quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Giovedì 10 LUGLIO 2014
Lazio. La proposta Anaao per contrastare il sovraffollamento dei Dea e Pronto soccorso 

Il Segretario Regionale del sindacato dei medici ospedalieri, Guido Coen Tirelli, ha scritto una lettera al presidente Zingaretti e al sub commissario Botti, per illustrare alcune considerazioni sugli interventi che la Regione Lazio intende rafforzare per contrastare il sovraffollamento dei Dea e dei Ps, e migliorare la qualità dell’assistenza.

In otto punti e in tre linee direttrici ovvero: Territorio, Ospedale e Dimissioni difficili, si condensa il senso delle considerazioni “costruttive” che il neo segretario regionale Anaao del Lazio, Guido Coen Tirelli, rivolge tramite una lettera al presidente della giunta regionale in qualità di commissario “ad acta” per la Sanità del Lazio Nicola Zingaretti. Obiettivo di Coen Tirelli è “formulare alcune considerazioni volte a contrastare il sovraffollamento dei DEA/PS”.
 
In più il segretario regionale Anaao – rivolgendosi anche al coordinatore della Cabina di Regia, Regione Lazio, Alessio D’Amato, al direttore regionale salute e integrazione sociosanitaria del Lazio Flori Degrassi e al sub commissario governativo per l’attuazione del Piano di Rientro della Regione Lazio Renato Botti – , ritiene “che alcuni dei punti da noi proposti possano contribuire a migliorare la qualità dell’assistenza, mediante una riorganizzazione dei processi assistenziali che tuttavia non può prescindere dalle diverse realtà locali”.
 
Su questo Coen Tirelli aggiunge come “è chiaro, infatti, che l’organizzazione di un grande ospedale come il San Camillo presenterà delle peculiarità assai diverse da quelle di ospedali piccoli ma con grande bacino d’utenza come il Pertini o il Grassi o da altri ospedali tipo quelli delle altre province”.
In particolare nella nota si analizzano i seguenti punti.
 
Punto 1: si ritiene che la figura del facilitatore dei processi di ricovero e di dimissione possa essere di reale utilità negli ospedali di maggiori dimensioni e con un elevato numero di posti letto. Negli ospedali più piccoli si ritiene invece preferibile adottare protocolli condivisi, sotto diretto controllo della Direzione Sanitaria ospedaliera, sulla base dei quali determinare le priorità di ricovero e la gestione dei trasferimenti interni.
L’attivazione della “discharge room” dovrebbe consentire una facilitazione nel rendere disponibili i posti letto dei pazienti appena dimessi, che andrebbero a sostare in quest’area di attesa prima di essere rilevati dai loro familiari. Questa struttura, in realtà, appare priva di pratica utilità, in quanto non tiene conto della tipologia dei pazienti dimessi, in particolare di quelli provenienti dalle Medicine Interne: malati in gran parte anziani, con stabilità precaria, con patologie croniche, non autonomi, per lo più ancora allettati, che continuano ad aver bisogno di sorveglianza ed assistenza continua fino all’ultimo momento di ricovero e non è eccezionale il caso di differimento di una dimissione già programmata per l’insorgere di improvvisa complicazione. In questo caso come sarebbe possibile gestire il paziente che non ha più posto letto e di chi la competenza della gestione?
Tale struttura, quindi, sarebbe di scarsissima utilità pratica mentre stornerebbe personale già esiguo per la cura degli attuali compiti.
Punto 2: si concorda. Tuttavia si ricorda che le Case di Cura, accreditate per la gestione dei pazienti acuti, dovrebbero garantire il ricovero degli stessi pazienti ricoverati negli ospedali, evitando selezioni di comodo che escludono i malati più complessi, quelli troppo anziani o quelli senza fissa dimora.  Non sono rari i casi, ampiamente da noi documentati, che alcune Case di Cura convenzionate inviino i propri degenti ai PS e tali pazienti poi vengono re-ricoverati in reparti teoricamente “gemelli” dell’ospedale pubblico.
 
Punto 3: si concorda e si ritiene che tali dati dovrebbero avere cadenza mensile e sulla base di questi apportare di volta in volta le opportune correzioni.
 
Punto 4: anche questo punto si presta a numerose critiche che ci fanno ritenere inutile se non dannosa l’istituzione dei una “holding area”. Tale ‘holding area’, non gestita dal personale del PS/DEA, con la presa in carico da parte del personale dell’Unità Operativa di ‘destinazione’, non tiene conto che il personale Medico è già sottodimensionato per carichi di lavoro riferiti alle proprie Unità Operative e che non è variabile indipendente ed estensibile a piacere come un elastico. L’assistenza Medica, inoltre, verrebbe dislocata in sedi diverse e distanti da quella dell’Unità Operativa di ‘destinazione’, con tutti i rischi del caso e proprio per pazienti instabili appena ricoverati. L’onda d’urto del sovraffollamento verrebbe in effetti solo trasferita e diretta contro l’organizzazione delle Unità Operative di degenza, già in attuale cronica sofferenza. La ‘holding area’, inoltre, determinerebbe solo inizialmente una riduzione del carico di lavoro per il personale del DEA, ma una volta saturata anche questa area, si determinerebbe un eccessivo allungamento dei tempi di degenza nelle Unità Operative Mediche, una dispersione del personale medico e un aumentato rischio per i pazienti. Infine non si comprende cosa succede nelle ore notturne in quanto la nota regionale prevede esplicitamente solo la presa in carico diurna La dislocazione dei pazienti in differenti aree verrebbe così a configurare la situazione di eccesso di prestazione professionale di rischioso pericolo: per l’abbassamento della qualità con maggiore possibilità di errore, l’aumento della conflittualità medico-legale e dello stress psicofisico degli operatori sanitari.
 
Punto 5: si concorda anche se negli ospedali  con maggiore sovraffollamento l’allarme sarebbe pressoché continuo.
 
Punto 6:  questo punto almeno al momento appare del tutto irrealizzabile, anche se dovrebbe essere un obiettivo perseguibile nel tempo.
 
Punto 7: si concorda pienamente.
 
Punto 8: nella maggior parte degli ospedali la piena operatività è garantita sempre ad eccezione della domenica e dei festivi. La grave carenza degli organici rende al momento inattuabile il raggiungimento di tale obiettivo.
Punto 9: si concorda pienamente.
 
Questa Segreteria Regionale, integrando la nota in oggetto, individua 3 diverse direttrici sulle quali è possibile intervenire sin da ora contemporaneamente anche se, inevitabilmente, i diversi obiettivi potranno essere raggiunti in tempi scaglionati che potremo definire a breve, medio o lungo termine: 1) Territorio inteso come filtro, 2) Ospedale, 3) Dimissioni “difficili”.
1)            TERRITORIO
a.              Organizzare gli studi dei medici di famiglia in modo da consentire una apertura almeno h 8 – 20.
b.              Organizzare la prossima apertura delle “Casa della salute” rendendole funzionali, anche utilizzando l’informatizzazione e la messa in rete dei dati,  alle esigenze del DEA almeno per ciò che concerne i codici bianchi e parte dei verdi che nel loro insieme rappresentano oltre il 50% degli accessi in PS.
c.               Verificare i carichi di lavoro degli specialisti ambulatoriali, anche quelli SUMAI, al fine di ricavare spazi per la diagnostica in pre-ospedalizzazione e per quella dei pazienti che, pur dimessi dal PS senza ricovero, necessitano di controlli strumentali a breve.
2)            OSPEDALE: Si ritiene prioritaria una gestione ottimale di posti letto esistenti evitando ricoveri impropri e garantendo un miglior turn-over degli stessi.
 
A)Riorganizzazione e potenziamento dei servizi interni;
Consulenze specialistiche non urgenti effettuate entro le 24 ore;
Riduzione dei tempi d’attesa per gli esami strumentali (in alcuni casi si superano i 10 giorni) per i ricoverati;
Garantire esami strumentali in continuità assistenziale per i pazienti dimessi precocemente e per quelli dimessi in regime di Cod.5.
 
B) Riduzione della burocrazia e delle ridondanze;
Adozione della cartella clinica informatizzata;
Messa in rete dei reparti e dei vari servizi fra loro;
Adottare un unico modulo regionale per le richieste di trasferimento dei pazienti presso altre strutture quali lungo-degenze o sub acuzie;
Limitare le sempre più numerose schede infermieristiche adottando solo quelle veramente utili per il singolo paziente.
 
C) Efficientamento dei vari reparti;
Verificare la corretta utilizzazione delle risorse umane mediche ed infermieristiche mediante una rigorosa valutazione delle sedi di assegnazione e dei carichi di lavoro;
Utilizzo di linee guida e protocolli condivisi sulla destinazione dei pazienti del DEA nei vari reparti;
Utilizzo di linee guida e protocolli condivisi che stabiliscano le priorità di accesso nei reparti di degenza sia dal DEA che dai reparti ad alta intensità di cure (rianimazione, UTIC, sub intensiva);
Verifica rigorosa del rispetto dei compiti istituzionali di ciascun reparto di degenza;
Controllo periodico, possibilmente mensile, sulle degenze medie dei vari reparti al fine di monitorane la gestione;
Implementare i Day Hospital ed i PAC di area medica e renderli funzionali alle esigenze del DEA e dei reparti.
 
D)Prevedere ed attivare i percorsi, verificandone rigorosamente l’efficienza, che consentano rapidamente il trasferimento dei pazienti, per i quali esista chiara indicazione,  dagli spoke agli hub;
 
E) Medicina difensiva: Utilizzo di linee guida e di percorsi condivisi  per la gestione delle principali patologie causa di accesso al PS (Ex dolore toracico, dolore addominale, dispnea…);
Esplicitare chiaramente i meccanismi con i quali l’Azienda è in grado di tutelare dal punto di vista medico legale ed assicurativo i propri dipendenti anche ricorrendo al meccanismo della rivalsa nei confronti delle denunce “temerarie”.
 
3)            DIMISSIONI DIFFICILI: L’aumento dell’età media della popolazione è causa di un numero sempre più elevato di pazienti complessi, con  pluripatologie croniche e non più autosufficienti. A questi si aggiungono ormai in maniera allarmante persone senza fissa dimora o socialmente disadattate. Tali pazienti, spesso ricoverati  perché non adeguatamente gestiti a domicilio o perché non esistono sul territorio strutture sociali idonee, occupano per giorni e talvolta mesi, incongruamente letti per acuti.
a.              Potenziare i CAD e verificarne con rigore i carichi di lavoro
b.              Potenziare i cosiddetti ospedali di Comunità e revisionare  i criteri di accettazione presso queste strutture in quanto quelli attualmente in vigore spesso appaiono non in linea con le esigenze per le quali sono stati creati ed allo stato appaiono come fonte di spreco di denaro
c.               Verificare la congruità dei reparti per acuti delle Case di Cura accreditate in quanto spesso queste non presentano i requisiti minimi per la gestione del paziente acuto ed eventualmente riadattarle a presidi di sub-acuzie o di lungo-degenza. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA