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Mercoledì 24 SETTEMBRE 2014
Tiroide. Carenza di iodio: più un italiano su 10 affetto da gozzo

Circa il 29% degli italiani è ancora esposto alla carenza di iodio, nonostante i miglioramenti degli scorsi anni. Sono i dati dell’Osservatorio Osnami (coordinato dall’ISS), il cui ultimo Rapporto è appena stato presentato. In alcune Regioni si rileva ancora una iodocarenza nella popolazione. Il fabbisogno di iodio aumenta durante la gravidanza e l’allattamento

In Italia, ancora il 29% della popolazione risulta esposto alla carenza di iodio, nonostante questa carenza nutrizionale risulti attenuata rispetto al passato. E il 12% degli italiani, inoltre, è affetto da gozzo, con circa 50 ricoveri ogni 100 mila abitanti e un impatto economico sul Sistema Sanitario Nazionale di oltre 150 milioni di euro all’anno. A riferire questi dati è Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia (Osnami), il cui coordinamento è stato affidato all’Istituto Superiore di Sanità. L’Osnami è una struttura epidemiologica mediante la quale viene effettuata la sorveglianza su scala nazionale del programma di iodoprofilassi.

I dati nazionali dell’ultimo Rapporto, sono appena stati presentati nell’ambito del “Progetto Italiano contro la carenza di iodio in pediatria”; in tale documento, che fornisce una sintesi dei principali dati di monitoraggio raccolti dall’Osnami dal 2005 ad oggi, viene anche effettuato un confronto tra le diverse Regioni italiane.
“I dati raccolti negli ultimi tre anni hanno mostrato che in 6 delle 9 Regioni che hanno partecipato allo studio i valori mediani di ioduria rilevati sono ancora al di sotto di 100 μg/L, valore indicato dalla World Health Organization (WHO) quale soglia al di sotto della quale la popolazione esaminata viene identificata come iodocarente”, si legge nella comunicazione dell’ISS. “Differentemente, in 3 Regioni (Sicilia, Toscana, Liguria) sono stati rilevati valori mediani indicativi di uno stato di iodosufficienza. Sebbene questo dato sia incoraggiante, è necessario sottolineare che queste indagini sono condotte in aree limitate”.
 
In tal senso, gli esperti sottolineano l’importanza della sorveglianza nei prossimi anni per confermare il superamento della carenza nutrizionale almeno in alcune parti del nostro paese. "Pur evidenziando un miglioramento dell’assunzione di iodio a livello di popolazione rispetto al passato, tali dati confermano il persistere in Italia di una carenza iodica che, seppure non severa, determina ancora un’alta frequenza di gozzo e di altri disordini correlati”, ha affermato Antonella Olivieri del Dipartimento di Biologia Cellulare e Neuroscienze dell’ Istituto Superiore di Sanità e responsabile scientifico dell’Osnami. “Il presente rapporto quindi costituisce il punto di partenza di una costante attività di sorveglianza che, consentirà di valutare nel corso degli anni il successo del programma di iodoprofilassi, sia in termini di efficienza che di efficacia. Inoltre, i dati raccolti in questo primo rapporto potranno essere un riferimento importante anche per quegli organismi internazionali deputati al controllo della carenza nutrizionale di iodio a livello mondiale”.
 
La carenza di iodio
La carenza di iodio può comportare manifestazioni differenti a seconda del periodo della vita in cui si presenta. Lo iodio ha una funzione determinante negli esseri viventi: esso è il costituente fondamentale degli ormoni tiroidei, il cui ruolo è centrale nello sviluppo, nella crescita e nel mantenimento dell’equilibrio metabolico dell’individuo. Proprio per questo, i momenti in cui gli effetti della carenza possono diventare più seri sono la gravidanza e l’infanzia.
Secondo i nuovi Livelli di Assunzione Raccomandati di nutrienti (LARN) 2012, il fabbisogno giornaliero di iodio nell’adulto è di 150 μg (microgrammi, millesimi di grammo), nel bambino e nell’adolescente è tra i 90 e i 120 μg, riferiscono gli esperti. Tale fabbisogno risulta aumentato durante la gravidanza e l’allattamento (220 μg al giorno in gravidanza e fino a 290 μg durante l’allattamento); in questi ultimi due casi una sua eventuale carenza aumenta il rischio di aborto nella donna e i deficit cognitivi nel bambino.

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