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Lunedì 01 SETTEMBRE 2014
Conferenza delle Regioni. I quattro problemi di Chiamparino

Il nuovo presidente dovrà subentrare a Errani in una discontinuità significativa, che è quella sancita dalla riforma del Titolo V. E dovrà modificare il rapporto con gli assessori alla Sanità, che costituiscono il vero punto fragile del sistema di governo.

Vorrei rivolgermi a Chiamparino intanto per presentarmi, ma anche per auspicare che il ‘capo’ della Conferenza nazionale delle Regioni sia anche una 'testa' in grado di guidarle. Giocando con il doppio senso, mi auguro che Chiamparino sia un ‘capotesta’, cioè come quel faro che è a nord della costa sarda. Il primo problema di Chiamparino è di subentrare ad Errani in una discontinuità significativa, che è quella sancita dalla riforma del titolo V. Questa riforma, appena approvata al Senato, vale come il più pesante giudizio politico sulle incapacità e sulle responsabilità delle Regioni e delle loro classi dirigenti, in tema di sanità pubblica.

In questi anni, salvo eccezioni, esse semplicemente, riguardo la sanità, non sono riuscite ad essere Regioni bucando l’obiettivo del federalismo, hanno speso male i soldi dei contribuenti, danneggiato in molti casi i diritti delle persone, in svariati casi rubato, sfruttato, lottizzato, e nel loro complesso, favorito di fatto un processo di privatizzazione a spese dell’universalismo. Il predecessore di Chiamparino, pur lavorando interamente sotto l’ombrello del titolo V, non ha mai avuto una particolare progettualità, si è sostanzialmente caratterizzato come un ‘elemosiniere’ che gira tra i banchi durante la messa, e che come tale ha tirato a campare da una parte con patti finanziari regolarmente falliti e dall’altra con gli scampoli di una vecchia idea di razionalizzazione: un po’ di appropriatezza, meno posti letto, più territorio...cioè la solita minestra riscaldata.

Errani lascia in eredità a Chiamparino non solo delle Regioni screditate e istituzionalmente più deboli, ma anche un Patto sulla cui riuscita nessuno che abbia un po’ di buon senso è disposto a scommettere un solo centesimo. Pieno di buoni propositi esso si illude di aver acquisito certezze finanziarie dimenticando che per essere realizzato avrebbe bisogno di ben altri assessorati con ben altre politiche. Ma la classe dirigente delle regioni è quella che è. Se fosse stata diversa, la riforma del titolo V non sarebbe stata necessaria.

Ora tutto questo si sovrappone ad una situazione macroeconomica del paese piuttosto pesante. Il paese non cresce e la ‘pilomania’ sanitaria che taluni chiamano sostenibilità va in crisi. E questo è il secondo problema di Chiamparino: il Patto è stato concepito supponendo una crescita che non c’è, esso dovrebbe riconvertire un po’ di miliardi di spesa corrente a beneficio delle politiche finanziarie del governo, ma probabilmente, proprio perché la classe dirigente delle Regioni è quella che è, procurerà semplicemente un aumento di spesa. Se la spesa aumenterà come è probabile, il governo sarà giustificato a mettere mano a nuovi tagli lineari…tutti si stracceranno le vesti…i sindacati si dovranno scordare i contratti e il turn over .. e accorati i ben pensanti della sanità, anche se imporrato di muffa, riprenderanno il tormentone del “non si può dare più tutto a tutti”, invocheranno la mutualità integrativa, la privatizzazione di un po’ di Lea, “universalismo selettivo” e le “priorità”.

Davanti a questa prospettiva, se il presidente della Conferenza delle Regioni fosse sul serio un ‘capotesta’ non dovrebbe aspettare il peggio ma prevenirlo mettendo in campo quella che da molti anni mi ostino a chiamare “contro prospettiva”. Che cosa è? E’ qualcosa che impedisce ad una prospettiva nefasta di verificarsi, cioè è un cambio di rotta, di strategia, di progetto. Nell’ottica della contro prospettiva, Chiamparino dovrebbe smettere di fare l’elemosiniere come ha fatto Errani ininterrottamente per 14 anni, ma riattualizzare l’art 32 della Costituzione anche senza crescita economica. Ciò è possibile riformando il sistema sanitario pubblico sulla base di altri fondamentali e altri razionali, cioè riformando prima di ogni altra cosa il pensiero marginalista tipico degli assessorati. Come ho spiegato ampiamente nel mio ultimo libro, si tratterebbe di riformare la vecchia idea di tutela che ci portiamo dietro fin dal tempo dalle mutue. Parlo di qualcosa che sino ad ora ha deciso l’uso e il consumo dell’assistenza sanitaria, quindi il genere di spesa, attraverso certi servizi, certe organizzazioni, certe gestioni, certe professioni.

Errani e con lui gli assessorati, pur disponendo in questi ultimi tre lustri dei grandi poteri concessi loro dal titolo V, hanno operato a modello di tutela invariante, limitandosi a spartirsi ogni anno le elemosine raccattate e al piccolo cabotaggio. Il Patto che Errani lascia in eredità a Chiamparino è tutto dentro questo vecchio modello. Oggi il terzo problema di Chiamparino è fare di più con meno poteri e meno soldi, cioè fare quello che gli assessorati avrebbero dovuto fare in questi anni: riformare per governare il cambiamento e non solo gestire. Ma è difficile, perché ci vuole, a parte la lucidità politica necessaria, una forte determinazione politica e un pensiero adeguato di cambiamento. Oggi Chiamparino, se proprio volesse dare una mano tanto alla sanità pubblica quanto al governo Renzi, dovrebbe ripensare questo vecchio modello di tutela. La sfida è fare più salute con meno spesa a partire dalla lotta tutta regionale, in tutti i sensi, alla “mala gestio”, come l’ha chiamata la Corte dei Conti, e che il Patto ha completamente ignorato.

A questo punto c’è da chiedersi cosa impedisce a Chiamparino di farsi avanti con una nuova idea di tutela. A parte disporre, come ho già detto, di un pensiero riformatore, ma il suo ostacolo più grande, il suo quarto problema (e se ne accorgerà presto), sarà proprio il pensiero debole degli assessori e degli assessorati, cioè “le regioni che non sono regioni”. Gli assessorati hanno tutto meno che un pensiero riformatore e costituiscono il vero punto fragile del sistema di governo. Se anche Chiamparino, come Errani, si limiterà a fare per conto degli assessori alla sanità, il giro delle elemosine durante la messa, ‘capotesta’, fuori dal doppio senso, resterà solo un bellissimo faro a nord della Sardegna. Staremo a vedere, intanto buon lavoro presidente.

Ivan Cavicchi

 

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