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Mercoledì 21 GENNAIO 2015
Salvate il soldato Rossi, operatore indispensabile della nostra sanità

Siamo il Paese con la quota di anziani più elevata, lo saremo sempre più. Ma abbiamo anche la spesa Ssn procapite più bassa dell'area Ocse. La bomba demografico-sanitaria deve essere affrontata con una sanità basata su capitale umano di valore. Motivato e gratificato, e con tecnologie da questo fatte funzionare al meglio. Quanto non si sta facendo, almeno non abbastanza

La Corte dei Conti che nella sua “Relazione sulla gestione finanziaria per l’esercizio 2013 degli enti territoriali” ha certificato come “ridurre le risorse per la sanità peggiori le prestazioni e non si garantiscano più i Lea”. La Corte sottolinea come la riduzione del finanziamento del Ssn colpisca soprattutto personale e farmaceutica. L’ho sostenuto più volte anche qui su QS, talvolta attirando gli strali di chi i tagli invece li auspica e propugna, tra cui persino autorevoli ex rappresentanti di operatori sanitari e di farmaceutiche, proprio le categorie maggiormente danneggiate dai tagli, in un paradossale contrappasso da imprevista eterogenesi dei fini o, magari, da inconsapevole revanche freudiana.

In un settore come la sanità, le cui attività dipendono dalle competenze e capacità degli operatori, medici, infermieri e ogni altra professione, ovvero dove il fattore umano è prevalente e quello tecnologico è efficace solo se guidato dall’adeguato know-how dell’operatore stesso, dovere ridurre o penalizzare il personale, come sta accadendo, costituisce “sic et simpliciter” un ridimensionamento anche qualitativo del sistema e della sua offerta.

Quello della “produzione ed erogazione” di prestazioni sanitarie è un caso emblematico di settore a elevata dipendenza da capitale umano ad elevata qualificazione, persino nei ruoli meno specializzati.
Immediato, quindi, il vulnus generato se, come sta accadendo, migliaia di addetti, nel pubblico e nel privato, vengono a trovarsi in blocco di turnover, licenziati, in mobilità, in cassa integrazione o senza aumento contrattuale da mesi. Persino in realtà d’eccellenza, come quegli ospedali di punta, di pontefici e primi ministri, Papi e “papi”, presidenti e potenti vari, insomma il meglio: se anche questi che sono il “top” hanno problemi del genere, figuriamoci tutti gli altri.

Insomma, sbagliato risparmiare sulla sanità e sul suo personale, anche di fronte ai non pochi, deprimenti, casi d’inefficienza e malaffare che comprensibilmente possono indurre alla tentazione di chiedere misure restrittive. Nell’OCSE siamo il Paese con la maggiore quota di anziani ma con la spesa SSN procapite tra le più basse. Viepiù sbagliato tagliare in modo lineare, in maniera cioè indiscriminata. Non si guadagna efficienza, si pregiudica l’efficacia, acuendo i rapporti relativi di competitività tra il disonesto e l’incompetente verso l’onesto e il competente, avvantaggiando i primi. La proverbiale acqua sporca buttata via con il bambino, di sicuro il bambino, forse, e spesso, non quel tipo di sporco, notoriamente ben resistente.

Molto pesa quello che è stato il grande inganno del nostro federalismo, sulla carta raffinata prelibatezza da gourmet istituzionali (da Montesquieu a Tocqueville a Cattaneo, Spinelli, Rossi e tanti altri) da degustare in punta di forchetta come a un raffinato vernissage e invece da noi spesso dilaniata come carne di porco a mani unte e bocche piene in un rozzo baccanale. Ha non raramente moltiplicato sul territorio centri di potere e clientele generando deficit, debito, inefficienze e conseguenti misure drastiche di rientro e ripiano, fiscali, finanziarie e riorganizzative a discapito dei cittadini ma anche, appunto, degli operatori.

Dicevamo che dal lato della domanda, siamo il Paese con la quota di anziani più elevata, lo saremo sempre più. La bomba demografico-sanitaria che illuminerà l’aria, parafrasando Guccini. Una reale profezia malthusiana da affrontare con una sanità basata su capitale umano di valore motivato e gratificato, e da tecnologie da questo fatte funzionare al meglio. Quanto non si sta facendo, almeno non abbastanza, come appunto anche la Corte dei Conti certifica. Al contrario, dobbiamo invece investire, soprattutto sulle persone. Ce lo chiede la demografia.

Diceva De Gasperi nel dopoguerra che quell’Italia giovane sarebbe stata in futuro come l’avrebbe fatta l’industria e i suoi lavoratori. L’Italia anziana del nostro futuro sarà invece come la farà la sanità e i suoi operatori.

Fabrizio Gianfrate 

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