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Sabato 03 GENNAIO 2015
Esclusiva. Annalisa Silvestro (Ipasvi): “Competenze specialistiche, istruzioni per l’uso”
Il “portone” aperto dalla legge di stabilità mostra la strada a quel lavoro di squadra, proprio e anche con le altre professioni, che da sempre gli infermieri cercano per dare la massima qualità nell’assistenza ai pazienti. Ma con il riconoscimento del loro ruolo e dell'upgrading raggiunto e con paradigmi professionali, relazionali e organizzativi diversi dagli attuali
Dopo gli interventi di Ivan Cavicchi e Saverio Proia, la presidente Ipasvi e senatrice PD torna a parlare delle prospettive per gli infermieri e per le altre professioni sanitarie dopo l’approvazione della legge di stabilità.
Ho definito giorni fa snodo importante per l’assistenza sanitaria e per la professione infermieristica la norma che nella legge di stabilità fa da chiave al portone (definirla solo “porta” sarebbe davvero riduttivo rispetto alla rilevanza dell’innovazione che si sta per realizzare) delle competenze specialistiche degli infermieri. Ma per brevità non mi sono soffermata su quel processo che qualunque osservatore attento del sistema sanitario conosce perché ormai in pista da oltre un anno nel rimpallo tra Governo e Regioni da una parte (quella degli infermieri e delle professioni sanitarie a quanto pare) e una cultura di altre professioni che ha fatto da barriera a un più rapido decollo di questa innovazione.
Ora il portone aperto dalla legge di stabilità mostra la strada a quel lavoro di squadra, proprio e anche con le altre professioni, che da sempre gli infermieri cercano per dare la massima qualità nell’assistenza ai pazienti, ma con il riconoscimento del loro ruolo e dell'upgrading raggiunto e con paradigmi professionali, relazionali e organizzativi diversi dagli attuali. Gli infermieri desiderano ragionare sui bisogni emergenti ed attuali degli assistiti e su come attivare una forte cooperazione per garantire la sostenibilità del Ssn senza diminuire ulteriormente equità, efficacia, efficienza e appropriatezza.
Gli infermieri sono portatori di quei contenuti disciplinari e quindi professionali che possono concretamente e con metodo scientifico, dare risposta ai bisogni sanitari che si stanno imponendo non solo nella società italiana, ma anche e ampiamente, in quella europea. Bisogni e domanda sanitaria correlati a cronicità, fragilità fisica e psichica, cure di lungo termine, continuità, olismo assistenziale, gestione professionalizzata dei casi.
Situazioni che richiamano la struttura disciplinare infermieristica che per una gestione assistenziale ancora più efficace necessita di un formale e riconosciuto approfondimento dei paradigmi e dei contenuti disciplinari che sottendono i diversi ambiti ed aree di esercizio professionale.
Così il lavoro fatto in questi anni in questo senso, ha dato i suoi frutti. Ma c’era un ultimo diaframma da abbattere per uscire dal tunnel di una gestione professionale ormai vecchia e obsoleta: veniva continuamente affermato che senza una legge dello Stato non si potevano apportare innovazioni e modifiche nelle relazioni fra le professioni sanitarie né tantomeno ridefinire attività, competenze e responsabilità delle diverse categorie professionali. Nel comma 566 della legge 190/2014 viene ribadita una cosa ovvia: il processo diagnostico e terapeutico è del medico. Bene. Si potrà finalmente smettere di discutere su una fantomatica erosione della competenza esclusiva dei medici, peraltro mai negata dagli infermieri.
Dovrebbe essere ovvio che non è una norma della legge di stabilità a dover parlare direttamente di competenze specialistiche:una legge dello stato non può regolamentare attività professionali che sono in realtà le Regioni a gestire; non può “intromettersi” nell’organizzazione del lavoro che queste sviluppano nei e per i loro territori. Cosa questa che chiunque lavora in sanità ben sa o dovrebbe sapere. Con la norma – ed è perciò che ora possono decollare le competenze specialistiche - è stata fatta cadere anche l'ultima barriera artificialmente innalzata dai detrattori di questa innovazione: "non si può procedere alla ridefinizione di ruoli, funzioni, relazioni e responsabilità fra le professioni mediche e sanitarie unicamente con un accordo in Conferenza Stato Regioni; ci vuole una legge. Il quadro normativo e ordinamentale attualmente vigente (legge 42/99 – legge 251/00 – legge 43/06 ecc.) non basta". Bene adesso c'è anche una fonte primaria: la legge 190/2014 ossia la legge di stabilità 2015.
Un processo farraginoso, frutto dell’abitudine per la quale nel nostro Paese senza una norma che tracci la strada di processi resi indispensabili dallo stesso progresso e dalla crescita professionale, non si va avanti. L’esempio primo che tutti conoscono è che per raggiungere, in assenza di risorse e in periodi di crisi (internazionale), un obiettivo ovvio e banale come quello del necessario risparmio per dedicare risorse all’innovazione, si è dovuti giungere in sanità a disporre piani di rientro che obbligassero le regioni in rosso a mettere in campo comportamenti virtuosi per il pareggio dei conti. Così come – altro esempio - in ogni norma fondamentale per la corretta gestione del servizio (Lea e Patto per la salute compresi) si è dovuta inserire, ormai quasi di routine, la clausola che l’adempimento è condizione perché le regioni possano riscuotere gli incrementi annuali delle risorse.
Ora quindi, per dare forza a una misura già diffusa a livello internazionale,ma che per l’Italia rappresenta una novità e per gli infermieri una ulteriore, fondamentale, crescita della loro professione, c’è stato bisogno di prevedere un riferimento normativo che non permettesse di far cadere nel dimenticatoio, come spesso è accaduto e accade, un accordo Stato-Regioni già pronto e concordato, perfino già messo all’ordine del giorno di una conferenza pre-estiva, fermato solo dai dubbi e dagli atteggiamenti pretestuosi di cui ho già detto. Quello è il documento al quale ci si riferisce e al quale noi convintamente ci riferiamo. Quello è il documento che ci aspettiamo venga presentato in Conferenza Stato Regione per "sancire accordo" e iniziare finalmente a darvi attuazione.
In quell'articolato ci sono tutti gli elementi per poter agire nei diversi ambiti: accademico, professionale, della formazione permanente e dell'organizzazione.
Nella stessa relazione illustrativa della proposta inserita nella legge di stabilità si ricordava che il ministro alla Salute e gli assessori regionali hanno deciso di rivisitare le competenze delle professioni sanitarie per meglio interpretare e liberare il loro potenziale operativo nella forma più estesa possibile, approvando e condividendo le proposte, elaborate proprio da un tavolo tecnico ministero-Regioni, per l’implementazione delle competenze delle professioni e l’introduzione delle specializzazioni previste dall’art.6 della legge 43/2006, iniziando così ad adeguare le competenze delle professioni infermieristiche, “alla luce della evoluzione ordinamentale e formativa, a quella scientifica, tecnologica e dei nuovi modelli organizzativi”.
Un processo riformatore così profondo che per essere messo in sicurezza,aveva e ha bisogno di una norma che indicasse la metodologia con la quale le competenze delle professioni sanitarie possono essere implementate prevedendo con la formazione complementare post laurea la concretizzazione della posizione di “professionista specialista”, secondo le indicazioni già dettate dalla legge 43/2006.
E’ chiaro che vista la portata dell’innovazione che ridefinisce, nel mix che sarà con l’accordo Stato-Regioni già pronto a essere approvato, una nuova organizzazione del lavoro, la norma affida alle Regioni e alle aziende sanitarie, “datori di lavoro” del personale del Ssn, il compito di promuovere la più ampia partecipazione. Si vuole ricercar l’apporto, il protagonismo attivo, il consenso e la condivisione, dei professionisti della salute per far scattare nuove e più avanzate relazioni funzionali interprofessionali con modelli organizzativi più adeguati ai bisogni di salute dei cittadini e alla nuova realtà formativa ed ordinamentale degli operatori, in una logica di valorizzazione ed integrazione delle risorse professionali e di razionalizzazione della spesa sanitaria.
Ed è anche chiaro che rimarrà sempre importante la formazione sul campo o gli approfondimenti formativi individuali, ma che questi non saranno più soli: deve esserci anche una formazione accademica di tipo specialistico e percorsi di ricerca nelle aree di specializzazione.
C’è infine un altro aspetto.Molti infermieri si chiedono se possa esistere il riconoscimento di un'ulteriore autonomia e correlata responsabilità professionale, senza un riconoscimento economico. Ormai in più luoghi e da più parti (dentro e fuori la professione) si dimostra nella quotidianità operativa, che l'infermieristica ha già compiuto un percorso evolutivo; che l'autonomia e le responsabilità si sono già ridefinite e continuano a esserlo sistematicamente e che le prestazioni rese agli assistiti si sono già innovate. E il tutto nonostante non vi sia un corrispettivo economico.
A questo punto però il tema del riconoscimento economico a coloro che tutto ciò rendono realmente fruibile, non potrà essere eluso dai decisori nazionali e regionali, ricordando comunque che non è del tutto vero che senza la riapertura della stagione contrattuale nulla si può fare per riconoscere il merito e i diversi livelli di impegno, competenza e responsabilità. Ma proprio per questo aspetto è necessario sostenere le rappresentanze sindacali. La realizzazione di una diversa organizzazione del lavoro impostata sul riconoscimento del merito e delle diverse responsabilità, oltre che capace di riconoscere la diversità dell'apporto delle professioni sanitarie e delle loro specificità al processo di cura e di assistenza, non è facile.
È necessario sostenere, senza far mancare critiche propositive, la rappresentanza professionale e quella sindacale affinché entrambe, ognuna nel proprio campo e onorando seriamente e costruttivamente il proprio mandato (senza deleterie mistificazioni), si adoperino per la dignità del lavoro in generale, dei professionisti infermieri in particolare e per la loro valorizzazione economica e sociale.
Annalisa Silvestro
Senatore in Commissione Igiene e Sanità di Palazzo Madama e presidente della Federazione nazionale Collegi Ipasvi
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