che consenta di adoperare la tecnologia come strumento al servizio del malato e come mezzo per eliminare gli sprechi. Si tratta di un impegno che deve coinvolgere l’operato di più ministeri, tramite meccanismi di sinergia e condivisione. Tutto questo all’insegna di un approccio che tenga ben presente l’etica del lavoro e che sappia definire maggiore omogeneità, poiché non è possibile continuare a ragionare sulla base di 21 diversi sistemi territoriali”.

Innovazione e tecnologia sono due risorse che non possono prescindere dalla dimensione europea, “anche se in Italia paghiamo un grosso deficit in termini di informazione – ha denunciato Silvia Costa, europarlamentare del Pd – L’operato delle istituzioni comunitarie è infatti avvolto in un cono d’ombra e i cittadini italiani ignorano l’enorme sforzo profuso per mettere in campo politiche a sostegno dell’innovazione tecnologica. Basti pensare all’enorme e benefico impatto esercitato da Horizon 2020, che fornirà ricche possibilità alla ricerca scientifica. La sfida che ci attende è quella di riuscire a integrare le risorse provenienti dall’Europa con la nostra dimensione locale”.

Potenzialità che però non possono essere valorizzate sino in fondo “senza che gli Stati mettano in campo politiche industriali solide e definite – ha ricordato Rosario Bifulco, presidente di Sorin Group – I governi devono infatti investire in maniera convinta sui progetti, tramite il meccanismo della concentrazione di risorse. L’Italia è molto forte nella ricerca biomedica di base, ma per compiere un definitivo salto di qualità è necessario facilitare le procedure di brevettazione e rendere il nostro ecosistema fertile per procedure come lo spin off. Dal canto loro, le imprese devono essere in grado di garantirsi un’elevata reputazione non soltanto sotto il profilo scientifico, ma anche etico”.

La tecnologia implica anche “l’elaborazione di nuovi modelli assistenziali e organizzativi – ha suggerito Carlo Favaretti, presidente della Società Italiana di Technolgy Assessment – E’ necessario un profondo sforzo per rimuovere meccanismi obsoleti, anche per quanto concerne le professioni. E’ inaccettabile che agli accessi alle università non corrisponda un adeguato numero di borse per accedere alle specializzazioni, minando così il diritto dei nostri giovani a proseguire il proprio percorso. Altro elemento da rimuovere è l’enorme e spropositata variazione tra i vari sistemi regionali nell’uso dei servizi sanitari e degli esiti clinici. Una maggiore omogeneità è condizione imprescindibile”.
 
Gennaro Barbieri

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