quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Giovedì 04 GIUGNO 2015
Il comma 566 non è questione di sofismi



Gentile direttore,
il giurista Luca Benci riprendendo il tema dei rapporti tra legge e deontologia cita due commenti ad un suo precedente scritto di cui uno del Dott Alessandro Vergallo e l’altro del sottoscritto. Per quanto riguarda le mie considerazioni, Benci giudica incomprensibile la mia critica alla FNOMCEO di aver avuto un atteggiamento eccessivamente possibilista sul “comma 566”. Per Per Benci infatti: “Quello che non si comprende è quale rapporto possa intercorrere tra una disposizione legislativa non ancora entrata in vigore – nella seconda parte – e che non ha dispiegato, al momento, alcun effetto nella prima parte con il denunciato demansionamento dei medici. Posto che corrisponda a verità il demansionamento medico, il comma 566, anche applicato, non ha alcuna correlazione con il fenomeno del demansionamento”.
 
Ancora più grave il fatto che io non abbia opportunamente valutato i vantaggi per la professione medica derivanti del tanto citato comma 566, in quanto da una sua applicazione non ne deriverebbe in nessun modo un demansionamento del medico: "Semmai può verificarsi il contrario: il “comma 566” spinge il medico verso le attività “alte” e non certo verso il “basso”. Il dimagrimento delle attività esclusive operato dalla legge di stabilità opera con un effetto radicalmente opposto al demansionamento che, come è noto, si caratterizza per l’essere la privazione parziale o totale delle mansioni proprie e l’adibizione a mansioni inferiori. Su tutte le critiche che possono essere mosse sulla disposizione normativa più criticata in sanità, questa è verosimilmente l’unica a non avere diritto di cittadinanza”.

Come dire i medici devono ringraziare il legislatore di aver finalmente riconosciuto la qualità del loro magistero elevandoli verso mansioni “alte” e liberandoli, attraverso il dimagramento delle attività esclusive da una serie di attività che invece li spingevano verso “basso”.

Ringrazio il giurista Benci di avermi chiarito questo punto che evidentemente non avevo appieno valutato ma mi permetto di segnalargli che nel termine demansinamento rientra anche quella condizione in cui si ha “la sottrazione di compiti qualitativamente (e talora anche quantitativamente rilevanti)” come suggerisce il dizionario Wiki labour.it, dizionario dei lavoratori. A tale accezione facevo ovviamente riferimento e mi colpisce la sua attenzione al significante delle mie parole piuttosto al significato e al concetto a cui queste chiaramente rimandano.

In questioni che riguardano le attività esclusive di una qualsiasi professione ognuno che non sia animato da spirito di parte (e tale mi ritengo io) sa benissimo che ogni modifica del profilo (termine sicuramente improprio per i medici) non è mai neutrale ma sposta l’equilibrio verso le professioni più vicine.

Al ministero della salute ci sono faldoni interi di ricorsi al TAR e Consiglio di Stato avviati dai diversi profili professionali (forse nessuno escluso) per difendere aspetti anche marginalissimi e senza rilievo delle proprie attività, ma Benci si stupisce che i medici possano obiettare se qualcuno vuole sottrarre loro con un taglio orizzontale l’insieme di quelle attività definite oltretutto con termine, questo si che non “ha diritto di cittadinanza”, “non alte“ o “basse” come si preferisce.

I sofisti sono passati alla storia per riuscire a sostenere con la stessa coerenza logica una tesi e il suo contrario e uno dei dialoghi più belli e complessi di Platone è proprio il sofista; ma qui non stiamo parlando di dialettica in senso astratto ma di cose concrete come a chi compete rendere effettivamente esigibile un diritto costituzionalmente garantito come quello della salute.

E’ giusto introdurre una nuova normazione sul lavoro in team attraverso cui dare definizione agli ambiti di responsabilità proprio di ogni professione, ma questo deve essere condotto in modo trasparente e chiaro. Tutto il contrario di quello che è avvenuto per il comma 566 dove è stato utilizzato il ben noto trucchetto del blitz legislativo attraverso cui i furbetti di turno infilano nelle leggi di passaggio norme che con queste non hanno alcuna attinenza. Spiace che di questa anomalia non ci sia riferimento alcuno nelle erudite argomentazioni del giurista Benci.
 
Roberto Polillo 

© RIPRODUZIONE RISERVATA