quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Mercoledì 13 MAGGIO 2015
Farmaci innovativi. Intervista a Luca Pani (Aifa): “Il futuro della sostenibilità è nella negoziazione del prezzo a livello europeo”

“Di fronte alla rivoluzione di portata epocale che sta riguardando il mondo dei farmaci, i sistemi di salute pubblica vanno riconsiderati complessivamente, in un’ottica integrata e sempre meno localistica”. “E sono convinto che sarà necessario avviare una riflessione più ampia che preveda un confronto e una collaborazione a livello comunitario”

Quest’anno è stato l’anno dei grandi nuovi farmaci per l’epatite C che promettono molto, ma costano anche “molto”. Le anticipazioni delle grandi aziende farmaceutiche indicano poi imminenti novità anche in altri campi terapeutici con prodotti innovativi importanti per la cura di altre grandi patologie. Dal cancro alle patologie cardiovascolari. L’Italia, ma anche gli altri nostri partner, è di fronte alla grande sfida: mettere a disposizione dei cittadini queste nuove opportunità terapeutiche senza far sballare i conti della sanità pubblica. Sarà possibile? Ne abbiamo parlato con il direttore generale dell’Aifa Luca Pani.
 
Professor Pani, l’innovazione farmaceutica rischia di trasformarsi da grande opportunità terapeutica a grande problema di sostenibilità per le casse della sanità italiana. Come uscirne?
La spesa farmaceutica nazionale, gravata da tetti ormai inadeguati e da una dicotomia ospedale-territorio da rivedere, non può più garantire l’equilibrio e la stabilità dei conti. Sono quindi necessarie strategie complessive che superino gli attuali limiti del federalismo sanitario e vadano anche al di là dei confini nazionali, come ha affermato Federico Gelli, componente della commissione Affari Sociali della Camera, nell’intervista pubblicata ieri dal suo giornale sulla sostenibilità dei farmaci di nuova generazione.
 
Cosa intende per “strategie complessive”?
Di fronte alla rivoluzione di portata epocale che sta riguardando il mondo dei farmaci, i sistemi di salute pubblica vanno riconsiderati complessivamente, in un’ottica integrata e sempre meno localistica. Tenendo conto, quindi, dei valori e delle economie che scaturiscono, in un mondo globalizzato, dal networking e dalla condivisione di dati, esperienze e politiche per lo sviluppo e la sostenibilità.
In questo quadro, interessi diversi convergono in un fine unico, da cui tutti – i pazienti, le aziende, i ricercatori, il sistema pubblico – possono trarre vantaggio: la disponibilità di terapie più efficaci e un modello in grado di garantirne l’accesso e sostenerne il costo.
 
E l’Aifa, in questo “grande gioco” cosa fa e può fare?
L’AIFA, che si occupa sia del processo autorizzativo dei farmaci che di quello negoziale, sta applicando una serie di strumenti avanzati di valutazione farmaco-economica delle terapie farmacologiche (HTA), di condivisione del rischio con le aziende farmaceutiche (MEA) e di monitoraggio e rivalutazione costante dei profili rischio-beneficio e beneficio-prezzo dei medicinali (Registri di Monitoraggio). Servono, però, come ha affermato il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ulteriori input. L'aggiornamento del Prontuario farmaceutico nazionale, previsto dal nuovo “Patto per la salute”, è, ad esempio, una tappa fondamentale per il governo della spesa farmaceutica. Tra le indicazioni del Patto, rientrano la possibilità per l’AIFA di adottare prezzi di riferimento per quei farmaci che hanno la stessa intensità terapeutica, la revisione della normativa nazionale che renda contestuali l’autorizzazione all’immissione in commercio e la definizione del regime di rimborsabilità, la revisione periodica degli accordi negoziali, la definizione di un percorso per sostenere esclusivamente l'innovazione terapeutica reale, l’applicabilità contestuale su tutto il territorio nazionale delle determinazioni dell’AIFA.
 
Ma l’Italia della sanità è ancora quella di 21 servizi sanitari locali, ognuno con le proprie dinamiche…
In Italia esistono infatti ancora 21 servizi sanitari regionali e delle due province autonome, con una parcellizzazione che rende difficile garantire l’equità d’accesso alle cure per tutti i cittadini. È un sistema che può essere superato puntando sulla semplificazione e sull’efficienza, già a partire degli studi clinici: lo snellimento delle procedure, la razionalizzazione dei Comitati Etici e l’investimento su professionalità specifiche può rappresentare infatti una svolta per rilanciare la ricerca in Italia. Un approccio analogo – come sottolineato da Gelli – andrebbe adottato per la negoziazione dei prezzi e la gestione degli acquisti: un Fondo Farmaceutico Nazionale, svincolato dal Fondo Sanitario Nazionale, che consenta di accentrare la negoziazione, centrali uniche d’acquisto, nazionali o, meglio, europee. Soluzioni che potrebbero riflettersi in un concreto risparmio di risorse e in un più equo accesso alle terapie.
 
Torniamo però all’innovazione farmaceutica. Ma ce la possiamo permettere?
L’Italia è stato tra i primi paesi europei ad affrontare l’ondata di farmaci innovativi ad alto costo. Il sofosbuvir ha aperto la strada ad altri farmaci di nuova generazione per la cura dell’epatite C. Seguiranno nuove molecole per il trattamento di alcune forme di cancro e dell’Alzheimer.
L’Agenzia, in questi mesi, anche grazie alla collaborazione delle Aziende, è riuscita a garantire da subito ai pazienti, in regime d’uso compassionevole, alcuni di questi nuovi medicinali, prima ancora della definizione del prezzo e della rimborsabilità. Successivamente ha negoziato con i titolari delle AIC prezzi competitivi, potendo far valere, nel caso dei farmaci per l’epatite C, l’elevata prevalenza della patologia nel nostro Paese rispetto al resto d’Europa. Nonostante ciò è stato necessario uno strumento ad hoc a carattere straordinario perché questi farmaci potessero essere acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche e somministrati ai pazienti più gravi. Il Ministro Lorenzin si è impegnata per la costituzione di un fondo specifico per i farmaci innovativi per un importo complessivo di 1 miliardo per il biennio 2015-2016, che consentirà di trattare i casi che presentano requisiti di maggiore urgenza.
 
Basterà? Nell’intervista da lei citata all’onorevole Gelli abbiamo avanzato l’ipotesi di gare europee. Cosa ne pensa?
Sono convinto che sarà necessario avviare una riflessione più ampia che preveda un confronto e una collaborazione a livello comunitario. Un’esigenza che era già emersa, proprio su impulso dell’Italia, durante il Semestre Europeo di Presidenza italiana. In quella sede e in occasioni successive, si è discusso concretamente dell’opportunità di una negoziazione a livello europeo che possa far valere il peso dei grandi numeri, pur nel rispetto delle differenze di approccio di ogni singolo Stato. Si tratta di un progetto ambizioso che presuppone la condivisione di dati ed esperienze e la disponibilità a convergere su soluzioni comuni, superando certe resistenze che finora si sono registrate in tal senso da parte di alcuni Stati europei.
La natura dei sistemi sanitari in Europa è molto variegata e l’Italia, in questo contesto, è impegnata a mantenere la peculiarità del suo Servizio Sanitario che si distingue per il carattere solidale e universalistico. Tuttavia, proprio dall’esperienza italiana, potranno emergere casi di studio e buone pratiche da valorizzare e implementare anche a livello europeo.
 
C.F.

© RIPRODUZIONE RISERVATA